La donazione immobiliare può rappresentare un ostacolo sul piano pratico alla successiva commercializzazione dei beni (terreni, alloggi, capannoni, …) che sono stati oggetto di tale atto di liberalità.
Al momento di donare, infatti, ci si deve domandare se ciò non comporti una lesione delle quote di legittima che spettano ai futuri eredi del donatore stesso.
Quand’anche tale lesione non sia ravvisabile, per cui si può da subito escludere che dopo la morte del donatore insorgano contestazioni sulla validità dell’atto (si pensi al caso in cui dona il genitore superstite di un figlio unico), l’ostacolo alla commercializzazione del bene donato persiste comunque.
In effetti, ancora per vari anni dopo la morte del donante, i terzi – e cioè coloro che vorrebbero entrare in affari con chi ha ricevuto il bene in donazione, acquistandolo ovvero iscrivendogli sopra un’ipoteca volontaria a fronte dell’erogazione di un mutuo – non hanno la totale certezza che la donazione sia pienamente valida (nell’esempio che si è fatto, i terzi potrebbero temere che si faccia avanti un figlio illegittimo del donante, rimasto sconosciuto sino alla sua morte).
Le norme, volte a tutelare gli interessi degli eredi legittimari (e cioè quelli che non possono essere completamente “diseredati”, quali il coniuge, i figli e gli ascendenti) sono le seguenti:
Art. 561. Restituzione degli immobili.
Gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario o il donatario può averli gravati, salvo il disposto del n. 8 dell’articolo 2652. I pesi e le ipoteche restano efficaci se la riduzione è domandata dopo venti anni dalla trascrizione della donazione, salvo in questo caso l’obbligo del donatario di compensare in denaro i legittimari in ragione del conseguente minor valore dei beni, purché la domanda sia stata proposta entro dieci anni dall’apertura della successione. Le stesse disposizioni si applicano per i mobili iscritti in pubblici registri.
I frutti sono dovuti a decorrere dal giorno della domanda giudiziale.
Art. 563. Azione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione.
Se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario, premessa l’escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell’ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi, la restituzione degli immobili.
L’azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l’ordine di data delle alienazioni, cominciando dall’ultima. Contro i terzi acquirenti può anche essere richiesta, entro il termine di cui al primo comma, la restituzione dei beni mobili, oggetto della donazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede.
Il terzo acquirente può liberarsi dall’obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l’equivalente in danaro.
Salvo il disposto del numero 8) dell’articolo 2652, il decorso del termine di cui al primo comma e di quello di cui all’articolo 561, primo comma, è sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione. Il diritto dell’opponente è personale e rinunziabile. L’opposizione perde effetto se non è rinnovata prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione.
art.2652 c.c. – Domande riguardanti atti soggetti a trascrizione. Effetti delle relative trascrizioni rispetto ai terzi.
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8) le domande di riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie per lesione di legittima.
Se la trascrizione è eseguita dopo dieci anni dall’apertura della successione, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda.
Di conseguenza, in assenza di trascrizioni in conservatoria aventi per oggetto la domanda giudiziale di riduzione della donazione di un immobile per lesione della quota di legittima, solo dopo 10 anni dall’apertura della successione i terzi possono confidare sulla “tenuta” dell’atto di donazione stesso e, conseguentemente, possono acquistarlo ovvero iscrivere ipoteca sullo stesso senza temere di vedere poi tutto annullato.
A meno che, nel momento in cui viene chiesta la riduzione, non siano già trascorsi 20 anni dalla data di trascrizione dell’atto di donazione. Anche in tale ipotesi, infatti, i terzi vedono salvi i diritti da loro acquisiti a titolo oneroso.
Qualora non sia ancora trascroso il tempo sufficiente a porli “fuori pericolo”, comunque, i terzi non subiscono automaticamente la perdita dei diritti da loro acquisti sui beni di cui il de-cuius aeva disposto violando le quote di legittima. I terzi, infatti, si trovano a soccombere solo qualora l’erede “bistrattato” non riesca a soddisfare le proprie ragioni agendo sul patrimonio del donatario che aveva beneficiato dell’atto di liberalità ai danni dell’erede stesso.
Va altresì ricordato che l’art.563 c.c. è applicabile non solo alle alienazioni compiute dai donatari, ma anche a quelle fatte da eredi testamentari o da legatari.
Ciò in base ai principi sanciti dalla Cassazione nella sentenza del 22 marzo 2001, n. 4130:
Riepilogando, sebbene il codice preveda espressamente l’ipotesi della alienazione dei beni da parte del donatario e la proposizione dell’azione di restituzione contro i terzi acquirenti dei beni, soltanto dopo l’escussione dei beni del donatario (art. 563 comma 1 cod. civ.); in virtù della medesima ratio, che è quella di predisporre i mezzi per integrare la quota di riserva, gli stessi principi e le stesse regole si applicano al caso non disciplinato dell’alienazione, da parte dell’erede o del legatario, dei beni, i quali hanno formato oggetto delle disposizioni testamentarie, che hanno leso la legittima. Pertanto, nel caso in cui, esercitata l’azione di riduzione, i beni siano stati alienati dagli eredi e dai legatari e l’escussione nei loro confronti si sia rivelata insoddisfacente, l’azione di restituzione può proporsi anche nei confronti dei terzi acquirenti
A quanto sopra si aggiunge che, per effetto dell’art.2929 bis c.c. recentemente introdotto a tutela dei creditori, questi ultimi possono sottoporre a pignoramento i beni oggettto di alienazione gratuita (e quindi quelli donati) entro un anno dalla trascrizione in conservatoria dell’atto dispositivo, anche se al momento del pignoramento i creditori del donante ancora non dispongono di una sentenza revocatoria, che rende cioè inefficace l’atto dispositivo dal donante, perché posto in essere da quest’ultino ai fini di depauperare il proprio patrimonio ai danni dei creditori stessi.