Etichetta alimento con ingrediente DOP IGP

Come va redatta etichetta alimento con ingrediente DOP IGP?


Nella causa “Champagner sorbet“, la Corte UE è stata chiamata a pronunciarsi su cosa sia lecito indicare su etichetta alimento con ingrediente DOP IGP.

La Corte ha reso la propria sentenza il 20 dicembre 2017.

Ecco le conclusioni in precedenza rese dell’Avvocato Generale.

 


CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

 

 

presentate il 20 luglio 2017 (1)

Causa C‑393/16

Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne

contro

Aldi Süd Dienstleistungs-GmbH & Co.OHG, rappresentata da Aldi Süd Dienstleistungs-GmbH, già Aldi Einkauf GmbH & Co.OHG Süd,con l’intervento di Galana NV,

 

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia tedesca, Germania)]

«Questione pregiudiziale – Organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli – Tutela delle denominazioni di origine protetta – Nozione di sfruttamento della notorietà di una denominazione di origine, di usurpazione, imitazione o evocazione e di indicazioni false o ingannevoli – Prodotto alimentare la cui denominazione corrisponde alla prassi del pubblico di riferimento – Possibilità di indurre in errore il pubblico di riferimento quanto all’origine geografica di un prodotto»


 

1. Una catena di discount tedesca vende un sorbetto contenente champagne, che commercializza con la denominazione «Champagner Sorbet». Ci si chiede se sia lecito operare in tal modo oppure se il produttore e il distributore del sorbetto stanno, in realtà, sfruttando la notorietà del vino spumante francese che gode di una denominazione di origine protetta (in prosieguo: «DOP»).

2. Questa è, in sintesi, la questione che il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia tedesca, Germania) sottopone con il suo rinvio pregiudiziale, in esito al quale dovrà decidere se il Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (in prosieguo: il «CIVC»), che difende gli interessi di tale DOP, abbia fondatamente richiesto l’inibizione della vendita del sorbetto.

3. In alcune recenti conclusioni (2) ricordavo che la Corte ha prodotto una nutrita giurisprudenza sulle DOP e le indicazioni geografiche protette (IGP). La causa in esame le consente di estenderla ai casi in cui un vino spumante (champagne) protetto da una DOP sia incorporato – e sia inserito nella presentazione – come ingrediente di un prodotto alimentare.

4. Per rispondere al giudice del rinvio, la Corte dovrà accertare se «Champagner Sorbet» è, come espone il primo, la denominazione abituale utilizzata in Germania per descrivere un dessert a base di gelato che contiene champagne. Dovrà inoltre approfondire l’interpretazione di norme eterogenee (quelle relative alle DOP, da un lato, e all’etichettatura dei prodotti commestibili, dall’altro) per raggiungere l’equilibrio fra i diritti dei titolari delle DOP e quelli dei produttori dell’alimento, che intendono riportare la sua composizione nella confezione.

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I. Contesto normativo

5. Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia tedesca) fa riferimento sia al regolamento (CE) n. 1234/2007 (3) sia al regolamento (UE) n. 1308/2013 (4), che ha abrogato il primo, malgrado quest’ultimo non sia applicabile ratione temporis alla controversia. L’interpretazione del regolamento n. 1308/2013 sarebbe necessaria per consentire all’azione inibitoria promossa di produrre effetti pro futuro, quando la situazione di fatto debba essere giudicata ai sensi del citato regolamento.

6. Pur non discutendo tale opinione, citerò soltanto le disposizioni del regolamento n. 1234/2007, in quanto applicabile al momento dei fatti controversi e perché i due articoli rilevanti nella fattispecie (il 118 quaterdecies del regolamento n. 1234/2007 e il 103 del regolamento n. 1308/2013) sono simili. Non rilevo alcuna obiezione a trasferire, mutatis mutandis, l’interpretazione del primo al secondo.

A. Regolamento n. 1234/2007

7. Ai sensi dell’articolo 118 quaterdecies («Protezione»):

«1. Le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette possono essere utilizzate da qualsiasi operatore che commercializzi vino prodotto in conformità del relativo disciplinare di produzione.

2. Le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette e i vini che usano tali denominazioni protette in conformità del relativo disciplinare sono protette contro:

a) qualsiasi uso commerciale diretto o indiretto di un nome protetto:

i) per prodotti comparabili non conformi al disciplinare del nome protetto; oppure

ii) nella misura in cui tale uso sfrutti la notorietà di una denominazione di origine o di una indicazione geografica;

b) qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto o servizio è indicata o se il nome protetto è una traduzione o è accompagnato da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione”, “gusto”, “come” o simili;

c) qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali del prodotto usata sulla confezione o sull’imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi al prodotto vitivinicolo in esame nonché l’impiego, per il condizionamento, di recipienti che possono indurre in errore sulla sua origine;

d) qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto.

3. Le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette non diventano generiche nella Comunità ai sensi dell’articolo 118 duodecies, paragrafo 1.

(…)».

8. Il considerando 97 del regolamento n. 1308/2013, che riprende il considerando 32 del regolamento n. 479/2008 (5), con il quale sono state adottate le diposizioni di protezione delle denominazioni di origine introdotte nel regolamento n. 1234/2007 dal regolamento n. 491/2009 (6), recita come segue:

«Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche registrate dovrebbero essere protette dagli usi che sfruttano la notorietà dei prodotti conformi. Per incoraggiare la concorrenza leale e non trarre in errore i consumatori, la protezione dovrebbe essere estesa anche ai prodotti e ai servizi non disciplinati dal presente regolamento, inclusi quelli non compresi nell’allegato I dei trattati».

B. Direttiva 2000/13/CE (7)

9. In materia di etichettatura dei prodotti alimentari, la normativa vigente al momento dei fatti controversi era la direttiva che dà il titolo alla presente sezione (8). Per quanto rilevante nel caso di specie, il suo articolo 3, paragrafo 1, indica quanto segue:

«1. Alle condizioni e con le deroghe previste dagli articoli da 4 a 17, l’etichettatura dei prodotti alimentari comporta soltanto le seguenti indicazioni obbligatorie:

1) la denominazione di vendita;

2) l’elenco degli ingredienti;

3) la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti, come previsto all’articolo 7;

(…)».

10. L’articolo 5, paragrafo 1, così dispone:

«1. La denominazione di vendita di un prodotto alimentare è la denominazione prevista per tale prodotto dalle disposizioni comunitarie ad esso applicabili.

a) In mancanza di disposizioni comunitarie, la denominazione di vendita è la denominazione prevista dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative applicabili nello Stato membro nel quale si effettua la vendita al consumatore finale o alle collettività.

In assenza di queste ultime, la denominazione di vendita è costituita dal nome sancito dagli usi dello Stato membro nel quale si effettua la vendita al consumatore finale o alle collettività o da una descrizione del prodotto alimentare e, all’occorrenza, della sua utilizzazione, che sia sufficientemente precisa da consentire all’acquirente di conoscerne l’effettiva natura e di distinguerlo dai prodotti con i quali potrebbe essere confuso.

(…)».

11. L’articolo 6, paragrafo 5, così dispone:

«L’elenco degli ingredienti è costituito dall’enumerazione di tutti gli ingredienti del prodotto alimentare, in ordine di peso decrescente al momento della loro utilizzazione. Esso è preceduto da un’indicazione appropriata contenente la parola “ingredienti”.

(…)».

12. L’articolo 7, paragrafi 1 e 5, stabilisce quanto segue:

«1. La quantità di un ingrediente o di una categoria di ingredienti che è stata nella fabbricazione o nella preparazione di un prodotto alimentare è indicata a norma del presente articolo.

(…)

5. L’indicazione di cui al paragrafo 1 compare nella denominazione di vendita del prodotto alimentare o immediatamente vicino ad essa, oppure nell’elenco degli ingredienti relativamente all’ingrediente o alla categoria di ingredienti di cui trattasi».

C. Orientamenti sull’etichettatura dei prodotti alimentari che utilizzano come ingredienti prodotti a denominazione di origine protetta (DOP) o a indicazione geografica protetta (IGP) (9)

13. Il punto 2.1 («Raccomandazioni riguardanti l’impiego della denominazione registrata») così stabilisce:

«1. Secondo la Commissione, una denominazione registrata come DOP o IGP può essere legittimamente indicata nell’elenco degli ingredienti di un prodotto alimentare.

2. La Commissione ritiene inoltre che una denominazione registrata come DOP o IGP possa essere menzionata all’interno, o in prossimità, della denominazione di vendita di un prodotto alimentare che incorpora prodotti che beneficiano della denominazione registrata, come pure nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità del prodotto alimentare di cui trattasi, se sono soddisfatte le condizioni di seguito indicate.

— In primo luogo, il suddetto prodotto alimentare non dovrebbe contenere nessun altro “ingrediente comparabile”, e cioè nessun altro ingrediente che possa sostituire completamente o parzialmente l’ingrediente che beneficia di una DOP o IGP. A titolo indicativo e non restrittivo del concetto di “ingrediente comparabile”, la Commissione ritiene che un formaggio a pasta erborinata (o più comunemente: “formaggio blu”) sia comparabile al “Roquefort”.

— Inoltre, l’ingrediente dovrebbe essere utilizzato in quantità sufficiente per conferire una caratteristica essenziale al prodotto alimentare di cui trattasi. La Commissione non può tuttavia, tenuto conto dell’eterogeneità dei casi possibili, suggerire una percentuale minima uniformemente applicabile. A titolo d’esempio, l’incorporazione di una quantità minima di una spezia che beneficia di una DOP o di un’IGP in un prodotto alimentare potrebbe eventualmente bastare per conferire una caratteristica essenziale al suddetto prodotto alimentare. Per contro, l’incorporazione di una quantità minima di carne che beneficia di una DOP o di una IGP in un prodotto alimentare non può, a priori, conferire una caratteristica essenziale al prodotto alimentare.

— Infine, la percentuale d’incorporazione di un ingrediente che beneficia di una DOP o di un’IGP dovrebbe essere idealmente indicata all’interno o in prossimità immediata della denominazione di vendita del prodotto alimentare di cui trattasi, o quantomeno nell’elenco degli ingredienti, in riferimento diretto all’ingrediente considerato».

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II. Fatti e questioni pregiudiziali

14. Alla fine del 2012 la Aldi Süd, società che distribuisce alimenti e altri beni di consumo nei supermercati, metteva in vendita un prodotto della Galana NV (10), denominato «Champagner Sorbet», che contiene, come ingrediente, una percentuale di champagne pari al 12%. L’immagine apposta sulla sua confezione era la seguente:

 

 

15. Il CIVC presentava dinanzi al Landgericht München (Tribunale regionale di Monaco di Baviera, Germania) una domanda inibitoria nei confronti della Aldi Süd circa l’utilizzo della DOP Champagne nel suo prodotto surgelato, ritenendolo una violazione di tale DOP.

16. La domanda di condanna, fondata sull’articolo 118 quaterdecies del regolamento n. 1234/2007, veniva accolta in primo grado ma respinta in sede di appello dall’Oberlandesgericht München (Tribunale regionale superiore di Monaco di Baviera, Germania).

17. Il CIVC presentava ricorso avverso la sentenza di appello dinanzi al giudice del rinvio. Quest’ultimo propende per riconoscere che l’utilizzo della DOP Champagne in un prodotto surgelato rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1234/2007, poiché il termine champagne è utilizzato, a scopi commerciali, per designare un dessert non conforme al disciplinare di produzione dei vini tutelati dalla DOP Champagne.

18. Inoltre, esso segnala che la notorietà della DOP Champagne può avere ripercussioni favorevoli sull’espressione «Champagner Sorbet». Si chiede tuttavia se si verifichi uno sfruttamento della DOP ai sensi dell’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1234/2007, considerando che quell’espressione è conforme alla prassi utilizzata dal pubblico per denominare il dessert, che contiene vino della Champagne in quantità sufficiente per conferirgli una caratteristica essenziale. Si dovrebbe pertanto escludere che si verifichi uno sfruttamento della notorietà della DOP qualora, come ha dedotto il giudice d’appello, un legittimo interesse giustifichi il suo utilizzo.

19. Tenendo presente che l’azione del CIVC potrebbe essere basata sull’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1234/2007, il giudice del rinvio dubita anche del fatto che l’impiego della DOP nel caso di specie possa costituire un’usurpazione, un’imitazione o un’evocazione illegittima. Afferma che l’utilizzo deve essere illegittimo e, pertanto, in presenza di un legittimo interesse che lo giustifichi, sarebbe esclusa la violazione della DOP.

20. Infine, relativamente all’argomento del CICV secondo cui la Aldi Süd si è servita dell’indicazione «Champagner Sorbet» in modo ingannevole, ai sensi dell’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1234/2007, il giudice del rinvio chiede se detta norma si applichi soltanto in casi di indicazioni ingannevoli atte ad indurre in errore il pubblico sull’origine geografica di un prodotto o se si estenda anche a qualità essenziali di tale prodotto.

21. In tale contesto, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia tedesca) sottopone alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento (CE) n. 1234/2007 e l’articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento (UE) n. 1308/2013 debbano essere interpretati nel senso della loro applicabilità anche quando la denominazione di origine protetta sia impiegata come parte di una designazione per un prodotto alimentare non conforme alle specifiche di produzione ma cui sia aggiunto un ingrediente conforme alle specifiche medesime.

2) In caso di risposta affermativa alla prima questione:

Se l’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento (CE) n. 1234/2007 e l’articolo 103, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento (UE) n. 1308/2013 debbano essere interpretati nel senso che l’uso di una denominazione di origine protetta come parte di una designazione per un prodotto alimentare non conforme alle specifiche di produzione ma cui sia aggiunto un ingrediente conforme alle specifiche medesime, laddove la designazione del prodotto alimentare corrisponda alla prassi denominativa del pubblico di riferimento e l’ingrediente sia aggiunto in quantità sufficiente per conferire una caratteristica essenziale al prodotto in questione, costituisca uno sfruttamento della notorietà della denominazione di origine.

3) Se l’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CE) n. 1234/2007 e l’articolo 103, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (UE) n. 1308/2013 debbano essere interpretati nel senso che l’uso di una denominazione di origine protetta alle condizioni descritte nella seconda questione pregiudiziale integri un’illegittima fattispecie di usurpazione, imitazione o evocazione.

4) Se l’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera c), del regolamento (CE) n. 1234/2007 e l’articolo 103, paragrafo 2, lettera c), del regolamento (UE) n. 1308/2013 debbano essere interpretati nel senso della loro applicabilità soltanto nel caso di indicazioni false o ingannevoli atte ad indurre in errore sull’origine geografica di un prodotto».

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III. Procedimento dinanzi alla Corte

22. L’ordinanza di rinvio è pervenuta alla cancelleria della Corte il 14 luglio 2016.

23. Hanno depositato osservazioni scritte il CIVC, la Galana NV, i governi della Francia e del Portogallo, nonché la Commissione europea.

24. Il 18 maggio 2017 si è tenuta un’udienza pubblica alla quale hanno partecipato i rappresentanti del CIVC, della Galana NV, del governo francese e della Commissione europea.

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IV. Sintesi delle osservazioni delle parti

A. Sulla prima questione

25. Tutte le parti concordano sulla necessità di rispondere alla prima questione pregiudiziale in senso affermativo. Per il CIVC, le norme dell’Unione proteggono le DOP contro qualsiasi utilizzo commerciale, diretto o indiretto, con il quale si cerchi di sfruttare la loro notorietà. Questa protezione comprende l’utilizzo della DOP tanto tramite l’inserimento del nome di un prodotto, quanto con la designazione di un prodotto alimentare che non soddisfi le specifiche di produzione. Richiamando la sentenza Bureau National Interprofessionnel du Cognac (11), sostiene che costituisce un impiego commerciale diretto della DOP Champagne il fatto che questa compaia, in forma completa o tradotta, come parte della denominazione «Champagner Sorbet».

26. Secondo il governo francese, sebbene i regolamenti applicabili non citino espressamente l’utilizzo delle DOP come ingredienti, la loro protezione e la coerenza fra le norme del settore vinicolo e quelle dei prodotti agricoli e alimentari inducono a ritenere che tali regolamenti si applicano anche a tale utilizzo.

27. Il governo portoghese aggiunge che «Champagner» costituisce, nella causa in esame, l’elemento verbale più significativo del prodotto, mentre il vocabolo «sorbet» è generico, ossia irrilevante rispetto al giudizio sull’utilizzo della DOP.

B. Sulla seconda questione

28. Il CIVC auspica ugualmente una risposta affermativa alla seconda questione. In linea con il governo portoghese rammenta che il termine «sfruttare» equivale a fare uso di o utilizzare qualsiasi cosa, essendo sufficiente che si ottenga un vantaggio dalla notorietà della DOP. È ciò che avverrebbe con il sorbetto che, tramite l’incorporazione del termine champagne, sfrutterebbe l’immagine di qualità o di prestigio di tale vino spumante, tutelato dalla DOP. Esso esclude l’applicazione analogica dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 110/2008 (12), limitata alle bevande spiritose e che il legislatore non ha voluto estendere ai vini, ma riscontra elementi pertinenti negli orientamenti della Commissione.

29. Come la Galana NV e il governo francese, il CIVC ritiene irrilevante il fatto che la designazione del prodotto alimentare che comprende una DOP sia fedele alla forma abituale con la quale il pubblico lo conosce. Ammettere il contrario comporterebbe il rischio che la DOP diventi generica, contrariamente a quanto intende evitare la sua protezione.

30. Il CIVC ritiene opportuno appurare se la quantità di champagne contenuta nel sorbetto è sufficiente a conferirgli una caratteristica essenziale. Ciò non avviene nel caso di specie, in quanto gli elementi essenziali dello champagne (le sue bolle, sottili e persistenti, nonché il suo sapore, rinfrescante, fruttato e leggermente acido) non si riscontrano nel sorbetto. Nemmeno la percentuale di champagne impiegata (il 12%) nella preparazione dell’alimento giustifica l’utilizzazione della DOP.

31. La Galana NV non ritiene pertinente ricorrere all’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1234/2007, in quanto il nome del sorbetto rispecchia la realtà, è chiaro e non induce il pubblico in errore. La quantità di champagne aggiunta come ingrediente è sufficiente per conferire al sorbetto una caratteristica essenziale. Inoltre, l’alimento è conforme agli orientamenti, che confermerebbero la sua posizione.

32. Secondo il governo francese, l’utilizzo di una DOP come parte della denominazione di un prodotto alimentare non è, in linea di principio, vietata, in quanto ciò non equivale, di per sé, a sfruttare la sua notorietà. Unitamente alla Commissione insiste nel ritenere che «sfruttare» implica, conformemente alla giurisprudenza della Corte, l’utilizzo che permette all’operatore di sfruttare indebitamente la rinomanza dell’indicazione geografica di provenienza (13).

33. Spetta al giudice nazionale valutare se sono soddisfatte le condizioni degli orientamenti ed, eventualmente, soppesare altri criteri di valutazione quali, ad esempio, la proporzionalità dell’utilizzo che un operatore economico fa di tale DOP, tramite immagini e riferimenti, nonché i caratteri che compaiono nella confezione o nella pubblicità del prodotto.

34. Per il governo portoghese, «Champagner Sorbet» sfrutta indebitamente il prestigio della DOP Champagne. Le DOP devono essere protette contro qualsiasi forma di utilizzo, impedendo lo sfruttamento del loro prestigio; in particolare se si deve evitare la degradazione o la diluizione della loro forza distintiva.

35. La Commissione propone una risposta negativa alla seconda questione. A suo avviso occorre interpretare in modo coerente il regolamento (UE) n. 1151/2012 (14) (che fa riferimento agli orientamenti) e i regolamenti nn. 1169/2011 e 110/2008, in particolare il suo articolo 10, paragrafo 1, per quanto riguarda l’indicazione di una bevanda spiritosa nella denominazione di un prodotto alimentare. Essa avverte che l’utilizzo della DOP Champagne soddisfa tali condizioni nel caso di specie ed è conforme all’articolo 9, paragrafo 1, lettere a) e b), nonché agli articoli 17, paragrafo 1, 18 e 22, del regolamento n. 1169/2011.

C. Sulla terza questione

36. Il CIVC sostiene una risposta affermativa anche in relazione a tale questione. Sostanzialmente in linea con il governo portoghese, esso ritiene che «Champagner Sorbet» evochi la DOP Champagne, ai sensi dell’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1234/2007, sebbene tale espressione sia conforme alla prassi del pubblico e l’ingrediente sia aggiunto in quantità sufficiente a conferire al sorbetto una caratteristica essenziale. La nozione di «evocazione» comprenderebbe una fattispecie in cui la denominazione del prodotto alimentare include una DOP, inducendo il consumatore a collegare tale prodotto all’ingrediente da essa protetto.

37. La Galana NV e il governo francese negano che l’uso della DOP Champagne costituisca, nella specie, un’usurpazione, imitazione o evocazione. Tali nozioni comportano una copia del prodotto, o dei termini ispirati alla DOP, o un riferimento alla stessa senza che siano soddisfatti i requisiti delle specifiche di produzione, mentre nel caso di specie si tratta dell’uso diretto della DOP.

38. Secondo la Commissione, «Champagner Sorbet» descrive volontariamente e direttamente il contenuto, il che esclude qualsiasi evocazione, imitazione o altra forma di appropriazione della DOP. Non vi è neanche induzione in errore del consumatore circa la provenienza del sorbetto, dato che si comunica con chiarezza che il medesimo contiene una quantità sostanziale di champagne proveniente da tale regione della Francia.

D. Sulla quarta questione

39. Secondo il CIVC, la risposta a tale questione deve essere formulata in senso negativo. A suo parere, e secondo il governo francese, l’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1234/2007 si estende sia alle indicazioni false sia alla natura del prodotto nonché alle sue caratteristiche essenziali.

40. La Galana NV, analogamente alla Commissione, esclude che l’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1234/2007 sia applicabile, perché avrebbe ad oggetto solo i prodotti vitivinicoli. A titolo subordinato, ritiene che potrebbe essere esteso alle indicazioni false o ingannevoli atte a indurre in errore il pubblico di riferimento riguardo all’origine geografica del prodotto.

41. Secondo il governo portoghese, le indicazioni false o ingannevoli possono offrire al pubblico un’impressione errata in relazione all’origine geografica del prodotto e ritiene che i nomi con cui sono veicolate tali indicazioni non devono essere autorizzati.

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V. Analisi giuridica

A. Sulla prima questione

42. Il giudice del rinvio chiede di chiarire, a titolo preliminare, l’ambito di applicazione dell’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1234/2007. Nello specifico, il suo interesse si traduce nel delucidare se comprende situazioni come quella di cui trattasi, in cui la DOP Champagne fa parte del nome di un sorbetto che contiene una determinata quantità di vino spumante.

43. Tutte le parti intervenute nel procedimento pregiudiziale concordano con il giudice del rinvio nel ritenere che alla sua prima questione debba rispondersi in senso affermativo. I dubbi esposti nell’ordinanza di rinvio sono sorti alla luce della tesi sostenuta da un determinato settore della dottrina tedesca, secondo cui la norma in esame sarebbe applicabile soltanto nel caso di impiego della DOP in termini identici. L’uso di termini simili rientrerebbe invece nella lettera b) dell’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, del regolamento n. 1234/2007.

44. A mio avviso, tale tesi (15) non può essere accolta per vari motivi. In primo luogo, come rileva il governo francese, l’articolo summenzionato definisce un ambito di applicazione molto ampio, conforme alla protezione che intende offrire alle DOP. Non sarebbe idonea un’interpretazione che, ad esempio, esclude l’impiego della traduzione di una DOP, il che violerebbe il divieto di qualsiasi uso diretto e indiretto.

45. In secondo luogo, come osserva la Commissione, nella sentenza Bureau National Interprofessionnel du Cognac (16) la Corte ha già dichiarato che l’impiego di un marchio contenente un’indicazione geografica, o un termine corrispondente a quest’ultima e la sua traduzione per identificare prodotti (in quel caso, bevande spiritose) non conformi ai requisiti corrispondenti costituisce un impiego commerciale diretto di tale indicazione geografica.

46. Infine, la lettera a) dell’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, del regolamento n. 1234/2007 stabilisce le modalità di uso (diretto e indiretto) e i prodotti (comparabili e distinti) (17) cui è opponibile la protezione conferita dalla DOP. In caso di prodotti comparabili, la DOP è loro opponibile se questi si discostano dal disciplinare di produzione, mentre per quelli non comparabili occorre dimostrare che questi sfruttino la notorietà della DOP. Diversamente, la lettera b) – e probabilmente anche le due successive – alludono a determinati comportamenti sleali contro i quali i titolari delle DOP possono difendersi, conformemente agli obblighi discendenti dalle convenzioni internazionali di cui sono parte l’Unione e gli Stati membri (18). In tali usi l’intenzione di sfruttare la predetta notorietà è presunta.

47. Ritengo, pertanto, che sia applicabile l’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1234/2007, il che comporta una risposta affermativa alla prima questione.

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B. Sulla seconda questione pregiudiziale

48. Il giudice a quo chiede se l’uso di una DOP come parte del nome di un prodotto alimentare, non conforme alle specifiche di produzione del prodotto e a cui sia aggiunto un ingrediente (nel caso in esame lo champagne) conforme alle specifiche medesime, rientra nel divieto di cui all’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1234/2007, laddove:

– la designazione del prodotto alimentare corrisponda alla prassi del pubblico di riferimento; e

– l’ingrediente sia aggiunto in quantità sufficiente per conferire una caratteristica essenziale al prodotto in questione.

49. Il giudice d’appello aveva dedotto che il distributore aveva un legittimo interesse all’utilizzo della DOP Champagne proprio per i due seguenti motivi: a) in tedesco e nelle pubblicazioni culinarie in tale lingua, la nozione di «Champagner Sorbet» costituisce una designazione invalsa nell’uso per un dessert semi‑congelato la cui preparazione prevede il vino spumante francese; e b) il prodotto della Galana NV contiene una percentuale di champagne pari al 12%, quantità che sarebbe sufficiente per conferire al sorbetto una caratteristica essenziale di tale vino spumante (concretamente, il suo sapore).

50. Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia tedesca) non sembra condividere il giudizio del giudice d’appello, che, secondo il primo, avrebbe ammesso i fatti di cui alle lettere a) e b) del paragrafo precedente senza compiere i necessari accertamenti di fatto. Tuttavia, il giudice del rinvio indica la possibilità che tale legittimo interesse possa ricavarsi dalla normativa dell’Unione sull’etichettatura (19), letta unitamente a quella sulla qualità dei prodotti agricoli e alimentari (20).

51. Di conseguenza, onde rispondere alla seconda questione pregiudiziale occorre analizzare le norme relative tanto alla protezione delle DOP quanto all’etichettatura dei prodotti alimentari.

 

1. Sullo sfruttamento della notorietà della DOP

52. Se si ammette la sussistenza di un uso commerciale diretto (in risposta alla prima questione), il giudice del rinvio riconosce che l’uso della DOP Champagne integrerebbe, in tal caso, il requisito di cui all’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1234/2007 (ossia, sfrutterebbe la notorietà di tale DOP), qualora l’azione della resistente non fosse assistita da un legittimo interesse.

53. Sin dalla causa «Sekt-Weinbrand» (21), la Corte ha precisato la funzione delle DOP, che consiste nell’informare e assicurare che il prodotto denominato possegga, effettivamente, le qualità e le caratteristiche dovute all’ubicazione geografica della sua origine. Si richiedeva, già negli anni settanta, un doppio vincolo, spaziale e qualitativo, che sarebbe poi stato ripreso dalla normativa in materia di prodotti agricoli e alimentari (22) nonché da quella relativa al settore vitivinicolo (23).

54. Lo scopo del regolamento n. 1234/2007, per quanto riguarda le DOP per i vini, è quello di assicurare al consumatore – e, in un’ottica diversa, anche ai titolari delle rispettive denominazioni – che i prodotti che esse tutelano rispondano a un livello elevato di qualità, sulla base della loro origine geografica (24).

55. Qualora avvenga nell’ottica della commercializzazione di un prodotto alimentare, l’incorporazione del nome completo di una DOP nella designazione di tale prodotto tende, per la sua stessa logica, a sfruttare il prestigio e la notorietà della qualità protetta. Pertanto tale condotta deve considerarsi, in linea di principio, illecita.

56. Si può tuttavia convenire che, nella commercializzazione di merci elaborate, potrà utilizzare una DOP come parte del nome del suo prodotto il soggetto che dimostri un legittimo interesse. Il giudice del rinvio formula la propria domanda, sorta in relazione a un utilizzo commerciale diretto, proprio sulla base della dicotomia «uso che sfrutta la notorietà della DOP/legittimo interesse», per cui, in assenza di quest’ultimo, vi sarà sfruttamento della notorietà.

57. Il legittimo interesse può trarre origine sia dalla titolarità di un diritto precedente (ad esempio, un altro tipo di proprietà intellettuale), sia dall’adempimento di un obbligo giuridico. Inoltre, al margine di tali ipotesi, e al di fuori del contesto commerciale diretto, concordo con il governo francese nel ritenere che devono esistere aree in cui i terzi possano legittimamente utilizzare la DOP (25), vale a dire situazioni in cui l’utilizzo della DOP possa avvalersi di una sorta di ius usus inocui.

58. In effetti, riguardo ad altri tipi di proprietà intellettuale, la Corte ha riconosciuto ambiti in cui l’impiego, da parte di terzi, di segni o altre opere protette non viola i diritti dei loro titolari. Così, nel diritto dei marchi, ha consentito gli usi a fini descrittivi per illustrare le caratteristiche del prodotto offerto in vendita al cliente potenziale, il quale conosce quelle dei prodotti contrassegnati con il marchio interessato (26). Ha parimenti ammesso utilizzi in cui il consumatore non percepisce il segno come un’indicazione del fatto che i prodotti in cui è incorporato provengono dall’impresa titolare del marchio (27).

59. Nell’ambito dei diritti d’autore e dei diritti connessi, alla luce dell’articolo 5, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2001/29/CE (28), è stata ammessa la legittimità delle copie nella cache e delle copie sullo schermo di opere protette dal diritto d’autore (29), la legittimità degli atti effimeri di riproduzione che consentivano il corretto funzionamento del decodificatore satellitare e dello schermo televisivo, consentendo la ricezione delle trasmissioni contenenti opere protette (30), e la redazione di una sintesi di articoli di giornale, seppur non autorizzata dai titolari dei diritti d’autore su detti articoli (31).

60. Quest’approccio è, inoltre, conforme alle diverse sentenze della Corte, secondo le quali lo sfruttamento della notorietà di un’indicazione geografica deve effettuarsi «indebitamente» (32). Sebbene tali pronunce siano state rese in relazione all’articolo 16 del regolamento n. 110/2008 (sulle indicazioni geografiche delle bevande spiritose), l’analogia di tale norma con l’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1234/2007, avvalora la trasposizione di tale interpretazione al settore vitivinicolo (33). Pertanto, in presenza di un legittimo interesse, l’uso della DOP non potrà essere qualificato come indebito.

61. Tornando al caso di specie, e in considerazione del fatto che la Galana NV non ha addotto alcun tipo di diritto precedente, occorre verificare se l’utilizzo della DOP Champagne nel nome del sorbetto da essa elaborato obbedisce a qualche obbligo giuridico o può ritenersi innocuo.

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2. Sul legittimo interesse nell’utilizzo della DOP

62. Come ho già esposto, il giudice del rinvio pone interrogativi in ordine alla pertinenza di due elementi specifici, che potrebbero dare luogo ad alcuni interessi legittimi: a) il nome del prodotto corrisponde alla prassi del pubblico di riferimento; e b) il sorbetto contiene una quantità sufficiente di champagne, che gli conferisce una caratteristica essenziale.

63. Pertanto, occorre analizzare entrambi gli elementi separatamente, fermo restando che, a mio parere, potrebbero non essere gli unici rilevanti per stabilire la sussistenza di un indebito sfruttamento della DOP.

a) Il nome del prodotto che contiene la DOP e la prassi del pubblico

64. Tutte le parti, salvo la Commissione, concordano sul fatto che la prassi del consumatore tedesco non legittima l’impiego della DOP Champagne nella presentazione commerciale del sorbetto. Ammettere il contrario equivarrebbe a trasformare quella DOP in un termine generico, di libero utilizzo per qualsiasi operatore economico.

65. Condivido tale opinione, poiché uno degli obbiettivi principali della protezione delle DOP per i vini è quello di impedire che tali denominazioni diventino generiche (34). L’utilizzo indiscriminato della DOP in prodotti che le sono estranei potrebbe indurre il pubblico a credere che le denominazioni caratteristiche delle DOP possano estendersi ai prodotti esterni al territorio cui corrisponde la DOP. Si favorirebbe, in tal modo, l’impiego della DOP come una semplice indicazione generica, anche qualora tale fenomeno restasse circoscritto a un determinato paese nello specifico. Non va dimenticato che la tutela delle DOP deve essere la stessa in tutti gli Stati membri, senza frammentazioni dovute alla prassi dei consumatori di alcuni di essi (35).

66. Sotto il profilo legislativo, le DOP del vino, una volta registrate, godono di una protezione perpetua, ai sensi dell’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 3, del regolamento n. 1234/2007, sebbene sia possibile la loro cancellazione. La loro tutela sarebbe compromessa, anche nei paesi terzi (36), se, a causa della genericità, i nomi propri delle DOP diventassero, in realtà, di dominio pubblico, non potendo essere registrati i nomi che hanno acquisito natura generica (37). La prevenzione degli usi tendenti a volgarizzare le denominazioni diviene così un’esigenza imperativa, più che una semplice aspirazione dei produttori vinicoli tutelati da una DOP.

67. Che l’espressione «Champagner Sorbet» sia quella abituale per designare un sorbetto in uno o più Stati membri non è quindi sufficiente per conferire al distributore un legittimo interesse che lo autorizzi a inserire nella presentazione commerciale di quel prodotto il nome della DOP Champagne.

b) Attribuzione della caratteristica essenziale dell’ingrediente con DOP tramite l’utilizzo di una quantità sufficiente

68. Concordo con la Commissione sul fatto che, nella specie, occorre interpretare la disciplina generale dell’Unione sull’etichettatura dei prodotti alimentari (contenuta principalmente nella direttiva 2000/13 e nell’atto che l’ha abrogata, il regolamento n. 1169/2011), poiché il sorbetto – che, ovviamente, è uno di tali prodotti – non è oggetto di una DOP (38).

69. Ai sensi della direttiva 2000/13, l’etichettatura dei prodotti alimentari deve contenere «la denominazione di vendita; (…) l’elenco degli ingredienti; (…) [e] la quantità di taluni ingredienti (…)» (39). Con «denominazione di vendita» (40) si intende quella prevista dalle disposizioni dell’Unione applicabili o, in mancanza, dalle disposizioni nazionali. In assenza di queste ultime, prevarrà «il nome sancito dagli usi dello Stato membro nel quale si effettua la vendita al consumatore finale».

70. Prima facie, «Champagner Sorbet» sembra rispettare le norme sull’etichettatura, il che conferirebbe alla Galana NV un legittimo interesse per designare in tal modo il suo prodotto alimentare. Ciononostante, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 1151/2012, le DOP registrate sono protette anche nel caso in cui siano utilizzate come ingrediente. Occorre pertanto analizzare quale sia la portata di tale protezione.

71. Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 5, della direttiva 2000/13 (41), il produttore ha l’obbligo di inserire nell’etichetta un elenco con tutti gli ingredienti. Quando l’ingrediente compare nella «denominazione di vendita» dell’alimento (come accade nella causa in esame), deve essere espresso in percentuale, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, di tale direttiva (42).

72. Né la direttiva 2000/13 né il regolamento n. 1169/2011 fanno diretta allusione agli ingredienti tutelati da una DOP. Per ovviare a questa situazione e contribuire a chiarirla, la Commissione ha pubblicato nel 2010 gli orientamenti (cui rinvia il considerando 32 del regolamento n. 1151/2012). Privi di valore giuridico vincolante (43), devono essere tuttavia presi in considerazione poiché rispecchiano il punto di vista di detta istituzione.

73. Secondo gli orientamenti, oltre che nel già citato elenco degli ingredienti, il nome caratteristico di una DOP può comparire «all’interno, o in prossimità, della denominazione di vendita di un prodotto alimentare che incorpora prodotti che beneficiano della denominazione registrata, come pure nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità del prodotto alimentare di cui trattasi» purché siano soddisfatte le condizioni illustrate al paragrafo 1delle presenti conclusioni.

74. Spetta ai giudici nazionali, che sono nella posizione migliore per valutare i fatti della controversia e procedere alla loro qualificazione giuridica, decidere circa l’avveramento di tali tre condizioni nel caso di specie. Pertanto, mi limiterò a esporre alcune riflessioni che potrebbero essere loro d’ausilio in tale compito.

75. La prima condizione (che non esistano altri «ingredienti comparabili» a quello tutelato da una DOP) è di facile valutazione e abbastanza oggettiva. Nulla sembra deporre nel senso che lo «Champagner Sorbet» contenga altri ingredienti simili al vino spumante protetto dalla DOP in grado di sostituirlo.

76. La seconda condizione (l’utilizzo dell’ingrediente in quantità sufficiente per conferire una caratteristica essenziale al prodotto alimentare) è più complicata. Contrariamente al parere del CIVC, non si tratta di riscontrare nel prodotto alimentare le caratteristiche essenziali dell’ingrediente protetto, bensì di verificare se tale alimento abbia una caratteristica essenziale connessa alla DOP (44).

77. Tuttavia, nemmeno tale regola è sufficientemente sicura. L’elemento quantitativo non sempre è il più importante per conferire una caratteristica essenziale al prodotto alimentare (45). Normalmente, trattandosi di alimenti, quest’ultima sarà data dall’aroma e dal sapore che l’ingrediente protetto dalla DOP apporta loro, benché possano sussistere altri elementi significativi (46). Spetterà, ancora una volta, al giudice nazionale, sulla base delle prove esperite (47) e della propria valutazione dei fatti, accertare se l’aggiunta di vino di Champagne fornisca al sorbetto una caratteristica essenziale nel senso appena esposto.

78. La terza condizione pone più problemi all’interprete. Innanzitutto, è discutibile che sia conforme all’articolo 7, paragrafo 5, della direttiva 2000/13 (48). In ogni caso, la sua formulazione, che utilizza l’avverbio «idealmente», le toglie vigore, anche a titolo di orientamento. La specifica della percentuale dell’ingrediente nel prodotto alimentare diviene, di conseguenza, un elemento la cui rilevanza deve valutarsi alla luce della stessa direttiva 2000/13.

79. Ciò premesso, ribadisco, sono gli organi giurisdizionali nazionali che dovranno decidere se l’ingrediente con DOP aggiunto a un prodotto alimentare gli fornisca una caratteristica essenziale, cosicché esso deve comparire nella sua etichettatura.

c) La presenza di altri elementi che concorrano allo sfruttamento della notorietà della DOP

80. La risposta al giudice del rinvio sarebbe incompleta se si limitasse alla mera presenza di un legittimo interesse del distributore, derivante dalla sua osservanza degli orientamenti, che lo autorizza a incorporare nell’etichettatura dei propri prodotti alimentari ingredienti protetti da una DOP.

81. Il fatto è che le tre condizioni previste nei citati orientamenti non sono separabili da alcune nozioni previe (quella di buona fede e la mancanza di errore del consumatore) cui detti orientamenti fanno riferimento al punto 1.1 quando espongono il proprio contesto.

82. Per giudicare se sussista uno sfruttamento indebito (uno sfruttamento illecito della notorietà) della DOP, si dovrà certamente partire dalla presenza di una quantità sufficiente di un ingrediente tutelato da tale DOP, che conferisca al prodotto alimentare una caratteristica essenziale. Ma tale circostanza non potrà legittimare l’uso della DOP nel sorbetto oggetto della controversia, in presenza di altri elementi (in particolare, nella presentazione dell’etichettatura) rivelatori dell’intento di sfruttare il prestigio della DOP, appropriandosi della sua notorietà.

83. Nella causa in esame, l’etichetta visibile al consumatore destinatario delle confezioni di «Champagner Sorbet» reca stampati, in primo piano, un tappo di sughero con il filo che lo lega alla bottiglia, un calice mezzo pieno e una bevanda che si presume essere champagne. In secondo piano, ma ben riconoscibile, si trova una bottiglia del vino spumante francese.

84. Non credo si possa trascurare l’importanza che rivestono tali elementi nel valutare se il produttore o il distributore dell’alimento stia sfruttando la notorietà dell’ingrediente protetto dalla DOP Champagne (49). Il giudice nazionale può, e deve, tenere presenti tali fattori per decidere in ordine allo sfruttamento indebito della DOP.

85. Il regolamento n. 1308/2013 e la direttiva 2000/13 (50) intendono evitare che il consumatore sia indotto in errore; la Corte ha precisato che l’elenco degli ingredienti riportato sulla confezione non consente da solo di escludere che l’etichettatura e le relative modalità di realizzazione possano essere tali da indurre in errore l’acquirente (51).

86. Infatti, la Corte ha già dichiarato che, ai fini della valutazione dell’idoneità di un’etichettatura a indurre in errore l’acquirente, il giudice nazionale deve basarsi essenzialmente sull’aspettativa presunta, in riferimento a detta etichettatura, del consumatore di riferimento circa l’origine, la provenienza e la qualità del prodotto alimentare, essendo essenziale che il consumatore non sia indotto in errore e portato a considerare, erroneamente, che il prodotto abbia un’origine, una provenienza o una qualità diverse da quelle che ha realmente (52).

87. Il giudice competente dovrà valutare se l’impiego degli elementi grafici presenti nell’etichetta dello «Champagner Sorbet» non si giustifichi se non come prova del tentativo di stabilire una connessione sproporzionata con il vino spumante protetto dalla DOP. In altri termini, se il proposito sotteso alla presentazione commerciale del prodotto alimentare è, realmente, quello di vincolarlo alla notorietà del vino spumante della Champagne, la cui qualità vuole essere estesa al sorbetto stesso.

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C. Sulla terza questione

88. La risposta alle questioni terza e quarta sarebbe forse superflua se, partendo dalla risposta fornita alla seconda, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia tedesca) concludesse per la sussistenza di uno sfruttamento indebito della DOP Champagne. In ogni caso mi soffermerò sull’analisi di entrambe.

89. Con la terza questione pregiudiziale si pone, in sintesi, la questione se l’impiego del nome caratteristico di una DOP nelle circostanze del caso in esame usurpi, imiti o evochi la DOP medesima.

90. L’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1234/2007 menziona una serie di condotte, caratterizzate dalla loro slealtà commerciale, che comportano un grado decrescente d’intensità dell’utilizzo della DOP, partendo dall’usurpazione e passando dall’imitazione fino a giungere all’evocazione.

91. L’usurpazione riguarda l’utilizzo del nome completo della DOP per prodotti simili. Non mi sembra ricorra nella specie, dato che il sorbetto si vende congelato, il che non è pensabile per il vino (53). Non credo nemmeno che vi sia, in senso proprio, imitazione, dal momento che la denominazione dello «Champagner Sorbet» contiene la DOP nella sua interezza.

92. È più complesso stabilire se si possa parlare di evocazione, problema per la cui soluzione occorre far riferimento alla giurisprudenza della Corte, che ha già fissato alcuni dei profili giuridici di tale terzo genere di atto sleale (54).

93. Secondo questa giurisprudenza, la nozione di «evocazione» si riferisce all’ipotesi in cui il termine utilizzato per designare un prodotto incorpori una parte di una DOP, di modo che il consumatore, in presenza del nome del prodotto, sia indotto a pensare, come immagine di riferimento, alla merce che beneficia di tale denominazione (55).

94. L’allusione all’impiego parziale della DOP era indotta dalle circostanze di fatto di ciascuna delle cause decise dalle rispettive sentenze, nelle quali l’evocazione delle DOP era dovuta alla non totale sovrapposizione dei nomi o dei marchi dei prodotti in esame («Gorgonzola/Cambozola» (56), «Parmigiano Reggiano/Parmesan» (57) e «Verlados/Calvados» (58)).

95. In realtà, analizzando, nell’ambito del regolamento n. 110/2008, il caso di un marchio che conteneva integralmente l’elemento «Cognac», la Corte ha preferito trattarlo come «evocazione» invece che come «usurpazione», sebbene riguardasse bevande spiritose che non rispettavano le specifiche di produzione della DOP (59).

96. I principi dedotti rispetto alle DOP delle bevande spiritose si possono trasferire, per analogia, all’evocazione di cui all’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1234/2007 (60). I considerando 92 e 97 del regolamento n. 1308/2013 illustrano come la protezione delle DOP non solo intende impedire le pratiche ingannevoli e favorire la trasparenza del mercato e la concorrenza leale, ma anche raggiungere un elevato livello di protezione dei consumatori.

97. Su questa stessa linea, si deve anche tenere conto dei criteri giurisprudenziali che, per stabilire la sussistenza di un’evocazione, fanno riferimento alla percezione di un consumatore europeo medio normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, come manifestazione del principio di proporzionalità (61).

98. Spetterà nuovamente al giudice del rinvio (o, eventualmente, ai giudici di primo grado), sulla base di tale giurisprudenza, decidere se nel presente caso sussista un’evocazione della DOP Champagne (62). Al fine di motivare la sua decisione potrà far riferimento non solo al nome del sorbetto, ma anche agli altri elementi già citati con cui tale prodotto alimentare viene offerto in commercio.

99. Senza voler invadere la specifica competenza del giudice del rinvio, e fermo restando che solo quest’ultimo è in grado di valutare pienamente i fatti controversi, ritengo, tuttavia, che la presenza di quegli elementi grafici sulla confezione del prodotto contribuisca a potenziare l’evocazione della DOP Champagne. Tramite il loro utilizzo, oltre che con quello del nome «Champagner Sorbet», il produttore e il distributore desiderano che il consumatore pensi alla qualità e al prestigio associati a quella DOP, che si tenta di estendere al sorbetto.

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D. Sulla quarta questione

100. Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia tedesca) chiede se l’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1234/2007 si applichi soltanto alle indicazioni false o ingannevoli atte ad indurre in errore il pubblico di riferimento sull’origine geografica di un prodotto.

101. Per comprendere meglio la domanda occorre far riferimento ai punti 62 e seguenti dell’ordinanza di rinvio. Da essi si deduce che il dubbio sorge dinanzi all’argomento dedotto dal CIVC, secondo cui il divieto di quelle indicazioni sarebbe generale e non si estenderebbe soltanto a indicazioni atte ad indurre in errore il pubblico di riferimento in merito alla provenienza geografica del prodotto.

102. Il giudice del rinvio sembra propendere per l’interpretazione più riduttiva della norma, ossia per circoscriverla ai casi in cui il pubblico sia ingannato o confuso sull’origine del prodotto, a causa dell’utilizzo della DOP.

103. Tuttavia, ritengo che la protezione che il legislatore dell’Unione ha inteso offrire alle DOP sia ampia e, andando ben oltre la confusione sull’origine dei prodotti, intenda altresì evitare il rischio di generalizzazione, dovuto all’inflazionarsi delle DOP a causa del loro impiego indiscriminato.

104. L’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, del regolamento n. 1234/2007 prevede una gradazione delle condotte sleali, cui ho fatto riferimento in precedenza. Se la sua lettera a) riguarda gli atti di sfruttamento della notorietà delle DOP e la b) quelli di usurpazione, imitazione o evocazione, la lettera c) estende il perimetro tutelato, includendo le «indicazioni» (vale a dire le informazioni fornite al consumatore) presenti sulla confezione o sull’imballaggio, o nella pubblicità del prodotto che, pur non evocando esattamente la DOP, siano false o ingannevoli rispetto ai legami del prodotto con tale DOP.

105. Ritengo che la ratio di tale lettera c) non venga meno se l’informazione commerciale del prodotto alimentare associato alla DOP che giunge direttamente al consumatore sia idonea a indurlo a pensare che tale prodotto goda della medesima protezione e della stessa qualità della DOP, quando in realtà non è così. Un’indicazione falsa o ingannevole può, ovviamente, riguardare l’origine del prodotto, ma anche le sue caratteristiche essenziali (ad esempio, il suo sapore).

106. In sintesi, la protezione offerta dalla norma citata nella quarta questione non è limitata ai casi in cui si induca in errore il consumatore circa l’origine geografica di un prodotto.

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VI. Conclusione

107. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia tedesca, Germania), nei seguenti termini:

«1) L’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli, è applicabile nel caso in cui la DOP Champagne si impiega, nelle circostanze come quelle della controversia principale, per designare un prodotto alimentare commercializzato con il nome “Champagner Sorbet”.

2) L’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera a), ii), del regolamento n. 1234/2007 deve essere interpretato nel senso che, per valutare se il prodotto alimentare “Champagner Sorbet”, contenente il 12% di vino Champagne, sfrutti indebitamente la notorietà della DOP Champagne, il giudice del rinvio deve valutare la sussistenza di un legittimo interesse che giustifichi l’impiego, nella sua presentazione commerciale, di tale DOP.

Sono elementi idonei a valutare la sussistenza di tale sfruttamento indebito il fatto che l’ingrediente protetto dalla DOP Champagne e aggiunto al prodotto alimentare gli conferisca una caratteristica essenziale, nonché gli elementi della confezione e dell’etichettatura che inducano il consumatore a collegare tale prodotto con la DOP Champagne.

3) L’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1234/2007 deve essere interpretato nel senso che, per valutare se il prodotto “Champagner Sorbet” evochi, ai sensi di tale norma, la DOP Champagne, il giudice del rinvio deve accertare se, considerata la sua designazione e la sua presentazione commerciale, il consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, sia indotto a pensare che tale prodotto benefici della qualità e del prestigio inerenti alla denominazione protetta.

4) L’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1234/2007 non si applica soltanto nel caso di indicazioni false o ingannevoli atte ad indurre in errore il pubblico di riferimento sull’origine geografica di un prodotto».

1 Lingua originale: lo spagnolo.

2 Lette il 18 maggio 2017 nella causa EUIPO/Instituto dos Vinhos do Douro e do Porto IP (C‑56/16 P, EU:C:2017:394).

3 Regolamento del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM), (GU 2007, L 299, pag. 1).

4 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 (GU 2013, L 347, pag. 671).

5 Regolamento del Consiglio, del 29 aprile 2008, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, che modifica i regolamenti (CE) n. 1493/1999, (CE) n. 1782/2003, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 3/2008 e abroga i regolamenti (CEE) n. 2392/86 e (CE) n. 1493/1999 (GU 2008, L 148, pag. 1).

6 Regolamento del Consiglio, del 25 maggio 2009, che modifica il regolamento (CE) n. 1234/2007 recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (GU 2009, L 154, pag. 1).

7 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (GU 2000, L 109, pag. 29).

8 Di fatto, non è stata abrogata fino al 13 dicembre 2014, ossia più di due anni dopo i fatti oggetto della controversia principale, ai sensi della disposizione derogatoria del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GU 2011, L 304, pag. 18).

9 Comunicazione della Commissione (GU 2010, C 341, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»).

10 La Galana NV interviene a sostegno della Aldi Süd nel procedimento principale.

11 Sentenza del 14 luglio 2011 (C‑4/10 e C‑27/10, EU:C:2011:484), punto 55.

12 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione, all’etichettatura e alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e che abroga il regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio (GU 2008, L 39, pag. 16; rettifica in GU 2008, L 228, pag. 47).

13 Sentenza del 14 luglio 2011, Bureau National Interprofessionnel du Cognac (C‑4/10 e C‑27/10, EU:C:2011:484), punto 46; e sentenza del 21 gennaio 2016, Viiniverla (C‑75/15, EU:C:2016:35), punto 45.

14 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (GU 2012, L 343, pag. 1).

15 Se ho ben capito, si sostiene un’interpretazione dell’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, del regolamento n. 1234/2007 secondo cui la lettera a) si applicherebbe agli utilizzi della DOP in forma identica alla sua registrazione, mentre la lettera b) si riferirebbe all’utilizzo di denominazioni simili, che varierebbero, in maggiore o minor misura, rispetto alla DOP come registrata. V. punto 29 dell’ordinanza di rinvio.

16 Sentenza del 14 luglio 2011 (C‑4/10 e C‑27/10, EU:C:2011:484), punto 55. Malgrado tale sentenza sia stata pronunciata in relazione al regolamento n. 110/2008, la sua trasposizione analogica al caso di specie non genera dubbi, tenuto conto dell’analogia, tanto letterale quanto teleologica, dell’articolo 16 di quel regolamento con l’articolo 118 quaterdecies del regolamento n. 1234/2007.

17 Le Goffic, C., La protection des indications géographiques, ed. LITEC, Parigi, 2010, pag. 137.

18 V. l’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettere b), c) e d), del regolamento n. 1234/2007 con l’articolo 3 dell’Accordo di Lisbona sulla protezione delle denominazioni d’origine e sulla loro registrazione internazionale (modificato il 28 settembre 1979) e con l’articolo 22, paragrafo 2, lettera b), dell’Accordo relativo agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS/ADPIC), del 15 aprile 1994 (GU 1994, L 336, pag. 214), che costituisce l’allegato 1 C dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) (GU 1994, L 336, pag. 3), che rinvia all’articolo 10 bis della Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, nella versione modificata a Stoccolma nel 1967.

19 Si riferisce in particolare agli articoli 5 e 7 della direttiva 2000/13, in vigore all’epoca dei fatti (v. paragrafi 9 e segg. delle presenti conclusioni), fermo restando il valore ermeneutico degli articoli 9, paragrafo 1, lettera a), e 17 del regolamento n. 1169/2011. Quest’ultimo ha abrogato la direttiva 2000/13 con decorrenza dal 13 dicembre 2014 e non risulta, pertanto, applicabile ratione temporis al caso di specie.

20 Nello specifico, l’articolo 13, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 1151/2012, il cui considerando 32 rinvia agli orientamenti.

21 Sentenza del 20 febbraio 1975, Commissione/Germania (12/74, EU:C:1975:23).

22 V. le spiegazioni sull’origine delle DOP nelle conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Germania e Danimarca/Commissione (C‑465/02 e C‑466/02, EU:C:2005:636), paragrafi 5 e segg.

23 Ad esempio, nei considerando 27 e 32 del regolamento (CE) n. 479/2008, citato alla nota 5. Sebbene tale strumento normativo sia ormai abrogato, il tenore di questi due considerando si ritrova, con lievi variazioni, in quelli del regolamento n. 1308/2013.

24 In tal senso rimando al paragrafo 63 delle mie conclusioni nella causa EUIPO/Instituto dos Vinhos do Douro e do Porto IP (C‑56/16 P, EU:C:2017:394).

25 Penso al menù di un ristorante fra i cui dessert figurino un sorbetto allo champagne o alla pubblicazione di una ricetta per prepararlo. In udienza, il difensore della Galana ha addotto come esempio la pubblicità di alcuni calici (flutes) di champagne che impiega questa espressione.

26 Sentenza del 14 maggio 2002, Hölterhoff (C‑2/00, EU:C:2002:287), punto 16. Essa riguardava una trattativa commerciale in cui il sig. Hölterhoff proponeva a un cliente di acquistare pietre semipreziose e ornamentali, il cui granato indicava con le denominazioni «Spirit Sun» e «Context Cut», marchi registrati a nome di un concorrente.

27 Sentenza del 25 gennaio 2007, Adam Opel (C‑48/05, EU:C:2007:55), punto 24 e conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer in tale causa (EU:C:2006:154), paragrafi 35 e segg. Essa riguardava l’utilizzo del logo del marchio Opel nella calandra dei modelli in scala ridotta di veicoli, commercializzati da AUTEC, un’impresa non collegata a Opel.

28 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU 2001, L 167, pag. 10).

29 Sentenza del 5 giugno 2014, Public Relations Consultants Association (C‑360/13, EU:C:2014:1195), punti 26 e 27.

30 Sentenza del 4 ottobre 2011, Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631), punti da 170 a 172.

31 Ordinanza del 17 gennaio 2012, Infopaq International (C‑302/10, EU:C:2012:16), punti 44 e 45.

32 Sentenze del 14 luglio 2011, Bureau National Interprofessionnel du Cognac (C‑4/10 e C‑27/10, EU:C:2011:484), punto 46; e del 21 gennaio 2016, Viiniverla (C‑75/15, EU:C:2016:35), punto 45.

33 In tal senso, il considerando 32 del regolamento n. 479/2008, che ha introdotto nel suo articolo 45 la formulazione attuale dell’articolo 118 quaterdecies di cui si discute, inizia asserendo che «le denominazioni di origine (…) dovrebbero essere protette nei confronti di usi che sfruttano indebitamente la notorietà dei prodotti conformi» (il corsivo è mio).

34 Rinvio ai paragrafi da 87 a 89 delle mie conclusioni nella causa EUIPO/Instituto dos Vinhos do Douro e do Porto IP (C‑56/16 P, EU:C:2017:394).

35 In udienza è stata citata la necessità di modificare le prassi consolidate in alcuni Stati membri, che fino ad allora impiegavano come nomi generici quelli che, a partire dall’approvazione delle norme dell’Unione, sarebbero poi divenute DOP vinicole (il caso dello champagne è emblematico). Lo stesso accade nella protezione extracomunitaria delle DOP europee, tramite i trattati bilaterali o multilaterali.

36 Sebbene l’articolo 12 dell’Atto di Ginevra dell’Accordo di Lisbona sulla protezione delle denominazioni d’origine e indicazioni geografiche (adottato il 20 maggio 2015) preveda ugualmente la protezione perpetua, tale trattato non è ancora entrato in vigore.

37 Così stabilisce l’articolo 118 duodecies, paragrafo 1, del regolamento n. 1234/2007, divenuto poi articolo 101, paragrafo 1, del regolamento n. 1308/2013.

38 Invece, l’etichettatura dei prodotti vitivinicoli è disciplinata dal regolamento n. 1308/2013, articoli da 117 a 123, e quella delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose dal regolamento n. 110/2008. Entrambi costituiscono lex specialis rispetto alla disciplina generale dei prodotti alimentari.

39 Articolo 3, paragrafo 1, punti 1, 2 e 3. La norma equivalente nel regolamento n. 1169/2011, in vigore dal 13 dicembre 2014, è l’articolo 9, paragrafo 1, lettere a), b) e d).

40 Articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2000/13, equivalente all’articolo 17 del regolamento n. 1169/2011.

41 Il suo ulteriore equivalente è l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1169/2011. La direttiva 2000/13 è applicabile, in questo caso, al settore vitivinicolo, come ricorda l’articolo 118 del regolamento n. 1308/2013.

42 Il legislatore ha affidato al produttore dell’alimento la decisione di scegliere la collocazione dell’indicazione riguardante la quantità percentuale dell’ingrediente: a) nella denominazione di vendita; b) immediatamente vicino ad essa; oppure c) nell’elenco degli ingredienti. Nel caso di specie, tale elenco si trova nella parte inferiore della confezione.

43 Si afferma negli stessi che la loro applicazione è volontaria e che «non costituiscono un’interpretazione giuridicamente vincolante della normativa dell’Unione europea relativa alle DOP ed alle IGP, né della direttiva “Etichettatura”».

44 Correttamente, la Commissione si è astenuta dal suggerire negli orientamenti una percentuale di utilizzo uniforme. Tuttavia, essa ha lasciato intravedere una regola in virtù della quale maggiore è la quantità dell’ingrediente con DOP, maggiore sono le probabilità di conferire tale caratteristica essenziale.

45 Vi sono, ad esempio, prodotti protetti da una DOP, come talune varietà di tartufo, che una volta incorporati a un alimento in quantità ridotte, sono immediatamente riconoscibili all’olfatto e lasciano una traccia indelebile nel palato.

46 L’indicazione dell’ingrediente nell’etichettatura del prodotto alimentare, all’interno o nelle immediate vicinanze della sua «denominazione di vendita», sarebbe, pertanto, possibile, se il prodotto ha l’aroma e/o il sapore dell’ingrediente protetto dalla DOP. Non vanno tuttavia scartati altri elementi come la consistenza o il colore, che non ritengo tanto decisivi in materia di alimenti quanto i due prima indicati.

47 In questo genere di controversie possono essere utili perizie, affidate a esperti di gastronomia, che illustrino le qualità di un sorbetto allo champagne, o relazioni basate su interviste ai consumatori per accertare che il sapore di tale vino spumante sia integrato nel sorbetto medesimo. La prassi processuale degli Stati membri è molto ricca in tal senso: v., proprio a proposito dello champagne, sentenza del 15 marzo 2013 della Cour d’appel (Corte d’appello) di Parigi, nella causa SAS Euralis Gastronomie/CIVC, confermata dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia) del 25 novembre 2013.

48 Quest’articolo offre al produttore che impiega un ingrediente con DOP tre possibilità per indicare, in percentuale, la quantità di tale ingrediente nel suo alimento (v. il paragrafo 12 delle presenti conclusioni). Gli orientamenti, tuttavia, sembrano confinare la possibilità di mostrare tale cifra percentuale ai casi in cui non indica l’ingrediente all’interno o in prossimità immediata della denominazione di vendita (così intendo l’aggiunta «quantomeno»). Il produttore è assoggettato alla direttiva 2000/13, non agli orientamenti, per cui mantiene intatte le opzioni offerte dalla prima.

49 In udienza, le parti hanno ammesso che la controversia principale non si limita all’uso della DOP nella denominazione del sorbetto.

50 Articolo 2, paragrafo 1, lettera a), i).

51 Sentenza del 4 giugno 2015, Teekanne (C‑195/14, EU:C:2015:361), punto 38.

52 Ibidem, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata.

53 La valutazione potrebbe, forse, essere diversa se il prodotto si fosse chiamato in un altro modo, suggerendo al consumatore che si trattava di champagne congelato, idoneo al consumo come sorbetto.

54 Nelle mie conclusioni nella causa EUIPO/Instituto dos Vinhos do Douro e do Porto IP (C‑56/16 P, EU:C:2017:394), paragrafi 94 e segg., mi sono occupato, ugualmente, della nozione di evocazione, applicata in quel caso all’utilizzo della DOP Porto/Port da parte del marchio dell’Unione «Port Charlotte».

55 Sentenza del 21 gennaio 2016, Viiniverla (C‑75/15, EU:C:2016:35), punto 21 e la giurisprudenza ivi citata, in relazione all’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008.

56 Sentenza del 4 marzo 1999, Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola (C‑87/97, EU:C:1999:115), punto 25.

57 Sentenza del 26 febbraio 2008, Commissione/Germania (C‑132/05, EU:C:2008:117), punto 44.

58 Sentenza del 21 gennaio 2016, Viiniverla (C‑75/15, EU:C:2016:35).

59 Sentenza del 14 luglio 2011, Bureau National Interprofessionnel du Cognac (C‑4/10 e C‑27/10, EU:C:2011:484), punto 58.

60 Ibidem, punti da 22 a 27.

61 Sentenza del 21 gennaio 2016, Viiniverla (C‑75/15, EU:C:2016:35), punti da 26 a 28.

62 Al punto 31 della sentenza Viiniverla, la Corte ha rammentato che spettava al giudice del rinvio «valutare se la denominazione “Verlados” per un’acquavite di sidro di mele costituisca un’“evocazione” ai sensi dell’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008, dell’indicazione geografica protetta “Calvados”».