Furto di tartufi

Costituisce reato il sottrarre consapevolmente tartufi da un fondo appartenente a terzi, ove non sia lecita la libera raccolta (furto di tartufi).


Cassazione penale, Sez. II, sentenza 11 marzo 2013,  n. 1426


Svolgimento del processo – Motivi della decisione

 

Letto il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di C.I. avverso la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila del 29.9.2011, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei confronti del predetto C. dal Gup del Tribunale di L’Aquila il 15.2.2010, per i reati di rapina impropria, resistenza e lesioni personali volontarie;

Ritenuto anzitutto che non si presta a censura alcuna la vantazione della Corte territoriale circa la provenienza dei tartufi trovati in possesso dell’imputato dal fondo recintato di proprietà del Co., considerata la situazione almeno di quasi flagranza in cui il C. fu sorpreso dai verbalizzanti; nè la valutazione dell’integrazione degli estremi del reato di furto anteriormente alla realizzazione della condotta causativa del mutamento del titolo giuridico del fatto ai sensi dell’art. 628, comma 2 e, essendo pacifico che la nozione di impossessamento, nel delitto di furto, si riferisca anche ad un possesso soltanto momentaneo della refurtiva da parte dell’autore del reato, ed essendo d’altra parte ineccepibile la valutazione della corrispondenza della violenta reazione dell’imputato al controllo di polizia, al paradigma della rapina impropria;

ritenuto, quanto alla questione, assolutamente centrale in ricorso, della condizione giuridica dei tartufi di cui si era impossessato il ricorrente, che si tratta di frutti non necessariamente ascrivibili alla categoria delle res nullius, secondo la normativa speciale di riferimento (L.R. Abruzzo 16 febbraio 1988, n. 22), essendo riservata al proprietario o a chiunque abbia la disponibilità del fondo per legittimo titolo, la facoltà di raccolta esclusiva; e che se è vero che tale riserva, per essere opponibile ai terzi, è soggetta a specifiche forme di pubblicità (cfr. art. 3, L. cit.), è vero anche che si tratta, per scomodare categorie civilistiche, di pubblicità soltanto dichiarativa e non costitutiva, surrogabile dada prova dell’effettiva conoscenza, da parte del terzo, del diritto di sfruttamento esclusivo sulla piantagione ad altri spettante (cfr.Cass. civ. Sez. 1, Sentenza n. 4259 del 14/05/1997 – con riferimento alla L. 17 luglio 1970, n. 568, poi abrogata per essere sostituita da analoghe leggi regionali – dove la precisazione che il terzo perde il diritto di effettuare liberamente la raccolta, nè può invocare in proprio favore il mancato rispetto da parte del proprietario delle prescrizioni relative alla pubblicità dell’Intervenuta riserva, quando risulti essere a conoscenza della stessa),

ritenuto che nel caso in esame, già l’esistenza di una recinzione del fondo faceva supporre che si trattasse di terreno non incolto, per l’esistenza di piantagioni non superficiarie, mentre la consapevolezza dell’esistenza di diritti esclusivi di terzi da parte del ricorrente è ulteriormente avvalorata dalla sua violenta reazione all’intervento dei verbalizzanti, entrambe le circostanze essendo state adeguatamente sottolineate dalla Corte di merito sotto l’aspetto psicologico, a confutazione della tesi difensiva del reato erroneamente supposto , dal momento che la conoscenza effettiva della sottrazione della piantagione alla libera raccolta determinava comunque l’efficacia della riserva esclusiva da parte della persona offesa;

ritenuto pertanto che il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute in questo grado dalle parti civili, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali; condanna l’imputato alla rifusione, in favore delle parti civili Co.Gi. e I.C., delle spese dalle stesse sostenute in questo grado di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 3000,00 oltre iva, cpa e spese generali.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2013