Mediation, Neutral evaluation, Adjudication

Per A.D.R. – Alternative Dispute Resolution si intendono i sistemi di soluzione delle controversie (quali Mediation, Neutral evaluation, Adjudication) alternativi al ricorso in giustizia dinanzi all’Autorità giudiziaria ovvero agli arbitri, è cioè a quei soggetti cui compete decidere una controversia in modo vincolante per le parti.


La mediazione può svolgersi applicando tecniche A.D.R. ben diverse tra loro, ciascuna delle quali si fonda su presupposti e metodi di lavoro alquanto differenti. Analizziamo le caratteristiche essenziali della mediation e dell’expert evaluation. Entrambe si fondano sui seguenti presupposti:

  • la riservatezza
  • il non imporre in alcun modo alle parti la soluzione per la loro lite.
  • la totale neutralità della mediazione rispetto all’eventuale successivo giudizio in sede contenziosa (partecipare a una sessione di mediazione non comporta alcun pregiudizio alla futura posizione dei litiganti dinanzi a chi eventualmente li giudicherà
  • la libertà delle parti nel decidere come strutturare e disciplinare detti meccanismi.

La mediation è la negoziazione della lite con l’assistenza di un terzo neutrale, che favorisce l’efficacia della discussione. Ispirata dall’approccio sistemico (in materia si segnala l’interessante libro di GANDOLFI, Formicai, imperi, cervelli – Introduzione alla scienza della complessità, Torino, 1999, e in particolare pag. 283) alla soluzione del contenzioso, nella mediation si evita di incentrare il discorso sullo stabilire cosa sia vero o falso e cosa giusto o ingiusto. Questo ridurrebbe ogni soluzione negoziale a un mero compromesso, frutto di trattative condotte sui confini di quelle che le parti reputano le “vere” questioni.

L’obiettivo è invece l’ampliamento della comunicazione tra le parti del conflitto, attraverso lo scambio di nuove informazioni e il coinvolgimento di nuovi soggetti (almeno il terzo neutrale), in modo da far emergere le reali ragioni del conflitto.

Così procedendo, le parti vengono liberate dagli schemi mentali utilizzati sino a quel momento nel conflitto, giacché il terzo – qui risiede l’essenza di questa metodologia, che si esplica durante la cosiddetta “fase esplorativa” – indirizza i litiganti ad individuare quali sono i loro concreti interessi in gioco e quali i punti in comune al riguardo.

Conseguentemente, concentrando l’attenzione sull’interesse delle parti, il terzo favorisce l’emergere di prospettive in grado di generare soluzioni prima non immaginate. L’idea è uscire dal conflitto mediante soluzioni il più possibile elastiche, capaci di ridurre al minimo gli effetti dannosi della lite (sia economici che relazionali) per ciascuna delle parti, se non addirittura di generare un plus-valore: cosa ben lontana dalla tradizionale concezione di transazione in perdita, ove ognuna delle parti rinuncia a qualche pretesa pur di appianare la lite.

Per la mediation, l’uscita dal conflitto è spesso conseguibile non solo riducendo il danno, ma valorizzando tutti gli interessi delle parti coinvolte, in modo da creare tra loro nuove situazioni o relazioni economiche, cui sarebbe assolutamente impossibile pervenire per effetto di una decisione in sede contenziosa.

Piuttosto dibattuti sono i limiti entro cui il terzo neutrale deve contenere la propria attività rispetto al contenuto dell’eventuale accordo. Si discute, infatti:

  • se a lui spetta effettuare solo un intervento di carattere “maieutico” sulle parti, evitando accuratamente qualsiasi interferenza sulle loro valutazioni in merito al possibile oggetto dell’accordo (facilitative mediation, metodologia secondo cui l’efficacia del mediatore è legata al non-giudizio: ciò implica che egli può naturalmente avere delle opinioni, ma gli è vietato esprimerle all’interno del processo) ovvero
  • se rispetto al contenuto dell’accordo sia anche dato al terzo assumere un atteggiamento propositivo, ma mai invasivo o impositivo (evaluative mediation), e solo quando – dopo aver compiuto un’approfondita “fase esplorativa” – la trattativa entra comunque in fase di stallo.

In considerazione della funzione esplicata dal terzo neutrale, emerge che la sua peculiare professionalità consiste essenzialmente nell’assistere in modo adeguato le parti durante la citata “fase esplorativa”, favorendo la comunicazione e la riflessione, senza dispensare giudizi (spesso fastidiosi e controproducenti, anche se dati con le migliori intenzioni).

Competenza dunque ben diversa rispetto alle cognizioni in possesso di chi è il sommo vate della materia su cui verte la contesa.

Neutral evaluation

Con la neutral evaluation (anche detta expert evaluation, e cioè valutazione neutrale, sostanzialmente paragonabile a un parere pro veritate espresso in sede riservata), le parti chiedono semplicemente ad un terzo di esprimere un’opinione – riservata e non vincolante – su un determinato fatto ovvero un problema di natura tecnica ovvero una questione giuridica.

Da non confondersi con l’expertise (invece piuttosto vicino alla perizia contrattuale), in cui il terzo neutrale non solo assiste le parti che si trovano a confrontarsi su una questione meramente tecnica, da cui può scaturire una controversia, ma – se richiesto – decide anche la questione sottopostagli, cosa quest’ultima che può anche avvenire nell’ambito di un procedimento arbitrale, e cioè quando la lite è già insorta nonché sfociata in un contenzioso.

Nella neutral evaluation, dunque, il terzo neutrale è chiamato ad esprimere la propria opinione circa la specifica questione che gli è sottoposta dalle parti, dichiarando infine quale può essere la soluzione corretta sul piano tecnico o giuridico, a seconda della natura del quesito sottopostogli.

Dunque, si tratta di un giudizio (seppure non vincolante ed espresso in via riservata) che conduce ad individuare la soluzione vera o giusta, anticipando così l’esito della valutazione cui si potrebbe pervenire in sede contenziosa.

In tale contesto, peraltro, il mediatore può coerentemente rendere il proprio parere finale dopo aver tentato di esperire una valutazione congiunta del caso insieme alle parti. Ciò rappresenta un’ulteriore potenzialità della tecnica in esame.

Quanto sino ad ora illustrato non viene smentito dalla circostanza che nella evaluative mediation al terzo neutrale è comunque consentito rivelare una propria valutazione circa la soluzione della controversia.

La coerenza risiede nella circostanza che nella evaluative mediation siffatta attività si fonda su presupposti completamente diversi: solo qualora la negoziazione tra le parti si trovi in fase di grave stallo (va sottolineato: unicamente in tale specifica circostanza!), il terzo può trovarsi chiamato ad esprimere il proprio pensiero su come risolvere la controversia, calibrando tuttavia tale opinione in base a quello che – durante le discussioni da lui condotte – è emerso essere il reale interesse comune ai litiganti.

Focalizzando allora l’attenzione esclusivamente su quest’ultimo, il mediatore potrebbe anche proporre un’ipotesi di accordo che trascende addirittura dalla materia oggetto del contendere: in altre parole, se volessimo equiparare la lite ad una malattia, egli tende a proporre una soluzione che ne cura la causa e non il sintomo.

Ciò spesso conduce il mediatore ad elaborare una proposta di soluzione che ben può allontanarsi da quello che sarebbe l’esito di un giudizio dove, anziché guardare all’interesse delle parti, necessariamente si decide il caso controverso secondo diritto, nei limiti della domanda giudiziale e sulla base di quanto accertato essere la realtà processuale durante la fase istruttoria. In tal modo, sovente il giudice cura solo il sintomo della malattia.

Nella facilitative mediation, invece, al mediatore è addirittura precluso proporre alle parti un qualunque tipo di soluzione che sia frutto di una sua elaborazione personale. Una volta fatto emergere cosa è di comune interesse alle parti, egli deve limitarsi a condurre la discussione formulando ipotesi di ragionamento quanto mai aperte, in modo tale che siano gli stessi contendenti ad individuare come risolvere le cause del loro conflitto.

In definitiva: nella mediation la proposta del terzo è un elemento meramente eventuale e non ne rappresenta affatto l’aspetto caratterizzante, riconducibile invece alla “fase esplorativa”. Se il mediatore trascura quest’ultima per concentrarsi invece nell’elaborare una proposta, egli travisa il proprio compito, che forse non ha nemmeno ben compreso.

Adjudication

Decisamente diverse, se non antitetiche rispetto a quanto sino ad ora illustrato, sono invece le caratteristiche di un’altra metodologia, l’adjudication. Essendo tendenzialmente paragonabile a un giudizio sommario, ove il valore privilegiato è la celerità nella decisione, tale sistema conduce a una valutazione sul merito del conflitto, che non solo non è mai riservata, ma – a seconda di come viene disciplinato il meccanismo – può condizionare in modo significativo l’eventuale successivo giudizio in sede contenziosa ovvero può addirittura assumere valore vincolante fra le parti (in tale seconda ipotesi gravando i dissenzienti dell’onere di esperire particolari impugnazioni, al fine di sottrarsi a siffatto effetto).

Ferme tali fondamentali differenze, anche nella tecnica di adjudication il mediatore è chiamato a stabilire, a seconda della propria specifica competenza in materia, qual è sul piano tecnico o giuridico la soluzione corretta di una vertenza. Sotto quest’ultimo aspetto, allora, l’attività del mediatore che pratica una adjudication tende ad assomigliare a quella di chi effettua una expert evaluation, ma non si identifica del tutto.

Infatti, stante il profondo divario tra le caratteristiche di fondo delle due citate metodologie, il primo deve rigorosamente garantire il rispetto del principio del contraddittorio (che pare incompatibile con lo svolgimento di incontri separati tra mediatore e singole parti), mentre ciò non rappresenta un problema troppo assillante per il secondo, essendo piuttosto suo compito l’assicurare un trattamento equilibrato alle parti, le quali trovano nella riservatezza e nella neutralità della metodologia la garanzia avverso la formulazione di un parere che potrebbe risultare non condivisibile, a causa delle circostanze in cui il mediatore ha raccolto gli elementi per fondare la propria valutazione.

Il ruolo del terzo

Mediation
  • Assistere in modo adeguato le parti durante la citata “fase esplorativa”, favorendo la comunicazione e la riflessione, senza dispensare giudizi
Neutral evaluation
(Expert evaluation
)
  • Esprimere un giudizio (non vincolante, espresso in via riservata) che conduce alla soluzione vera o giusta, anticipando l’esito della valutazione cui si potrebbe pervenire in sede contenziosa
  • Paragonabile a un parere pro veritate espresso in sede riservata, le parti chiedono ad un terzo, esperto nella materia controversa, di esprimere un’opinione
Adjudication
  • Garantire il rispetto del principio del contraddittorio (che pare incompatibile con lo svolgimento di incontri separati tra mediatore e singole parti)
  • Paragonabile a un giudizio sommario, si privilegia la celerità nella decisione
  • La valutazione sul merito del conflitto (mai riservata) può condizionare in modo significativo l’eventuale successivo giudizio in sede contenziosa, o può assumere valore vincolante fra le parti