Legislazione vitivinicola

Produzione e commercio vino sono oggetto di minuziosa regolamentazione già a livello comunitario (legislazione vitivinicola), sulla quale si fonda poi tutta la copiosa normativa nazionale.

Tutto ciò discende dall’Organizzazione Comune di Mercato (OCM) per il vino, che sussiste nel più ampio contesto della Politica Comune Agricola (una delle competenze originarie della Comunità Europea).


I miei scritti sul diritto vitivinicolo


DIRITTO UNIONE EUROPEA (legislazione vitivinicola)

Normativa principale (regolamento “base”):

Regolamento UE n.1308/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla “OCM Unica” (all’interno del testo, bisogna individuare le norme applicabili ai prodotti vitivinicoli).

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Le loro disposizioni sono state integrate mediante il regolamento delegato della Commissione 273/2018 .
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Varie modificazioni sono in ultimo intervenute per effetto della riforma della PAC avvenuta nel 2013, che ha interessato anche la OCM Vino, nonché per effetto del “Regolamento Omnibus – Parte Agricola”.

 


*  Norme di attuazione per la nuova OCM Vino:

Regolamento UE n.555/2008 della Commissione, concernente i programmi di sostegno, agli scambi con i paesi terzi, il potenziale produttivo ed i controlli nel settore vitivinicolo

Regolamento delegato UE 273/2018, concernente (anche) lo schedario viticolo, le dichiarazioni obbligatorie e le informazioni per il controllo del mercato, i documenti che scortano il trasporto dei prodotti e la tenuta dei registri nel settore vitivinicolo. Tale regolamento fra l’altro abroga il previgente regolamento UE n. 436/2009 della Commissione.

Regolamento 934/2019 della Commissione, recante il  Codice Enologico (che abroga il precedente regolamento UE n.606/2009)

Regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione, del 17 ottobre 2018, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le restrizioni dell’uso, le modifiche del disciplinare di produzione, la cancellazione della protezione nonché l’etichettatura e la presentazione. Tale regolamento abroga il regolamento UE n.607/2009 della Commissione.

Si tenga conto che detti regolamenti subiscono modificazioni con una certa frequenza, per cui ne va preso in considerazione il testo consolidato, vigente nel momento che interessa.


Per effetto dei poteri che le sono stati delegati mediante la riforma della PAC nel 2013, la Commissione ha quindi adottato i regolamenti delegati ed esecutivi per l’attuazione delle norme previste dal regolamento sulla OCM Unica.

 

Cronologicamente, ciò è avvenuto nel seguente modo:

 

Nel 2015 sono  stati pubblicati i due regolamenti concernenti il regime delle autorizzazioni agli impianti viticoli: il 560/2015 (regolamento delegato) ed il 561/2015 (regolamento esecutivo). Essi sono poi stati abrogati a fine 2017, venendo rispettivamente sostituiti dal regolamento delegato 273/2018  e dal regolamento di esecuzione 274/2018.

Nel 2016 ha invece fatto seguito l’emanazione di altri due regolamenti, aventi ad oggetto i programmi di sostegno al settore vitivinicolo:

  • il Regolamento di esecuzione (UE) 2016/1150 della Commissione, del 15 aprile 2016, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i programmi nazionali di sostegno al settore vitivinicolo;
  • il Regolamento delegato (UE) 2016/1149 della Commissione, del 15 aprile 2016, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i programmi nazionali di sostegno al settore vitivinicolo e che modifica il regolamento (CE) n. 555/2008 della Commissione.

 

A fine 2017 sono intervenute nuove modificazioni alla legislazione attuativa del regolamento base, portate dai già citati regolamento delegato 273/2018  e dal regolamento di esecuzione 274/2018.

 

Agli inizi del 2019 sono stati pubblicati i seguenti regolamenti:

  • Regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione, del 17 ottobre 2018, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le restrizioni dell’uso, le modifiche del disciplinare di produzione, la cancellazione della protezione nonché l’etichettatura e la presentazione;
  • Regolamento di esecuzione (UE) 2019/34 della Commissione, del 17 ottobre 2018, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le modifiche del disciplinare di produzione, il registro dei nomi protetti, la cancellazione della protezione nonché l’uso dei simboli, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda un idoneo sistema di controlli.

 

Norme apposite vigono per il vino biologico (regolamento della Commissione n.203/2012) ed  i vini aromatizzati (regolamento del Consiglio e del Parlamento Europeo n.251/2014).

 


Legislazione UE in vigore (testi consolidati)


The future of alcohol labelling in the EU


 

DIRITTO ITALIANO (Legislazione vitivinicola)
 
* Leggi ed atti equivalenti

Testo Unico Vino“, nel quale sono confluiti i seguenti provvedimenti, ora abrogati di conseguenza:

 


* Decreti del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf)

 

Per orientarsi, è bene distinguere tra:

 

 

  • quelli attuativi di altre disposizioni o su cui il Testo Unico Vino non ha influito (in appresso indicati i principali):

 

30 novembre 2011, Approvazione dei  disciplinari di produzione dei vini DOP e IGP consolidati e dei relativi fascicoli tecnici

13 agosto 2012, Disposizioni nazionali applicative del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio e del regolamento applicativo (CE) n. 607/2009 della Commissione, per quanto concerne le DOP, le IGP, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti del settore vitivinicolo.

7 novembre 2012 – Procedura a livello nazionale per la presentazione e l’esame delle domande di protezione delle DOP e IGP dei vini e di modifica dei disciplinari, ai sensi del Regolamento CE n. 1234/2007 e del decreto legislativo n. 61/2010. (Gazz. Uff. 24 novembre 2012, n.275).

26 ottobre 2015, Disposizioni nazionali di attuazione del regolamento (UE) della Commissione n.436/2009, inerenti la dichiarazione vendemmia e produzione vinicola.

19 febbraio 2015, n.1213, Conversione in autorizzazione dei diritti reimpianto vigneto.

15 dicembre 2015, n.12272,  Sistema di autorizzazione per gli impianti viticoli,  poi modificato dal D.M. 935 del 13 febbraio 2018 (che, fra l’altro, ha introdotto un quantro comma all’art.10, per evitare speculazioni nell’uso delle autorizzazioni stesse, in particolare i trasferimenti tra Regioni)

23 dicembre 2015, Aspetti procedurali per il rilascio dell’autorizzazione per l’etichettatura transitoria dei vini DOP e IGP.

18 aprile 2016, Attuazione della misura “promozione in mercati di Stati terzi”


Per quanto concerne i prelievi dei campioni da analizzare, la disciplina è quella portata dal DPR del 26 marzo 1989, n.327


Norme italiane su produzione e commercio vino



Beverage Alcohol Labeling Requirements in the World



"Cantina Italia" - Inventario su detenzione vini, mosti e denominazioni




diritto vitivinicolo

Autorizzazioni impianto vigneti 2019

Autorizzazioni impianto vigneti 2019:  pubblicata una nuova guida di AGEA (circolare AGEA  12599 del 14 febbraio 2019).


La guida (circolare AGEA n.12599 del  14 febbraio 2019) fa il punto sulla legislazione nazionale nonché sulle posizioni adottate dalle Regioni in merito ai criteri di priorità nell’assegnazione delle nuove Autorizzazioni impianto vigneti 2019.

Il quadro normativo italiano di riferimento resta quello portato dal D.M. 12272 del 15 dicembre 2015, come in ultimo modificato dal DM 935 del 13 febbraio 2018.

Il tutto in applicazione delle regole portate dalla OCM Unica (Regolamento UE 1308/2013, articoli 62 e seguenti, che a sua volta è stato oggetto di successive modificazioni).

La guida (Autorizzazioni impianto vigneti 2019) appare particolarmente interessante, poiché affronta il tema del trasferimento delle autorizzazioni fra Regioni, che è stato oggetto di apposita regolamentazione negli ultimi anni, al fine di evitare abusi, tali da depauperare il potenziale viticolo delle Regioni da cui “emigrano” le autorizzazioni.

Gia nelle premesse, la guida (Autorizzazioni impianto vigneti 2019)  richiama il parere della Commissione europea (ARES 2017-5680223), secondo cui:

“l’affitto di superfici vitate, al solo scopo di procedere alla loro immediata estirpazione ed al reimpianto in località differente e molto distante, non può essere considerato una normale attività agricola, sopratutto se la superficie vitata oggetto di estirpazione non è gestita dall’affittuario per un certo lasso di tempo e se il contratto di affitto è rescisso dopo l’estirpazione”.

Alla luce di ciò e delle disposizioni contenute nelle citate norme comunitarie ed italiane, AGEA conclude (pag.11):

” NON è consentita la modifica della regione di riferimento di autorizzazioni per reimpianto anticipato.

Al fine di contrastare fenomeni elusivi del principio della gratuità e non trasferibilità della titolarità delle autorizzazioni conseguenti ad atti di trasferimento temporaneo della conduzione, l’estirpazione dei vigneti effettuata prima dello scadere dei 6 anni dalla data di registrazione dell’atto di conduzione non dà origine ad autorizzazioni di reimpianto in una Regione differente da quella in cui è avvenuto l’estirpo. La presente disposizione non si applica agli atti di trasferimento temporaneo registrati prima dell’entrata in vigore del DM 935 del 13 febbraio 2018 (21 marzo 2018, data della registrazione alla Corte dei Conti ai sensi dell’art. 32 della legge n. 69/2009) e per i quali è stata già effettuata l’estirpazione del vigneto con contestuale comunicazione alla regione competente. Per tale finalità, nelle sole Regioni che hanno una procedura che prevede una “comunicazione di intenzione di estirpo” a cui segue – dopo verifica regionale – l’estirpo effettivo, la “comunicazione d’intenzione di estirpo”, o la data nel successivo Nulla Osta regionale se previsto, è da ritenersi equivalente all’estirpo effettivo.

Tale disposizione, per identità di ratio, è applicabile anche all’ipotesi di richiesta di trasferimento di una autorizzazione al reimpianto su terreni in conduzione (mediante atti di trasferimento temporaneo) da meno di 6 anni in una regione differente”.

Quest’ultimo requisito (necessità che il terreno nella Regione di “importazione” sia in locazione da almeno sei anni prima del trasferimento della autorizzazioni da usare su di esso) non trova però corrispondenza in una norma di legge, il che pare discutibile.

Sempre in tale ottica, AGEA aggiunge (pag.12):

“Al fine di contrastare fenomeni elusivi del criterio di distribuzione  proporzionale, anche neirambito dell’introduzione di criteri di priorità e del rispetto del miglioramento della competitività del settore nell’ambito delle singole Regioni, dal 2017 sono state introdotte le seguenti prescrizioni:

1) nelle domande di autorizzazione per nuovi impianti dovranno essere specificate la dimensione richiesta e la Regione nella quale si intende localizzare le superfìci oggetto di richiesta. Le autorizzazioni per nuovi impianti concesse dalla campagna 2017 e 2018, quindi, non sono più trasferibili da una regione ad un’altra, in quanto ciò contrasta con il criterio di ammissibilità.

2) Il vigneto impiantato a seguito del rilascio dell’autorizzazione è mantenuto per un numero minimo di 5 anni, fatti salvi i casi di forza maggiore e/o motivi fitosanitari. Per tale motivo, l’estirpazione dei vigneti impiantati con autorizzazioni di nuovo impianto prima dello scadere dei 5 anni dalla data di impianto non dà origine ad autorizzazioni di reimpianto“.

Quest’ultima restrizione vale anche se il trasferimento dovesse avvenire su fondi in altra Regione che siano di proprietà dell’azienda che procede all’espianto.

 

La guida (Autorizzazioni impianto vigneti 2019)  non menziona però la  circolare MIPAAF 5852 del 25/10/2016, mediante la quale il Ministero aveva anche  stabilito che:

“in caso di vendita,la vendita di una particella o azienda non autorizza il trasferimento delle autorizzazioni all’acquirente, anche se esse sono state rilasciate per particelle specifiche. Il trasferimento delle autorizzazioni in questo contesto è vietato al fine di evitare ogni forma di speculazione. Colui che vende conserva nel proprio portafoglio le autorizzazioni”.

Fermo quindi l’obbligo di mantenere i nuovi impianti per almeno 5 anni sul fondo ove il vigneto è stato messo a dimora, sussistono ulteriori elementi per ritenere che tale obbligo – sulla cui legitttimità già si dubitava, perlomeno nei casi in cui le autorizzazioni non siano state assegnate in base a criteri di priorità – non sia più in essere. Quanto meno, la situazione non è chiara.

 

Produzione biologica

La riforma della regole europee sulla produzione biologica


Nel mese di aprile 2018 si è concluso il complesso procedimento legislativo – che ha coinvolto il Consiglio Europeo (dove siede e vota il rappresentante del Governo italiano), il Parlamento (i cui membri italiani sono 75 su un totale di 751, sebbene siano organizzati in base allo schieramento politico e non alla nazionalità) e la Commissione  – per la modificazione del regolamento generale dell’Unione Europea sull’agricoltura biologica e l’etichettatura dei prodotti così ottenuti, attualmente costituito dal Regolamento “base” 834/2007 del Consiglio UE.

Quest’ultimo è poi completato dalle sue norme attuative, portate dal Regolamento 889/2008 della Commissione, al cui interno si trovano anche le disposizioni sulla produzione del vino biologico (art. 29 ter e ss.).

La nuova normativa “di base” – costituita dal regolamento 848/2018/UE del Consiglio e del Parlamento,  molto più dettagliata della precedente  – entrerà in vigore nell’anno 2021. Sebbene il “vecchio” (ma ancora vigente) regolamento venga formalmente abrogato, la disciplina che porta non è completamente stravolta da quello “nuovo”, ma solo modificata in alcune parti.

Di conseguenza, nel frattempo la Commissione dovrà provvedere ad emanare le relative norme di attuazione, così modificando a sua volta quelle attualmente in essere, ove necessario.

Esaminare in modo specifico l’intero nuovo regolamento non è qui materialmente possibile. Limitiamoci quindi ad evidenziarne alcuni aspetti significativi.

L’idea fondante l’intera materia è che “il rispetto di norme rigorose in materia di salute, di ambiente e di benessere degli animali nell’ambito della produzione biologica è intrinsecamente legato all’elevata qualità di tali prodotti”.  Inoltre, le regole sulla produzione biologica – focalizzate sulla sostenibilità  – vengono considerate come uno strumento attuativo degli stessi obiettivi sia della PAC (Politica Agricola Comunitaria) che della stessa politica ambientale europea.

Entrando nel dettaglio, il nuovo regolamento individua con precisione quali sono i prodotti che, osservando le pertinenti disposizioni di produzione da esso fissate, possono essere poi considerati (e quindi etichettati) come “biologici”: quelli provenienti dall’agricoltura, incluse l’acquacoltura e l’apicoltura; i prodotti agricoli trasformati destinati ad essere utilizzati come alimenti o mangimi ed altri aventi simili caratteristiche d’impiego, come il lievito; il sale marino e altri sali utilizzati per gli alimenti e i mangimi. Sono invece esclusi i prodotti che provengono dalla caccia o pesca di animali selvatici.

Per quanto concerne la scelta delle varietà vegetali, l’attenzione del legislatore si concentra “sui risultati agronomici, sulla diversità genetica, sulla resistenza alle malattie, sulla longevità e sull’adattamento a diverse condizioni pedoclimatiche locali” nonché sul rispetto delle “barriere naturali per quanto riguarda gli incroci”. Ciò implica che i sistemi di produzione biologica vegetale utilizzino materiale riproduttivo vegetale che sia in grado di adattarsi alla resistenza alle malattie, alle diverse condizioni pedoclimatiche locali e alle specifiche pratiche colturali dell’agricoltura biologica.

Vengono poi ribaditi e rafforzati alcuni precedenti divieti: “L’uso di radiazioni ionizzanti, clonazione animale e animali poliploidi artificialmente indotti od organismi geneticamente modificati (“OGM”), nonché prodotti derivati od ottenuti da OGM, è incompatibile con il concetto di produzione biologica e con la percezione che i consumatori hanno dei prodotti biologici

Riaffermato il principio secondo cui “i vegetali devono essere nutriti soprattutto attraverso l’ecosistema del suolo”, il che implica che essi siano “prodotti sul, e nel, suolo vivo, in associazione con il sottosuolo e il substrato roccioso” Di conseguenza, in via di principio non vengono considerate biologiche “né la produzione idroponica, né la coltivazione di vegetali in contenitori, sacche o aiuole in cui le radici non sono in contatto con il suolo vivo”. Vi sono però alcune eccezioni: innanzitutto, in favore della produzione di semi germogliati o cespi di cicoria e la produzione in vaso di piante ornamentali e di erbe aromatiche che sono vendute in vaso al consumatore; inoltre, per quegli operatori (attivi solo in Finlandia, Svezia e Danimarca) che hanno sviluppato un’attività economica coltivando vegetali in “aiuole demarcate”, i quali vengono autorizzati a farlo per altri 10 anni. Il che ora esclude la legittimità di tale pratica, al di fuori di detta eccezione.

Il rispetto del suolo porta altresì a richiedere che in ogni fase di produzione, preparazione e distribuzione, gli operatori adottino, “se del caso, misure preventive volte a garantire la conservazione della biodiversità e la qualità del suolo” nonché agiscano – in modo però consono –  al fine di prevenire e lottare contro gli organismi nocivi e le malattie, evitando effetti negativi su ambiente e salute di animali e vegetali.

In buona sostanza, il legislatore comunitario richiede di “progettare e gestire in modo appropriato processi biologici basati su sistemi ecologici e impiegando risorse naturali interne al sistema di gestione”. Quando ciò non sia possibile, egli acconsente sì il ricorso a “fattori di produzione esterni”, ma ad alcune condizioni: per quanto concerne il materiale riproduttivo vegetale, il legislatore impone di darsi “priorità alle varietà selezionate per la loro capacità di rispondere alle esigenze e agli obiettivi specifici dell’agricoltura biologica”. In tale ottica, viene demandato alla Commissione il potere di adottare atti regolamentari portanti alcune deroghe, concernenti fra l’altro l’uso del materiale riproduttivo vegetale in conversione o non biologico.

Ritenendosi comunque utile l’uso di “materiale riproduttivo vegetale che non appartenga a una varietà, ma piuttosto a un insieme vegetale nell’ambito di un unico taxon botanico con un elevato livello di diversità genetica e fenotipica tra le singole unità riproduttive”, esso viene permesso nella produzione biologica, consentendone agli operatori la commercializzazione senza dover rispettare i requisiti di registrazione e certificazione previsti da vigenti direttive comunitarie.

Per quanto concerne la gestione e alla fertilizzazione del suolo, sono specificate le pratiche colturali autorizzate e le condizioni per l’uso di concimi e ammendanti. Circa i prodotti fitosanitari, viene sì sancito che il  loro impiego dovrebbe essere fortemente limitato, ma non viene vietato, ammettendolo qualora il ricorso ad altre tecniche (quali la rotazione delle colture) “non garantisca una protezione adeguata”.

Pone delicati problemi il verificarsi della presenza di prodotti o sostanze non autorizzati per l’uso nella produzione biologica in prodotti commercializzati come prodotti biologici o in conversione. Il regolamento stabilisce innanzitutto alcuni principi su come debbano essere condotte le indagini per tale accertamento. Poi – essendo mancato l’accordo politico su come disciplinare i casi di loro presenza – il regolamento consente agli Stati membri, che abbiano già sviluppato (come l’Italia) una normativa che vieti di commercializzare come biologici gli alimenti contenenti detti “contaminanti”, di continuare a mantenere il divieto, ma solo nei confronti degli alimenti prodotti sul loro territorio. Per contro, il regolamento impedisce a tali Stati di bloccare l’immissione sul mercato nazionale di prodotti ottenuti in altri Stati membri, che invece contengono siffatti “contaminanti”.

Su questo punto si concentrano principalmente le critiche sollevate in Italia contro il regolamento. Ciò nonostante, il nostro Governo nulla ha detto in occasione dell’ultima votazione tenutasi il 15 maggio 2018 in sede di Consiglio dei Ministri (al contrario di Francia, Svezia, Lituania e Repubblica Caca, che hanno quanto meno formalizzato le loro obiezioni, vertenti però su altre questioni).

Un principio simile vale anche per le ipotesi in cui, per determinate categorie di alimenti, non sussistano norme comunitarie dettagliate sulla produzione biologica (contenute nell’Allegato II al regolamento, nella cui parte IV si trovano anche quelle per il vino biologico, ovvero delegate alla Commissione).

Per quanto concerne l’allevamento di animali, la loro produzione “senza terra” viene vietata, ad eccezione dell’apicoltura. Particolare attenzione è prestata al loro benessere: devono avere accesso continuo a spazi all’aria aperta per fare del moto; vanno evitati o ridotti al minimo sofferenze, dolore o angoscia, in tutte le fasi della loro vita. In via di massima, non è lecito tenere gli animali legati e praticare loro mutilazioni. Viene però permesso, “a determinate condizioni, di introdurre animali allevati in modo non biologico in un’unità di produzione biologica” nonché l’uso di mangimi in conversione provenienti dall’azienda dell’allevatore. Quanto alla salute animale, vietato l’utilizzo preventivo di medicinali allopatici ottenuti per sintesi chimica, compresi gli antibiotici. In caso di malattia o di ferita che necessiti di un trattamento immediato, il ricorso a tali prodotti dovrebbe limitarsi al minimo necessario.

In merito all’etichettatura, merita evidenziare che gli alimenti trasformati dovrebbero essere etichettati come biologici solo quando tutti o quasi tutti gli ingredienti di origine agricola siano biologici.

Introdotte semplificazioni nei controlli sia per  i piccoli dettaglianti che vendono prodotti biologici non preimballati (esentati da obblighi di notifica e certificazione) e per i piccoli agricoltori (che possono accedere alla certificazione di gruppo).

Nuovo regolamento 848/2018/UE su produzione biologica