Direttiva UE su mediazione

Con la Direttiva 52/2008/CE (direttiva UE su mediazione) il legislatore ha inteso promuovere la risoluzione alternativa delle controversie mediante quella particolare metodologia definita mediation, applicata da soggetti privati ovvero appartenenti all’autorità giudiziaria purché non si tratti del magistrato competente a decidere la lite.


Pure il mini-trial e la neutral evaluation sembrerebbero beneficiare della Direttiva, a condizione però che si concludano con la formulazione di valutazioni non vincolanti ed espresse in modo assolutamente informale, al pari di quanto avviene nell’ambito della evaluative mediation (fermo però restando che i criteri di giudizio usati dal terzo neutrale nelle prime due tecniche sono antitetici a quelli usati nella terza).

La Direttiva si applica solo alle controversie «in materia civile e commerciale» ove sono in gioco diritti liberamente disponibili dalle parti, cosa che spesso non accade nel settore del diritto di famiglia ed in quello del diritto del lavoro.
In tali ambiti, infatti, sovente le liti coinvolgono un insieme di diritti disponibili e indisponibili. Ciò non impedisce affatto di instaurare una mediazione, ma implica di ritagliarne con attenzione lo spazio, in modo da trattare controversie vertenti solo su diritti disponibili.
Ancora, la Direttiva non concerne le controversie in materia fiscale, doganale ed amministrativa, così forse espungendosi anche le ipotesi in cui la Pubblica Amministrazione opera utilizzando strumenti di diritto privato. Parimenti sono escluse le liti concernenti la responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri.

Fermo restando che la Direttiva concerne solo le controversie aventi il carattere trasfrontaliero, il legislatore comunitario si è preoccupato di specificare che ciò non impedisce a quello nazionale di applicare le medesime disposizioni anche per i procedimenti di mediazione concernenti liti interne al proprio paese.

Il contenuto della Direttiva è incentrato essenzialmente su tre fronti:

  • garantire la qualità dei sistemi di mediazione (compresi ovviamente quelli forniti da organismi giudiziari non competenti a conoscere il merito della lite)
  • introdurre un quadro normativo comune concernente le regole processuali civili che rappresentano gli elementi chiave per il buon funzionamento e l’efficacia di detti sistemi
  • promuovere il ricorso alla mediazione stessa.

Per la Direttiva, è mediatore qualunque soggetto – realmente terzo rispetto alle parti in lite – cui è chiesto di condurre una mediazione in modo efficace, imparziale e competente, siccome solo il rispetto di dette modalità costituisce garanzia di qualità del servizio reso. Ciò fermo, giacché basilare, per la Direttiva è poi indifferente sia la denominazione ovvero la professione svolta da tale soggetto nello Stato membro ove opera, sia le modalità con cui egli è stato nominato ovvero invitato a condurre la mediazione.

Onde perseguire detto obiettivo qualitativo, la Direttiva segue due strade. La prima è la formazione dei mediatori, che deve essere non solo iniziale, ma anche continuativa. La seconda è stabilire criteri atti a consentire un controllo sulla qualità del servizio prestato dai mediatori.

Innanzitutto, viene richiesto agli Stati membri di incoraggiare l’elaborazione di codici di condotta da parte dei mediatori e delle loro organizzazioni. Sfumatamente, perché non menzionato nel testo normativo della Direttiva, viene loro rivolto l’invito ad aderire spontaneamente al codice europeo di condotta per i mediatori, costituente un documento formalmente non vincolante, elaborato dalla Commissione dopo una consultazione pubblica.

Sebbene la Direttiva faccia dunque generalmente salve le norme nazionali in questione, essa tuttavia pone loro un altro importante limite: l’eventuale obbligatorietà di ricorrere alla mediazione – cosa che di per sè la direttiva non vieta affatto – non deve creare pregiudizio al diritto fondamentale dei cittadini ad accedere alla tutela giurisdizionale.

Con riferimento all’ordinamento italiano, rileva allora l’art. 474 c.p.c., secondo cui sono titoli esecutivi «le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute» nonché «gli atti ricevuti da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli». Questi ultimi possono legittimare anche l’esecuzione forzata per consegna o rilascio, ma non quella in forma specifica, che necessita di un titolo esecutivo rappresentato solo da una sentenza.

Di conseguenza, per avere facilmente efficacia esecutiva, in Italia un accordo conseguente ad una «mediazione» (discendente o meno da una lite «trasfrontaliera» concernente diritti liberamente disponibili dalle parti), ma anche da una diversa procedura A.D.R., può essere concluso – a seconda di che cosa costituisce il suo contenuto – sotto forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata. Sul piano pratico, il creare quest’ultima è oggi facilitato anche grazie al riconoscimento dell’efficacia giuridica per le nuove tecnologie di firma digitale.
Attribuita così efficacia in Italia agli accordi in questione, essi potranno altresì beneficiare del citato regolamento n. 44/2001. In effetti, il suo art. 57 dispone che, su istanza di parte, gli «atti pubblici formati ed aventi efficacia esecutiva in uno Stato membro» (nel nostro caso l’Italia) sono dichiarati esecutivi negli altri Stati, seguendo la medesima particolare procedura prevista a tal fine per le decisioni.

Norma pressoché analoga è prevista dal menzionato regolamento n. 2201/2003, il quale non si limita a parlare solo di «atti pubblici » aventi dette caratteristiche, ma anche di «accordi tra le parti aventi efficacia esecutiva nello Stato membro di origine». In ogni caso, così agendo, non sussiste alcun rischio di forum shopping, siccome per tutti i casi disciplinati da entrambe tali regolamenti, è chiaro che – per ottenere esecutività nell’Unione – l’accordo deve prima rivestire una forma idonea a conferirgli esecutività nel paese ove esso viene formato o trasfuso in un atto pubblico.

Leggi per APPROFONDIRE sulla direttiva 52/2008/CE in materia di mediazione civile e commerciale

L’Unione Europea sta successivamente adottato:

  • una nuova direttiva sull’applicazione dei sistemi di risoluzione alternativa delle controversie alle liti in materia di consumo;
  • un nuovo regolamento, per la risoluzione ON-LINE (ODR) di dette controversie