Opposizione decreto ingiuntivo condominio

Aspetti critici della opposizione contro decreto ingiuntivo condominiale (opposizione decreto ingiuntivo condominio) ovvero della impugnazione di  delibera assembleare.


Nella sentenza 305/2016, la seconda sezione della Cassazione affronta un tema che rappresenta una vera e propria trappola processuale in molte cause di opposizione decreto ingiuntivo condominio ovvero in cui si impugna una delibera dell’assemblea condominiale.

Tale sentenza conferma una buona soluzione di recente adottata, così contribuendo al suo consolidamento.

Questa la situazione.

L’assemblea di un dato Condominio adotta una deliberazione, mediante la quale viene deciso qualcosa (ad esempio, l’esecuzione di un intervento di manutenzione) che comporterà una spesa. I condòmini assenti o dissenzienti non impugnano però tale decisione (che definiremo la delibera “madre”).

A distanza di tempo, l’amministratore ripartisce poi tra i condòmini la spesa in questione, il cui riparto viene sottoposto ad una successiva assemblea, che nuovamente approva mediante una seconda decisione (la delibera “figlia”). A questo punto, chi già non concordava su quanto deciso mediante la delibera “madre”, ma era all’epoca rimasto inerte, persiste ad esserlo, sino a quando non riceve la notifica di un decreto ingiuntivo fondato sulla delibera “figlia”. Solo in questo momento egli si attiva, opponendo l’ingiunzione e contestando in tale sede processuale sia la validità della delibera “figlia”, sia di quella che la presuppone, e cioè la “madre”.

Molto spesso, però, tale condotta porta ad una sconfitta dinanzi ai giudici.

Il problema ha avuto origine (per le ragioni che si spiegheranno meglio infra)  dal momento in cui, ormai molti anni fa, la Cassazione – compiendo una vera e propria inversione di orientamento – decise che anche l’invalidità delle delibere dell’assemblea condominiale era soggetta a principi in pratica analoghi a quelli delle delibere societarie, ove l’annullabilità costituisce la regola comune e la nullità l’eccezione.  Sino a quel momento, invece, nella materia condominiale valeva l’opposto.

Tutto ciò iniziò ad essere affermato nell’anno 2000 (Cass. 5 gennaio 2000, n. 31; 5 febbraio 2000, n. 1292; 1 agosto 2003, n.11739 n.11739) dalle singole sezioni, che trovarono poi l’avallo finale della sentenza delle Sezioni Unite del 7 marzo 2005, n. 4806.

A questo punto, scattò la trappola, costituita dai principi in precedenza sanciti sempre dalle Sezioni Unite (nella sentenza del 18 dicembre 2009, n.26629), secondo cui, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali (ove il titolo del credito è basato sulla delibera “figlia”), il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari (sia quella “figlia”, che quella “madre”), senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa materia riservata al giudice davanti al quale dette delibere sono – o avrebbero dovuto – essere impugnate.

Alla luce di questo principio, avveniva il rigetto automatico della opposizione decreto ingiuntivo condominio, quando basata sull’asserita invalidità della delibera costituente il titolo della richiesta di pagamento.

A rigore, peraltro, tale impostazione era effettivamente giustificata per le ipotesi in cui, se viziata da mera annullabilità,  la validità della (non impugnata) delibera “madre” e “figlia”  si fosse consolidata per effetto della sua mancata tempestiva impugnazione, nel termine dei 30 giorni di cui all’art.1138 c.c. Infatti, anche se il giudice si fosse spinto a valutare la validità di tali delibere, avrebbe comunque dovuto ravvisarla.

Dato che il regime dell’annullabilità era ormai diventato la regola, la sorte della maggior parte delle opposizioni era dunque inevitabilmente segnata.

Una trappola simile si verificava anche nell’ipotesi in cui, senza attendere di dover muovere opposizione ad un decreto ingiuntivo fondato sulla delibera “figlia”, i contrari impugnassero solo quest’ultima, dopo aver però trascurato di farlo a tempo debito contro la “madre”.

Anche qui, il consolidarsi della validità della delibera “madre” comportava il rigetto dell’impugnazione mossa solo contro la “figlia” (a meno che quest’ultima fosse invalida per motivi autonomi).

Meno corretto appariva invece siffatto automatismo, nel momento in cui si sostenesse che le delibere a fondamento delle contestazioni (opposizione o impugnazione) fossero invece viziate da vera e propria nullità.

In tali ipotesi residuali, sembrava allora lecito pensare che il giudice, chiamato a decidere sull’opposizione a decreto ingiuntivo fondato sulla “figlia” ovvero sull’impugnazione di quest’ultima,  dovesse – se richiesto dalla parte interessata! – almeno sospendere il proprio processo, nell’attesa che venisse definito quello sulla validità delle rilevanti delibere “a monte”, quando in essere.

Ecco dunque il punto fondamentale ora toccato dalla Cassazione agli inizi di quest’anno con la sentenza n.306.

Riferendosi al contesto processuale che si è in precedenza illustrato, i giudici di legittimità – richiamandosi alla precedenza loro sentenza del 27 aprile 2006, n.9641 – hanno confermato che «ben può il giudice rilevare di ufficio la nullità quando, come nella specie, si controverta in ordine alla applicazione di atti (delibera d’assemblea di condominio) posta a fondamento della richiesta di decreto ingiuntivo, la cui validità rappresenta elemento costitutivo della domanda (da ultimo in termini sostanzialmente conformi, ed in motivazione Cass. n.23688/2014; Cass. n. 1439/2014)».

Alla luce di ciò, nella sentenza in commento la Suprema Corte ha deciso che il giudice, chiamato a decidere sull’opposizione a decreto ingiuntivo fondato sulla delibera “figlia”, debba esaminare – rilevandola anche d’ufficio – non solo la nullità di quest’ultima,  ma anche quella dell’eventuale delibera “madre”.

Il che dovrebbe allora applicarsi anche per il giudice chiamato a decidere sull’impugnazione diretta della delibera “figlia”.

Si ribadisce: ciò non funziona, se le delibere in questione sono viziate da mera annullabilità, come nel maggior numero dei casi.

In definitiva: la tattica processuale più opportuna è quella di impugnare nei termini sia le delibere “madri” che le loro “figlie”, senza distinguere a seconda del relativo regime di invalidità (il rischio è sbagliare a qualificarla).

Non si dimentichi tuttavia che gli effetti dell’impugnazione di una delibera condominiale vengono conseguiti facendo pervenire (entro gli stessi termini per proporre l’impugnazione stessa, e cioè il 30 giorni di cui all’art.1138 c.c.) all’amministratore la domanda per una mediazione ai sensi del decreto legislativo 28/2010!

Solamente se la mediazione non terminerà con una conciliazione, la parte interessata dovrà poi proporre – sempre entro detti termini, decorrenti dal deposito del verbale di mediazione infruttuosa – la rituale impugnazione dinanzi all’ufficio giudiziario competente.


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

 

sentenza

 

sul ricorso 13303/2011 proposto da:

B.R. (OMISSIS), C.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato PETRETTI ALESSIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO GRIFFI in virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO VIA (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX SETTEMBRE N.98/G, presso lo studio dell’avvocato GUIDI BUFFARINI GUIDO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROBERTO PAPAGALLI, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

IMPRESA EDILE ARTIGIANA NARCISO DI NARCISO A & C SNC, GENERALI ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 684/2010 del TRIBUNALE di CHIAVARI, depositata ili 7/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/12/2015 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

udito l’Avvocato ALESSIO PETRETTI per i ricorrenti, e l’Avvocato GUIDO BUFFARDINI per il Condominio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, il quale ha concluso per il rigetto del primo motivo e per l’accoglimento del secondo motivo per quanto di ragione.

 

Svolgimento del processo

 

Con atto di citazione notificato il 12/12/2005 B.R. e C.L. proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo (opposizione decreto ingiuntivo condominio: n.d.r.) emesso dal Giudice di Pace di Sestri Levante con il quale era stato loro ingiunto il pagamento della somma di Euro 1232,88, oltre interessi in favore del Condominio di via (OMISSIS), quale saldo degli oneri condominiali ancora dovuti in conseguenza del riparto delle spese di manutenzione straordinaria, approvato nell’assemblea del 28/7/2005, tenuto conto in particolare di quanto già in precedenza versato.

Gli opponenti, i quali nelle more provvedevano al pagamento della somma ingiunta al solo fine di evitare l’azione esecutiva, assumevano che, pur essendo condomini non occupavano l’appartamento relativamente al quale era stato chiesto il versamento degli oneri condominiali e che non avevano potuto presenziare all’assemblea dell’11/8/2003 nel corso della quale era stata assunta la deliberazione di effettuare lavori straordinari, votando contro l’approvazione del consuntivo di spesa nella successiva assemblea del 28/7/2005. Aggiungevano altresì che avevano constatato che i lavori svolti avevano interessato anche il balcone di loro proprietà esclusiva e senza che gli stessi avessero mai dato alcun consenso alla loro esecuzione. A seguito di rimostranze nei confronti dell’amministratore, con le quali si era lamentata altresì la presenza di vizi nell’esecuzione delle opere, avevano provveduto al saldo dei soli oneri, per la quota di loro pertinenza, relativi agli interventi di manutenzione straordinaria concernenti le parti condominiali, rifiutando il versamento della somma di Euro 1232,88, relativa invece ai lavori eseguiti dalla ditta incaricata sul balcone di loro proprietà esclusiva.

Così riassunti i fatti di causa, con l’opposizione deducevano che la deliberazione assembleare dell’11/8/2003, con la quale era stata decisa l’esecuzione di lavori straordinari ricomprendenti anche interventi sui balconi di loro proprietà esclusiva, era affetta da nullità, non potendo l’assemblea disporre a maggioranza anche per quanto concerneva beni appartenenti esclusivamente ai singoli condomini. Concludevano pertanto affinchè, accertata e dichiarata la nullità della predetta delibera, fosse accolta l’opposizione con la revoca del decreto. In via aconvenzionale domandavano altresì la condanna del condominio a risarcire i danni causati dall’illegittima ed inesatta esecuzione dei lavori di rifacimento del balcone di loro proprietà, danni quantificati nella somma di Euro 1860,00 comprensiva di Iva. Sempre in via riconvenzionale, ma in linea subordinata, chiedevano la compensazione tra il credito vantato dal condominio e quello vantato dagli opponenti a titolo di risarcimento del danno.

Si costituiva il Condominio il quale oltre a dedurre l’inammissibilità e l’infondatezza dell’opposizione, chiedeva di essere autorizzato alla chiamata in causa dell’impresa Edile Artigiana “Narciso” SNC, alla quale erano stati affidati i lavori di manutenzione, al fine di essere garantita per l’ipotesi di accoglimento della domanda risarcitoria degli opponenti.

Autorizzata la chiamata in causa, si costituiva la società in questione che, oltre ad aderire alle difese del condominio, eccepiva la decadenza dell’azione ex art. 1667 c.c., nonchè l’infondatezza nel merito della domanda riconvenzionale, chiedendo a sua volta di essere autorizzata alla chiamata in causa delle Assicurazioni Generali S.p.A., al fine di essere garantita per l’ipotesi di accoglimento delle domande proposte. Si costituiva anche la compagnia di assicurazioni la quale eccepiva l’inammissibilità ed improponibilità della domanda proposta dalla ditta appaltatrice, deducendo che la polizza stipulata non ricomprendeva i fatti dannosi posti a fondamento della domanda risarcitoria.

All’esito del giudizio di primo grado, il Giudice di Pace con sentenza del 17/2/2009 dichiarava la parziale nullità ai sensi di cui in motivazione delle deliberazioni dell’Assemblea del Condominio assunte alle date dell’11/8/2003 e del 28/7/2005 e di ogni loro atto consequenziale riguardante la proprietà esclusiva degli opponenti, revocando il decreto ingiuntivo opposto e condannando il Condominio alla restituzione in favore degli opponenti della somma di Euro 2465,74 oltre interessi legali a far data dal pagamento al saldo.

Inoltre rigettava la domanda riconvenzionale proposta nei confronti del condominio, dichiarando di non luogo a provvedere in ordine alla domanda svolta nei confronti dell’impresa appaltatrice e da quest’ultima nei confronti della compagnia assicuratrice.

Proposto appello dal Condominio, si lamentava l’erroneità della sentenza nella parte in cui il giudice di primo grado aveva dichiarato l’invalidità di delibere assembleali che non erano state tempestivamente impugnate nei termini di cui all’art. 1137 c.c.. Si deduceva altresì l’erroneità della distinzione effettuata dal giudice di prime cure tra spese condominiali e spese relative ad opere eseguite sulle singole proprietà private, distinzione finalizzata ad escludere per le delibere concernenti le seconde la necessità del rispetto del termine di cui all’art. 1137 c.c..

Assumeva inoltre che erroneamente il Giudice di Pace non aveva ammesso un capitolo di prova per interrogatorio formale e per testi, rilevante ai fini della decisione, dolendosi altresì della condanna alla restituzione di quanto versato dagli opponenti successivamente alla notifica dell’atto di precetto.

Si costituivano gli appellati che concludevano per il rigetto dell’appello proposto, nonchè le Generali Assicurazioni S.p.A. la quale evidenziava che nei motivi d’appello non era stata assunta alcuna specifica conclusione nei suoi confronti.

Si costituiva altresì l’impresa appaltatrice la quale riproponeva la domanda di garanzia nei confronti della compagnia di assicurazioni.

Il Tribunale di Chiavati, all’esito dell’attività istruttoria con sentenza resa ex art. 281 sexies c.p.c., all’udienza del 16/11/2010 (ma pubblicata in data 17/11/2010) accoglieva l’appello rigettando l’opposizione proposta dai condomini, con la condanna degli stessi alla restituzione in favore del condominio della somma di Euro 2899,74 oltre interessi legali a far data dal 27/4/2009 al saldo, nonchè al rimborso delle spese del doppio grado di giudizio in favore del condominio ed in favore dei terzi chiamati, rigettando altresì l’appello incidentale.

Hanno proposto ricorso per la Cassazione della sentenza di appello B.R. e C.L. sulla base di due motivi.

Il Condominio resiste con controricorso, mentre l’Impresa edile Artigiana “Narciso” di Narciso A. & C. s.n.c. e le Generali Assicurazioni S.p.A. non hanno svolto difese.

I ricorrenti ed il Condominio hanno depositato memorie nell’imminenza dell’udienza.

Motivi della decisione

Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevato da parte del Condominio per il mancato rispetto dell’art. 366 c.p.c., n. 6, avendo i ricorrenti depositato unitamente al ricorso, i fascicoli di parte dei precedenti gradi del giudizio ed avendo altresì depositato istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio ex art. 369 c.p.c., comma 2.

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1135, 1136, 1137 e 1421 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l’omessa e/o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia in relazione al disposto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Il giudice di appello, nell’esaminare la vicenda oggetto di causa, ha ritenuto espressamente assorbente il primo motivo di appello promosso da parte del condominio con il quale questi si doleva del fatto che il giudice di primo grado avesse dichiarato la nullità delle delibere condominiali con le quali erano stati approvati dalla maggioranza assembleare lavori di manutenzione straordinaria, concernenti oltre che le parti comuni, anche beni di proprietà esclusiva. Il Tribunale ha viceversa sostenuto che, attesa l’inesistenza di un qualsivoglia nesso processuale di continenza, pregiudizialità necessaria e similia tra il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo e quello di impugnazione della delibera posta a base del ricorso monitorio richiesto da parte del condominio, era erronea la decisione del giudice di pace di accertare, ancorchè ai soli fini dell’accoglimento dell’opposizione, la nullità della delibera di approvazione delle spese.

Assumono i ricorrenti che, essendo pacificamente emerso che il decreto ingiuntivo opposto concerneva il pagamento di interventi deliberati dall’assemblea condominiale anche per beni di proprietà esclusiva degli opponenti, quali appunto i balconi a servizio del loro, la decisione presa in sede assembleare, alla luce dei principi consolidali di questa Corte in tema di invalidità del delibere assembleari, era chiaramente affetta da nullità. In presenza di tale patologia quindi al giudice sarebbe sempre consentito rilevarla d’ufficio, essendone peraltro il rilievo del tutto svincolato da termini decadenziali. Anche il precedente menzionato in sentenza dal giudice di appello (Cassazione n. 10427 del 2000) farebbe riferimento ad una fattispecie del tutto diversa da quella oggetto di causa, essendo intervenuto in un’ipotesi in cui il decreto ingiuntivo opposto concerneva il pagamento di somme dovute dal condomino per le spese ed oneri condominiali, e non anche di somme pretese per interventi su beni di proprietà esclusiva, deliberati tuttavia da parte dell’assemblea.

Il motivo è fondato.

Ed, infatti il Tribunale ha sostanzialmente fatto applicazione nel caso sottoposto al suo esame del principio di diritto affermato da Cassazione civile Sezioni Unite 18/12/2009 n. 26629 secondo cui, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette delibere sono state impugnate, trascurando tuttavia di prendere in considerazione il fatto che il vizio del quale risulterebbe affetta la delibera con la quale sono stati approvati i lavori, il cui corrispettivo pro quota e oggetto della richiesta monitoria, rientrerebbe propriamente tra quelli idonei a determinare la ben più radicale conseguenza della nullità della libera.

Effettivamente, considerato che pacificamente i lavori approvati all’esito dell’assemblea dell’11/8/2003 riguardavano anche interventi sui balconi di proprietà esclusiva dei ricorrenti, il vizio in oggetto, alla luce delle indicazioni fornite dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 4806 del 2005 del 28 luglio, risulterebbe effettivamente, ove sussistente, suscettibile di provocare la nullità della delibera, di modo che non appare correttamente applicato il principio della rilevabilità, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, dell’invalidità della delibera assembleare.

Effettivamente, il precedente richiamato in sentenza dal giudice di appello (Cass. n. 10427 del 2000) nella massima sembrerebbe accomunare delibere mille ed annullabili circa la conseguenza dell’irrilevabilità della loro invalidità in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, tuttavia la lettura della motivazione del precedente in questione denota che concerneva una fattispecie che, alla luce dei principi affermati da Cass. n. 4806/2005, oggi andrebbe qualificata in termini di annullabilità (vizi relativi alla convocazione dei condomini), sebbene all’epoca ritenuta tale da determinare, secondo il preesistente orientamento giurisprudenziale, la nullità della delibera.

Rispetto al precedente invocato nella sentenza appellata, deve tenersi in adeguata considerazione l’impatto che ha avuto sulla materia, il più volte menzionato intervento delle Sezioni Unite del 2005, che ha portato questa stessa Corte ad affermare con nettezza i criteri per poter distinguere tra delibere mille ed annullabili, così che appare assolutamente necessario ritenere che il limite in merito al rilievo dell’invalidità in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, operi solo per le delibere annullabili.

In tal senso Cass. Sez. 2, n. 9641 del 27/04/2006, secondo cui ben può il giudice rilevare di ufficio la nullità quando, come nella specie, si controverta in ordine alla applicazione di atti (delibera d’assemblea di condominio) posta a fondamento della richiesta di decreto ingiuntivo, la cui validità rappresenta elemento costitutivo della domanda (da ultimo in termini sostanzialmente conformi, ed in motivazione Cass. n. 23688/2014; Cass. n. 1439/2014).

Ne consegue che la sentenza impugnata non avendo fatto corretta applicazione dei principi di diritto espressi da questa Corte in tema di rilievo della nullità della delibera condominiale posta a fondamento di un decreto ingiuntivo, ed in sede di opposizione proposta nei confronti di quest’ultimo (principi che deve ritenersi trovino ulteriore conferma nel più recente approdo della Sezioni Unite di questa Corte in tema di rilievo ufficioso della nullità), deve essere cassata, imponendosi altresì il rinvio al Tribunale di Genova in persona diversa dal giudice che l’ha emessa, e ciò anche in considerazione del fatto che gli altri motivi di appello proposti da parte del Condominio devono reputarsi assorbiti in conseguenza dell’accoglimento del primo morivo di appello.

Infatti il secondo motivo di ricorso è stato espressamente proposto in via condizionata e subordinata per l’ipotesi di mancato accoglimento del primo motivo.

Il giudice di rinvio provvederà altresì sulle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbito il secondo motivo di ricorso, e per l’effetto cassa la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Genova in persona di altro magistrato anche per il regolamento delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2016