Sul piano normativo, la disciplina concernente i tartufi (tartufi normativa) si trova a diversi livelli, ciascuno dei quali tratta aspetti differenti
A livello comunitario, le norme dell’Unione Europea includono i tartufi tra i prodotti oggetto di:
- OCM UNICA (Organizzazione Comune di Mercato) per i prodotti agricoli, facendoli rientrare in quelli del settore ortofrutticolo (Regolamento del Consiglio e del Parlamento UE 1308/2013, art.1, comma 2, nonché allegato I, parte X, dove vengono individuati con il codice NC 2003, il quale comprende “funghi e tartufi, preparati o conservati ma non nell’aceto o acido acetico” );
- limitazioni, pre ragioni di tutela della salute, quanto all’eventuale presenza di deterninate sostanze al loro interno (quali il regolamento UE n. 1096/2014 della Commissione, il regolamento EURATOM del Consiglio 52/2016, il regolamento UE 318/2014 della Commissione);
- divieto di commercializzazione con la Siria, quali beni di lusso (regolamento del Consiglio UE 509/2012, art.3).
A livello italiano, sussistendo in materia la competenza concorrente di Stato e Regioni, la normativa si divide tra quella nazionale (che fissa i “principi quadro”, e cioè le regole di massima) e quella regionale (che disciplina nello specifico alcuni aspetti).
E’ qui che si trovano le regole volte a:
- stabilire in quali casi i raccoglitori possano accedere ai fondi appartenenti ad altre persone
- quali sono le specie di tartufi commercializzabili
- chi possa raccogliere, a quali condizioni e con quale metodo.
Per quanto concerne le regole sull’accasso ai fondi:
- la loro legittimità è stata riconosciuta dalla Corte Costituzionale.
- la Cassazione ha deciso alcuni casi, sia in campo civile che in campo penale.