Gli accordi della UE con Cina e Giappone per la tutela di alcune DOP(Accordo UE-Cina tutela DOP IGP)
Nell’anno 2019 l’Unione Europea ha concluso due accordi internazionali – uno con la Cina (Accordo UE-Cina tutela DOP IGP) e l’altro con il Giappone (Accordo UE-Giappone tutela DOP IGP) – che aggiungono nuovi nodi ad una rete di appositi trattati internazionali, pazientemente tessuta al fine di salvaguardare nel mondo le nostre DOP e IGP.
Cerchiamo innanzitutto di capire perché tali accordi sono indispensabili.
I nomi geografici, costituenti DOP ovvero IGP, sono protetti – quando ciò avviene, ma non è cosa scontata nel mondo! – per effetto di norme giuridiche, le quali esplicano però effetto unicamente sul territorio dell’ordinamento che le prevede. Va da sé che, più è ampio il territorio dell’ordinamento giuridico in questione, maggiore è l’estensione geografica delle zone ove vige siffatta tutela.
In buone sostanza, i confini nazionali rappresentano un grave ostacolo alla tutela in questione.
In Europa, tale problema è stato risolto – con notevole efficacia! – proprio grazie alle norme comunitarie: facendo discendere da esse la protezione di DOP e IGP, i confini nazionali all’interno dell’Unione non ledono minimamente la loro tutela. In altre parole, in virtù del diritto comunitario, una denominazione italiana è protetta nello stesso modo tanto in Italia, quanto in Francia, quanto in Germania, e così via in tutti gli altri Paesi dell’Unione.
La protezione, peraltro, è molto estesa, siccome essa vieta (art.103 del Regolamento 1308/2013/UE) – fra l’altro – di ledere le DOP e le IGP con «qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto o servizio è indicata o se il nome protetto è una traduzione, una trascrizione o una traslitterazione o è accompagnato da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione”, “gusto”, “come” o espressioni simili».
Superando i confini dell’Unione Europea, ciò viene meno.
L’unica possibilità, per mantenere una certa tutela, è che anche gli Stati non facenti parte dell’Unione riconoscano sul loro territorio una qualche protezione a DOP e IGP comunitarie.
E’ vero che gli Accordi TRIPS, conclusi in sede dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, comportano l’obbligo per tutti gli Stati aderenti di proteggere le denominazioni di origine (ma non le indicazioni geografiche!), ma è parimenti vero che detti accordi sono assai poco efficaci.
Per rimediare, non restava che stringere appositi trattati con i singoli paesi.
Per farlo è tuttavia necessario disporre di molto potere negoziale: forza che l’Italia – da sola – avrebbe in misura alquanto limitata.
A partire dagli anni ‘90, dunque, l’Unione Europea ha gradatamente concluso molteplici accordi in materia con molti altri Stati – fra cui: U.S.A., Canada, Sud Africa, Cile, Australia, … – per vedere protette sul loro territorio le nostre DOP e IGP, così intessendo una vera e propria “rete” in loro difesa.
In buona sostanza: è grazie all’Unione Europea che le nostre DOP e IGP vengono tutelate in gran parte del mondo con una certa effettività.
Siffatta “rete” presentava però due preoccupanti buchi, adesso in qualche modo tappati: mancavano infatti la Cina ed il Giappone.
Il tema era particolarmente cruciale per i produttori europei, giacché per noi le denominazioni di origine rappresentano un patrimonio economico assolutamente significativo. Tuttavia, negli ultimi anni anche la Cina – volendo entrare sempre più nel mondo del commercio internazionale – ha iniziato a riconoscere alcune denominazioni di origine del proprio territorio (la prima riguarda le lingue d’oca).
E’ però errato pensare che tale complesso sistema di protezione sia omogeneo.
Ad esempio, l’Accordo tra UE ed USA verte esclusivamente sul commercio del vino: esso pertanto tutela in modo abbastanza esteso le DOP europee relative a tale settore, ma esclude quelle dei prodotti alimentari. Lo stesso dicasi per i trattati con l’Australia, la Repubblica Sudafricana ed il Cile.
Per contro, il recente Accordo con la Cina concerne anche le DOP alimentari. Tuttavia, le DOP europee che ne beneficiano – vedendo così riservata sia la loro espressione in caratteri latini che la loro traslitterazione in ideogrammi cinesi – sono al momento relativamente poche, e cioè solo un centinaio, di cui ben 26 italiane.
Ecco quali sono queste ultime: Aceto Balsamico di Modena, Asti, Barbaresco, Bardolino Superiore, Barolo, Brachetto d’Acqui, Brunello di Montalcino, Chianti, Conegliano-Valdobbiadene Prosecco, Dolcetto d’Alba, Franciacorta, Montepulciano d’Abruzzo, Soave, Toscano/Toscana, Vino Nobile di Montepulciano (per quanto concerne i vini); Grappa (in relazione ai liquori); Asiago, Bresaola della Valtellina, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Prosciutto di Parma, Prosciutto San Daniele, Taleggio (DOP alimentari).
Di certo, dette DOP sono tra le nostre più significative, il che è un gran successo. Però il loro numero è comunque modesto, per cui è da augurarsi che l’attuale accordo con la Cina rappresenti un primo passo per una tutela numericamente più diffusa. In effetti, nell’Unione Europea sono tutelate ben 573 DOP e 248 IGP italiane (di cui, rispettivamente, 167 e 130 agroalimentari nonché 406 e 118 per i vini)!
Anche il recente ampio accordo commerciale tra Unione Europea e Giappone, che tra le sue molteplici pattuizioni prevede pure la protezione delle rispettive DOP, non rappresenta una misura di loro generale salvaguardia, essendo limitato il numero delle denominazioni di origine che ne beneficiano.
Per quanto concerne le DOP italiane, il Giappone ha accettato di proteggere sul proprio territorio – oltre a tutte quelle oggetto dell’accordo tra UE e Cina – anche i seguenti ulteriori nomi geografici o di prodotti: Sicilia, Soave, Valpolicella, Vernaccia di San Gimignano, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Gasparossa di Castelvetro, Marsala, Montepulciano di Abruzzo, Campania, Bolgheri / Bolgheri Sassicaia, Bardolino / Bardolino Superiore (con riferimento ai vini); Fontina, Mela Alto Adige / Südtiroler Apfel, Mortadella Bologna, Pecorino Toscano, Prosciutto Toscano, Provolone Valpadana, Taleggio, Zampone Modena.
Inoltre, sia l’accordo con la Cina sia quello con il Giappone – al pari di molti altri accordi internazionali – esplicano i loro effetti solo in favore dei citati nomi geografici, lasciando invece scoperte le relative sotto-zone ed indicazioni geografiche aggiuntive, che nemmeno sono tutelate (proprio perché sono cosa diversa dalle denominazioni), ma semplicemente consentite dalla legislazione dell’Unione Europea sull’organizzazione comune dei mercati e che trovano il loro fondamento nel Testo Unico Vino del nostro paese (il che implica una protezione molto più limitata e flebile).
Pure le menzioni tradizionali connesse alle denominazioni coperte dai nuovi accordi con Cina e Giappone non trovano protezione, ma ciò vale anche per molti altri accordi internazionali sul commercio del vino conclusi dalla UE (fanno eccezione quelli con l’Australia ed il Cile), mentre all’interno della Unione esse sono salvaguardate. Anzi, il relativo livello di protezione è aumentato con l’adozione del regolamento della Commissione 33/2019, che ha sostanzialmente assimilato la portata della protezione per le menzioni a quella per le dominazioni (fatta salva la differenza che le prime sono tutelate solo nella versione linguistica con cui sono registrate, mentre per le seconde la tutela copre anche la loro espressione nelle altre lingue dell’Unione).
Insomma, questi due nuovi accordi internazionali – che vanno sicuramente apprezzati e ben accolti! – iniziano forse a connotare una sorta di differenziazione all’interno delle stesse DOP e IGP, sostanzialmente ricollegabile al peso economico delle rispettive produzioni.
Chi realizza quelle attualmente escluse dalla protezione, dovrà quindi prestare attenzione all’evoluzione della situazione, per capire se in futuro essa si consoliderà alle restrittive attuali condizioni ovvero si assisterà ad una graduale estensione del campo di operatività della tutela di DOP e IGP europee in Cina e Giappone. La questione appare particolarmente delicata per quei produttori che puntano a vedere proprio su tali importanti mercati.
Sempre a fine dell’anno 2019, l’Unione Europea ha compiuto ulteriori passi per perfezionare la propria adesione al cosiddetto “Accordo di Lisbona” (così come modificato da quello successivo di Ginevra), che – in sede WIPO (World Intellectual Property Organization) – ha come obiettivo la tutela sia delle denominazioni di origine, sia delle indicazioni geografiche.
Ciò consente di rafforzare la tutela di DOP e IGP dell’Unione Europea nei seguenti paesi, magari meno rilevanti sul piano dell’export dei nostri vini, ma che – in assenza di tale trattato – avrebbero potuto costituire un “porto sicuro” per eventuali operazioni di contraffazione: Albania, Algeria, Bosnia ed Herzegovina, Burkina Faso, Congo, Costa Rica, Cuba, Repubblica Dominicana, Korea del Nord, Repubblica Dominicana, Gabon, Georgia, Haiti, Iran, Israele, Mexico, Montenegro, Nicaragua, Macedonia del Nord, Peru, Moldavia, Togo e Tunisia.