OCM Vino e consumatori

Le norme sulla OCM Vino  contengono alcuni elementi in grado di attribuire alle organizzazioni degli assaggiatori – quali l’ONAV – una rilevante funzione con riferimento a uno dei momenti più significativi e delicati dell’intero meccanismo di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche: la procedura per il loro riconoscimento ovvero per la loro cancellazione (OCM Vino e consumatori).


La tutela del consumatore rappresenta un elemento giustificativo e – conseguentemente – un obiettivo dell’intera disciplina. Sebbene tale presupposto sussistesse già in passato, i protagonisti della scena erano però i soli produttori e le loro associazioni professionali.
Il loro ruolo appariva peraltro perfettamente legittimo, dato che la normativa era dettata anche nel loro interesse e andava a disciplinare tutti gli aspetti sensibili della loro attività aziendale e delle loro relazioni economiche.

La tutela del consumatore, invece, veniva assicurata essenzialmente mediante l’attività delle autorità amministrative competenti in materia, a livello sia nazionale sia comunitario, nonché dei vari organismi privati di controllo. Ciò continua a valere anche tutt’oggi, ma – ed è questa la novità – non in modo così assoluto.

Al fine di controbilanciare un poco i poteri molto ampi giustamente riservati ai produttori, la riforma in esame consente ai consumatori – ma forse non solo a loro – di intervenire nell’ambito della procedura per la registrazione, la modificazione ovvero la cancellazione delle indicazioni di qualità. Le stesse facoltà spettano forse anche alle organizzazioni degli assaggiatori.

Per ciascuna di dette operazioni – relative a un’indicazione di qualità riconducibile a uno Stato membro – la procedura è oggi strutturata su due livelli:

  • dapprima  dinanzi alle competenti autorità nazionali
  • successivamente avanti la Commissione, che chiude l’intero procedimento con una propria decisione sull’istanza pendente.

Qualora si tratti invece di un’indicazione di qualità appartenente ad uno Stato terzo, tutto avviene invece solo in sede comunitaria.

Nella fase nazionale preliminare, relativa all’esame di una di dette domande, “ogni persona fisica o giuridica avente un legittimo interesse … può fare opposizione alla proposta presentando allo Stato membro una dichiarazione debitamente motivata”, a condizione che detto soggetto sia stabilito o residente sul territorio di tale paese. Allo scopo, è altresì previsto che la domanda in questione venga adeguatamente pubblicizzata e sussista un termine congruo (almeno 2 mesi) per la presentazione delle opposizioni.

Superato favorevolmente tale stadio, si apre la fase comunitaria centralizzata. In tale contesto, dopo una nuova pubblicizzazione della domanda pendente, è nuovamente previsto che “ogni persona fisica o giuridica avente un legittimo interesse” possa opporsi, in questo caso a condizione che tale soggetto sia stabilito o residente in uno Stato membro diverso da quello cui è riconducibile l’indicazione di qualità ovvero in un paese terzo Art.40, comma 1, del regolamento CE del Consiglio n.479/2008, cit. Segue la decisone finale adottata dalla Commissione.

Per quanto poi concerne le domande di cancellazione, è altresì stabilito che “su richiesta debitamente motivata … di persona fisica o giuridica avente un legittimo interesse”, può essere adottata tale decisione. Così sancisce il regolamento “base” del Consiglio (n. 479/2008/CE), senza nulla specificare in merito alla natura dell’interesse che conferisce la legittimazione a presentare sia le opposizioni alle registrazioni concernenti nuove indicazioni di qualità, sia le domande per la cancellazione di indicazioni  già riconosciute. Pure nulla viene detto in merito ai dettagli dell’analoga procedura per tutelare le menzioni tradizionali.

Iniziamo a rilevare che, sebbene legittimati a presentare le domande di protezione per le indicazioni di qualità siano le sole associazioni dei produttori, al loro fianco è prevista lacompartecipazione di “altre parti interessate”.

Maggiori elementi si evincono dalle norme che stabiliscono il contenuto delle domande di protezione. Queste ultime vanno infatti corredate con un fascicolo tecnico, contenente ildisciplinare di produzione, il quale rappresenta il fulcro per l’intero sistema delle indicazioni di qualità. Orbene, il disciplinare in questione deve permettere “agli interessati di verificare le condizioni di produzione relative alla denominazione di origine o all’indicazione geografica”, contenendo fra l’altro le seguenti indicazioni.

In ogni caso, la delimitazione della relativa zona geografica; le rese massime per ettaro; l’indicazione delle varietà di uva con cui il vino è ottenuto. Inoltre, se il vino è a denominazione di origine, esso va descritto, indicando le sue principali caratteristiche analitiche ed organolettiche. Bisogna poi evidenziare gli elementi in virtù dei quali le sue qualità sono essenzialmente  o esclusivamente riconducibili all’ambiente geografico ove è prodotto.

Se il vino è invece ad indicazione geografica, la sua descrizione prevede sempre di citarne le principali caratteristiche analitiche, mentre per quelle organolettiche basta una loro semplice valutazione o indicazione. Va poi esplicitata la ragione per cui la qualità, la notorietà ovvero altre caratteristiche del prodotto discendono dalla sua origine geografica.

Da suddetta previsione, sembra evincersi che i soggetti “interessati” non sono unicamente i concorrenti dei produttori beneficiari dell’indicazione di qualità, e cioè coloro che sul medesimo territorio vinificano senza rispettare il disciplinare ovvero che, a prescindere dal luogo di produzione, hanno diritto a fregiare i loro vini con indicazioni di qualità o marchi omonimi.

A ben vedere, si direbbe che i soggetti in questione nemmeno si limitano ai titolari di un mero interesse economico, ma si identificano con i portatori dell’interesse stesso che ha giustificato l’adozione delle  norme sulle indicazioni di qualità: dunque non solo i produttori, ma anche i consumatori, entrambe posti sul medesimo piano! Valga infatti ricordare che le regole sulle tecniche di cantina, sulle denominazioni di origine e indicazioni geografiche, sull’etichettatura “sono basate sulla protezione dei legittimi interessi dei consumatori e dei produttori”.

Alla luce di quanto sopra, dunque, sembra lecito sostenere che le associazioni dei consumatori siano pienamente legittimate ad intervenire in opposizione nelle procedure per il riconoscimento di nuove indicazioni di qualità nonché a promuovere la cancellazione di quelle già esistenti.

In tale ottica, allora, detta legittimazione a maggior ragione andrebbe forse attribuita alle associazioni che hanno come scopo sociale promuovere e tutelare le tradizioni enogastronomiche ovvero si occupano della valutazione organolettica dei vini. Ciò a condizione che il loro statuto consenta di esperire simile intervento: si tratta però di un ostacolo meramente interno all’associazione e, dunque, superabile.

Ammettere la legittimazione in questione gioverebbe anche al buon esito della fase istruttoria davanti alla Commissione concernente l’esame delle domande di protezione o di cancellazione delle indicazioni di qualità. In tale sede, infatti, l’apporto delle associazioni dei consumatori e di quelle equiparabili contribuirebbe verosimilmente a raggiungere un risultato il più oggettivo possibile, posto che le opposizioni alle richieste di protezione ovvero le istanze di cancellazione vanno debitamente motivate, fornendo informazioni dettagliate sui fatti e sulle prove rilevanti.

Siffatto contributo alla fase istruttoria potrebbe verosimilmente incentrarsi sulla descrizione dell’interazione causale fra il territorio e le caratteristiche del prodotto, per quanto concerne le domande di protezione (così evitando il fenomeno delle indicazioni di qualità esistenti solo “sulla carta”, frutto di creazione sul piano amministrativo per mera volontà politica locale, ma senza una reale corrispondenza nel mondo produttivo) ovvero sull’effettivo rispetto del disciplinare, per quanto concerne quelle di cancellazione. Va infatti ricordato che su siffatte materie la Commissione non è dotata di poteri d’indagine autonomi, ma decide sempre  “in base alle prove di cui dispone”.

Una strada da seguire?

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