Caratteristica comune alle metodologie – strumenti ADR è quella di non imporre in alcun modo alle parti la soluzione per la loro lite.
La mediation si basa sulla negoziazione della lite con l’assistenza di un terzo neutrale, che favorisce l’efficacia della discussione. Quest’ultima viene condotta in modo da evitare di incentrare il discorso sullo stabilire cosa sia vero o falso e su cosa sia giusto o ingiusto, siccome ciò condurrebbe a ridurre ogni soluzione negoziale a un mero compromesso frutto di trattative condotte sui confini di quelle che le parti reputano le «vere» questioni.
L’obiettivo è invece l’ampliamento della comunicazione tra le parti del conflitto, attraverso lo scambio di nuove informazioni e il coinvolgimento di nuovi soggetti (almeno il terzo neutrale), in modo da far emergere le reali ragioni del conflitto. Così procedendo, le parti vengono liberate dagli schemi mentali utilizzati sino a quel momento nel conflitto, giacché il terzo indirizza i litiganti ad individuare quali sono i loro concreti interessi in gioco e quali i punti in comune al riguardo.
Conseguentemente, concentrando l’attenzione sull’interesse delle parti, il terzo favorisce l’emergere di prospettive in grado di generare soluzioni prima non immaginate. L’idea è uscire dal conflitto mediante soluzioni il più possibile elastiche, capaci di ridurre al minimo gli effetti dannosi della lite (sia economici che relazionali) per ciascuna delle parti, se non addirittura di generare un plusvalore: cosa ben lontana dalla tradizionale concezione di transazione in perdita, ove ognuna delle parti rinuncia a qualche pretesa pur di appianare la lite.
In altre parole: per la mediation, l’uscita dal conflitto è spesso conseguibile non solo riducendo il danno, ma valorizzando tutti gli interessi delle parti coinvolte, in modo da creare tra loro nuove situazioni o relazioni economiche, cui sarebbe assolutamente impossibile pervenire per effetto di una decisione in sede contenziosa.
Piuttosto dibattuti sono i limiti entro cui il terzo neutrale deve contenere la propria attività rispetto al contenuto dell’eventuale accordo. Si discute, infatti:
- se a lui spetta effettuare solo un intervento di carattere «maieutico» sulle parti, evitando accuratamente qualsiasi interferenza sulle loro valutazioni in merito al possibile oggetto dell’accordo (facilitative mediation)
- ovvero se al terzo sia anche dato assumere un atteggiamento propositivo – ma mai invasivo o impositivo – sui termini stessi della transazione (evaluative mediation).
Ciò in definitiva conduce a individuare due diverse forme di mediation: l’importante comunque è che le parti conoscano in anticipo esattamente a quale meccanismo si sottopongono.
Nel mini-trial si chiede invece ad un terzo neutrale di assistere alla sintetica presentazione delle argomentazioni di ciascuna parte circa il fondamento della propria posizione e, soprattutto, delle relative prove, come se i litiganti si trovassero dinanzi ad un giudice.
Sulla base di quanto così emerso, il terzo neutrale – sempre in un contesto assolutamente riservato – esprimerà una valutazione sulle posizioni assunte da ciascuna parte. Queste ultime saranno così libere di aderirvi o meno.
Una variante prevede che il terzo tenti anche di comporre la controversia mediante un’ipotesi di risoluzione accettabile per tutte le parti, utilizzando magari all’uopo le tecniche di mediation.
Spesso, per rafforzare l’efficacia del mini-trial quando la lite coinvolge società con struttura organizzativa interna complessa, si chiama ad assistere all’esposizione un collegio formato da un terzo neutrale nonché da un manager di ciascuna parte, che non abbia partecipato ai fatti oggetto della controversia e sia dotato del potere di vincolare la propria società mediante un accordo negoziale. In tali circostanze, i managercosì coinvolti avranno la possibilità di formarsi un’opinione autonoma sul caso, potendone ottenere una visione complessiva e non condizionata da presentazioni parziali o volutamente omissive, come verosimilmente accadrebbe invece se essi venissero informati sulla lite solo da fonti interne alla loro rispettiva azienda.
Altre varianti sono il summary jury trial, ove la discussione è svolta dinanzi ad una giuria, tutta composta da soggetti terzi, ed il moderated settlement conference, in cui i difensori delle parti presentano le loro argomentazioni ad un collegio di giuristi.
Diversa è la neutral evaluation (valutazione neutrale) dove le parti chiedono semplicemente ad un terzo di esprimere un’opinione – riservata e non vincolante – su un determinato fatto ovvero un problema di natura tecnica ovvero una questione giuridica.
Da non confondersi con l’expertise, dove invece il terzo neutrale non solo assiste le parti che si trovano a confrontarsi su una questione meramente tecnica, da cui può scaturire una controversia, ma – se richiesto – decide anche la questione sottopostagli, cosa quest’ultima che può anche avvenire nell’ambito di un procedimento arbitrale, e cioè quando la lite è già insorta nonché sfociata in un contenzioso.
Un particolare meccanismo ibrido, il Med-Arb (Mediation-Arbitration), a cavallo tra i sistemi veri e propri di A.D.R. (dove in definitiva il terzo non impone mai una decisione che non sia voluta dalle parti) e l’arbitrato (dove la lite è risolta mediante un lodo vincolante per i litiganti, che si sono limitati ad accettare la competenza giurisdizionale del soggetto cui è demandata la decisione, da assumere nel contesto di un procedimento – solitamente costoso – ove sia adeguatamente garantito il diritto alla difesa).
In realtà, è proprio la scarsissima applicazione pratica del Med-Arb che spinge a illustrarlo, perché appariranno palesi le analogie con il tentativo di conciliazione svolto in udienza dal magistrato incaricato di decidere la lite con sentenza. Nel Med-Arb, infatti, il terzo neutrale inizia una mediation e, qualora le parti non si accordino, egli stesso – cambiato immediatamente ruolo – decide infine la lite mediante un lodo arbitrale.
La disaffezione verso questo meccanismo discende dalla circostanza che le parti non si trovano infatti in condizione di parlare liberamente dinanzi al terzo che momentaneamente agisce quale mediatore poiché, in caso d’insuccesso di questa prima fase della procedura, quest’ultimo passerà a giudicarle, previa la formale istruzione del caso.