Mediazione liti condominiali

La mediazione liti condominiali è un’opportunità per chi è coinvolto in un simile conflitto, poiché consente di risolverlo  sulla base di una soluzione liberamente negoziata, elaborata e accettata dai diretti interessati, in modo da evitare di addivenire a una decisione finale imposta in sede giudiziale.


Il mediatore, terzo e neutrale, opera al fine di aiutare le parti a definire in via amichevole il conflitto. Dunque il mediatore non decide né impone alcunché (non è affatto un arbitro, è la sua antitesi).

Se l’attività del mediatore ha successo, le parti raggiungeranno un accordo, con cui verrà posto fine al litigio. In caso contrario, resta loro aperta e non pregiudicata la via giudiziaria, ove la decisione finale verrà inevitabilmente calata dall’alto e definita alla luce delle risultanze raccolte durante la fase istruttoria.

I vantaggi immediati della mediazione liti condominiali sono: risparmio di tempo e di costi.

Ma soprattutto la mediazione fa emergere una soluzione “tagliata su misura” per i litiganti. Quando ciò si verifica, l’accordo con cui viene composta la lite è cosa ben diversa dalla consuetudinaria transazione, ove ciascuna delle parti in lite rinuncia semplicemente ad alcune pretese, pur di definire il conflitto (soluzione “in perdita” per entrambe).

Esiste una previsione che agevola fortemente il ricorso alla mediazione liti condominiali, ove spesso il conflitto concerne una delibera assembleare, che va però generalmente impugnata in giudizio – a pena di decadenza – entro 30 giorni dalla sua adozione (condomini presenti in assemblea, ma dissenzienti) o conoscenza (condomini assenti). Orbene, tale termine viene interrotto, se le parti procedono ad una mediazione.
Sancisce infatti l’art. 5, comma 6, del decreto legislativo 28/2010: ”Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo di mediazione.

Ciò consente dunque di discutere in mediazione la lite con la debita calma, senza correre il rischio di decadere dal diritto ad impugnare la delibera controversa.

In sede di mediazione, poi, il negoziato tra le parti prende in considerazione le reali ragioni del conflitto e non si limita ai suoi aspetti formali: si può dunque tentare di curare la causa della patologia e non il mero suo sintomo.

Nel partecipare a siffatto negoziato, le parti non sono comunque lasciate sole a sé stesse, avendo la facoltà di avvalersi dell’assistenza (non obbligatoria, ma decisamente opportuna, salvo per le questioni meramente bagatellari) dei propri legali, che giocano un ruolo decisamente diverso rispetto a quello svolto in ambito processuale.

In mediazione, infatti, ai legali compete fungere da consulente dei propri clienti, onde consentire loro di valutare la bontà e la fattibilità giuridica delle soluzioni che emergono grazie all’azione del mediatore. L’avvocato, dunque, non svolge il ruolo di difensore, ma opera come solitamente avviene nell’ambito delle trattative contrattuali, consigliando il cliente senza sostituirsi ad esso, soprattutto nel valutare in cosa consiste l’interesse concreto della parte. Anche qui, un approccio un po’ diverso.

Per contro, se le parti non si accordano, non resta che l’impugnazione: il giudizio dell’autorità giudiziaria si limiterà però necessariamente a valutare se la deliberazione è stata adottata in modo legittimo (principalmente si valuterà rispetto dei termini di convocazione assembleare e delle maggioranze, tanto per intenderci), senza entrare nel merito della delibera stessa (e cioè sull’opportunità concreta di quanto deciso: ciò è espressione del rispetto per l’autonomia privata).

In conclusione, se la mediazione può rappresentare un’opportunità, almeno nelle ipotesi in cui i litiganti desiderano effettivamente trovare una soluzione al loro conflitto, perché non provare allora a coglierla, accostandosi a tale strumento con uno spirito di intelligente curiosità, senza farsi accecare dal falso preconcetto di affrontare un improduttivo incombente burocratico?

Quanto ai quorum necessari per deliberare in assemblea su una mediazione, dispone adesso l’art.71 quater delle disposizioni di attuazione del codice civile, il quale stabilisce che è necessario raggiungere “un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio” (art.71 quater dis. att. c.c.).

Tale quorum serve per due decisioni da assumersi in tempi diversi, e cioè per deliberare se il Condominio:

  • accetta di partecipare alla mediazione
  • accetta la proposta di conciliazione eventualmente emersa in sede di mediazione