Approccio sistemico in mediazione

 

L’approccio sistemico in mediazione implica guardare ad una situazione da molti punti di vista, senza cercare di semplificare il contesto utilizzando un approccio unificatore. La relazione tra le parti (in conflitto o coinvolte in una trattativa) è troppo complessa perché possa essere compresa mediante un unico approccio lineare.


L’approccio sistemico in mediazione segue le seguenti linee guida.

Non aprire il ciclo di controllo

I controlli a ciclo aperto (senza retroazione) richiedono modelli complicati e reagiscono male a situazioni anomale. Le domande del mediatore sono punture di spillo che provocano reazioni (retroazione) fornendo così un potente strumento per verificare il procedere corretto dell’azione di comprensione e di facilitazione della comunicazione tra le parti in conflitto.

Prestare attenzione all’allocazione delle amplificazioni

Individuare le componenti (comportamenti, affermazioni, esagerazioni) che hanno maggiore influenza sul conflitto inteso come loop negativo, binario ripetitivo di azione-reazione sul quale si è irrigidito il rapporto tra le parti.

Ripristinare l’equilibrio nella comunicazione con azioni locali

Attraverso il meccanismo di retroazione, l’armonia della relazione (vista come un sistema) non è responsabilità di un particolare supervisore, ma di ciascuna delle parti. Il mediatore agisce quindi all’inizio come agente destabilizzatore (destrutturante) del loop negativo aiutando le parti a inserire nuovi input nel sistema.

Conservare i vincoli

Il mediatore accetta i comportamenti e i dati imperfetti e incongruenti rispetto alle strategie esplicitate dalle parti e rispetto a ogni procedura/sapere codificato. Crea un clima accogliente e protetto, interagendo in modo armonico e non aggressivo con le parti e con il co-mediatore il quale lo segue riconoscendogli il ruolo di guida nella mediazione.

Variare per meglio unificare

La raccolta e la combinazione di un numero maggiore di informazioni sulla relazione viene privilegiata rispetto all’applicazione di regole codificate (siano esse giuridiche, tecniche o derivate dall’esperienza). Ciò crea complessità e dà origine a un sistema di un livello superiore, più articolato e più ricco.

Non bisogna rimuovere gli antagonismi pretendendo di trovare subito una soluzione unificante: imporre una soluzione a livello troppo locale irrigidisce il sistema, porla a un livello troppo alto (regola astratta) rende impossibile il compromesso.

Farsi sistema e rilevare i cambiamenti

Il mediatore deve poter apprendere essendo adattivo, non pretendendo che ciascuna parte del conflitto si immedesimi nell’altra e riconosca le ragioni dell’altra, bensì immedesimandosi lui stesso nelle ragioni di ciascuna delle parti. Il riconoscimento del valore di ciascuna parte e del suo “posto” nel processo (empowerment) deve essere effettuato, in primo luogo, dal mediatore.

Concentrarsi sugli scopi piuttosto che sulle tecniche

Il sistema deve avere uno scopo. Il mediatore non si concentra sulle tecniche da applicare al conflitto per giungere a un accordo, ma cerca anzitutto di far emergere la struttura / lo scopo della relazione intesa come sistema. Ciò permette al mediatore di saggiare, in un secondo tempo, l’uso di componenti  ridondanti: ipotesi, opzioni, soluzioni che hanno il medesimo scopo, ma funzionano in modo differente.

Mappare i flussi di comunicazione

Il mediatore studia i flussi di comunicazione tra le parti per avere una visione dinamica il più possibile ampia del sistema/conflitto e delle relazioni nel cui contesto esso si colloca e con le quali interagisce.

Vengono poi prese in considerazione tutte le informazioni possibili: verbali, paraverbali, non verbali, relative a soggetti non presenti, a comportamenti, valori, credenze, competenze, a modalità di approccio con la realtà di ciascuna delle parti coinvolte nel conflitto.

Rispettare i ritardi, prendersi il tempo necessario

I ritardi temporali sono importanti per scoprire nuovi vincoli, nuovi aspetti della relazione, nuove informazioni. Il mediatore non ha fretta.
Stabilisce un’agenda, ascolta, non spinge le parti a trovare subito un accordo, non affronta subito la questione che lui ritiene (o che le parti dicono essere) essenziale. Conduce un percorso a spirale di esplorazione che usa la divagazione come modalità di comunicazione.

Le cose hanno un loro tempo di maturazione con il quale il mediatore non interferisce, rispettoso della diversità della mappa di ciascuno e della complessità del problema