Vendita locali locati

E’ lecito prevedere, mediante un’apposita  clausola, che il contratto di locazione si risolve in caso di vendita dell’immobile locato ad uso commerciale? Cosa accade in caso di vendita locali locati?


Ai sensi dell’art.7 della legge 392/78, è nulla la clausola che prevede la risoluzione del contratto in caso di alienazione della cosa locata, qualora si tratti di un rapporto soggetto all’applicazione di tale legge.

La ratio della norma è evidente: se diversamente fosse possibile, sussisterebbe il modo per vanificare l’effetto delle norme di ordine pubblico, dettate dalla medesima legge, volte ad assicurare al conduttore una durata minima al rapporto. Lo stesso dicasi, nel caso di locazione ad uso diverso da abitazione, per le norme che attribuiscono al conduttore il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento nonché il diritto di prelazione in caso di vendita (esaminate ai casi 5.17 e 5.18).

Di conseguenza, in caso di vendita dell’immobile, si applica necessariamente l’art.1602 c.c., in base al quale il terzo acquirente – tenuto a rispettare la locazione, siccome il contratto non può risolversi per effetto della vendita – subentra dal giorno del suo acquisto nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione.

Ciò è però soggetto ad un’unica condizione, visto il disposto dell’art.1599, comma 1, c.c.: per essere opponibile al terzo acquirente, il contratto di locazione deve avere data certa anteriore alla alienazione della cosa locata. In presenza di siffatta condizione, dunque, l’acquirente subentra nella medesima posizione del locatore alienante, sostituendosi a quest’ultimo nel rapporto locativo e vedendosi conseguentemente vincolato dal termine di durata della locazione concordato dagli originari contraenti (Cassazione, 29 novembre 1994, n.10204).

Siccome il subingresso del nuovo proprietario avviene con decorrenza dal momento del suo acquisto, in via di principio la Cassazione esclude che il fenomeno successorio possa avere effetto retroattivo. Pertanto, il rapporto di locazione viene a scindersi in due periodi distinti, rispetto a ciascuno dei quali l’unico contratto spiega i suoi effetti nei confronti di colui che, in quel periodo, ha la qualità di locatore. Come ulteriore conseguenza, l’acquirente dell’immobile locato, pur subentrando in tutti i diritti e gli obblighi correlati alla prosecuzione del rapporto, deve tuttavia considerarsi terzo rispetto ai diritti e agli obblighi già perfezionatisi ed esauritisi, in favore e a carico delle parti originarie, fino al giorno del suo acquisto (sentenza 2 dicembre 2004, n.22699).

Tuttavia, tale principio non osta a che, nei confronti del terzo acquirente subentrato nel rapporto in qualità di locatore, il conduttore debba rispondere per i danni da lui cagionati all’immobile anche in epoca precedente al momento del subingresso, purché già non risarciti al precedente proprietario. Ciò perché il deterioramento rappresenta uno stato permanente della cosa locata, constatazione che consente di coordinare questo principio con quanto affermato in via generale.

Così alcune decisioni dei giudici di legittimità: 11 aprile 1985, n.2377; 17 maggio 1990, n.4278; 21 novembre 1944, n.9844; 1 aprile 2003, n.4912. In quest’ultima decisione, è stato osservato:

“Il principio stabilito in tema di locazione dall’art.1602 c.c., che fissa nel momento dell’acquisto del bene locato il subingresso dell’acquirente nei diritti e negli obblighi derivanti dal contratto di locazione, esclude che il fenomeno successorio ex art.1599 c.c. del trasferimento a titolo particolare dell’immobile locato possa avere effetti retroattivi e comporta – siccome questo giudice di legittimità ha già stabilito (da ultimo: Cass. n.8329/2001) – che il rapporto di locazione viene a scindersi in due periodi distinti, rispetto a ciascuno dei quali è sempre lo stesso contratto che spiega i suoi effetti nei confronti di colui che, in quel periodo, è titolare di diritti verso il conduttore; il tutto in relazione alla natura del contratto ad esecuzione continuata, che per il conduttore permane nella disciplina unitaria di un ininterrotto godimento ovvero in quella della permanente attualità dell’obbligo restitutorio.

Sul presupposto che è sempre in virtù dell’originario contratto di locazione, stipulato con l’alienante, che vanno disciplinate le posizioni delle parti, la regola dell’art.1602 c.c. è stata specificata nel senso che l’acquirente del bene locato, mentre non può invocare a suo favore i fatti che abbiano ormai esaurito i loro effetti al momento dell’acquisto, da tale momento ha azione nei confronti del conduttore per gli adempimenti, cui lo stesso è attualmente tenuto.

In applicazione della suddetta regola, proprio in tema di azioni risarcitorie nei confronti del conduttore, questa Corte ha già stabilito che l’acquirente può reclamare i danni conseguenti al deterioramento della cosa locata ancora esistente al momento della compravendita del bene e non risarciti al precedente proprietario dato che il deterioramento medesimo costituisce uno stato permanente della cosa locata (Cass. n.9844/94; Cass. n.6598/91; Cass. n.4278/90; Cass. n.2377/85), precisando anche che all’acquirente è data, altresì, l’azione di risoluzione per l’inadempimento dello stesso conduttore, che sia iniziato prima dell’alienazione ed i cui effetti perdurano successivamente alla vendita (Cass. n.6142/84).

La soluzione del problema non può essere diversa per la ipotesi dell’azione risarcitoria ex art.1591 c.c., anche in tal caso dovendosi ritenere che dal momento dell’acquisto del bene già locato (del quale ancora il conduttore non abbia effettuato il rilascio) l’acquirente è legittimato a richiedergli quanto dovuto secondo la norma suddetta in relazione al periodo di protratto abusivo godimento a decorrere dal suo acquisto e sino alla effettiva consegna”.

In coerenza con il principio generale già ricordato, la Cassazione ha inoltre precisato (sentenza 19 giugno 2001, n.8329) che l’acquirente dell’immobile locato (quale è anche l’aggiudicatario a seguito di espropriazione forzata del bene ex art.2923 c.c.), è legittimato passivo riguardo alle pretese risarcitorie del conduttore per danni a quest’ultimo cagionati da vizi della cosa locata, ancorché si tratti di vizi preesistenti alla data dell’acquisto, qualora i danni si siano verificati in epoca successiva a tale data. In caso contrario, invece, le suddette pretese risarcitorie devono essere indirizzate nei confronti del precedente locatore.

Sempre in coerenza con il citato principio generale, il conduttore è di regola tenuto a pagare i canoni all’acquirente, nuovo locatore, dalla data in cui riceve la comunicazione della vendita dell’immobile in una qualsiasi forma idonea, e ciò in applicazione analogica dell’art.1264 c.c. in tema di cessione dei crediti (Cassazione, 14 gennaio 2005, n.674). E’ comunque fatta salva la possibilità per le parti della compravendita di accordarsi in modo diverso, cosa di cui esse devono debitamente informare il conduttore, onde evitare che egli si liberi pagando al creditore apparente.

Per concludere, è bene puntualizzare che quanto appena illustrato non cozza con gli eventuali diritti di prelazione sussistenti in capo al conduttore in caso di vendita, com’è per gli immobili ad uso diverso da abitazione adibiti ad attività commerciali, industriali ed artigianali comportanti contatti con il pubblico. Difatti, i principi posti dagli artt.1599 e 1602 c.c. si applicano solo se il conduttore – avendone diritto – non esercita il diritto di prelazione.

In conclusione:

 

 

E’ nulla la clausola che prevede la risoluzione del contratto, in caso di alienazione della cosa locata.  In tali circostanze, il terzo acquirente – tenuto a rispettare la locazione, perché anteriore al trasferimento della proprietà in suo favore – subentra dal giorno del suo acquisto nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione.