Le spese condominiali urgenti sono le uniche che sono rimborsabili ai condòmini che le hanno fatte eseguire senza il consenso dell’amministratore o dell’assemblea. Ecco i criteri per indiviuarle.
La Cassazione ricorda che le spese condominiali urgenti vanno individuate in modo molto restrittivo, essendo solo quelle eseguite in presenza di una situazione tale da non consentire neppure quella minima dilazione necessaria per consentire al condominio di deliberarli o per ottenere l’autorizzazione dell’amministratore.
In assenza di effettiva urgenza, quindi, se il condòmino fa eseguire i lavori, poi non può pretendere di essere rimborsato dal Condominio.
Il costo rimarrà quindi ad intero carico del singolo condòmino che le ha ordinate.
Il principio era già stato sancito dalla Sezioni Unite nella sentenza del 31 gennaio 2006, n.2046, dove in proposito si legge:
“Il diverso il regime del rimborso delle spese anticipate dal condomino e dal comproprietario, a seguito della inerzia degli altri partecipanti (o dell’amministratore) – è noto – si fonda sul diverso presupposto oggettivo dell’urgenza e della trascuranza.
In materia di condominio negli edifici, il concetto di urgenza, impiegato nell’art. 1134 cod. civ., viene ricavato dal significato proprio della parola, che designa la stretta necessità: la necessità immediata ed impellente. Afferma la giurisprudenza che, ai fini dell’applicabilità dell’art. 1134 cod. civ. concernente il rimborso delle spese per le cose comuni fatte da un condomino, va considerata urgente la spesa, che deve essere eseguita senza ritardo (Cass., Sez. 2^, 26 marzo 2001, n. 4364); la spesa, la cui erogazione non può essere differita senza danno o pericolo, secondo il criterio del buon padre di famiglia (Cass., Sez. 2^, 12 settembre 1980, n. 5256).
Trascuranza, invece, significa negligenza, trascuratezza, omessa cura come si dovrebbe. Relativamente alle spese necessarie per la conservazione delle cose comuni, l’art. 1110 cit. riconduce il diritto al rimborso alla semplice inattività (Cass., Sez. 2^, 3 agosto 2001, n. 10738).
Il maggior rigore della disciplina in tema di condominio negli edifici rispetto alla comunione dipende dalla diversa utilità dei beni, che formano oggetto dei differenti diritti; l’utilità strumentale per i beni in condominio e l’utilità finale per i beni in comunione. La indivisibilità dei beni in condominio (art. 1119 cod. civ.) dipende dalla utilità strumentale, essendo strettamente legata al godimento delle unità immobiliari. Dalla virtuale perpetuità del condominio deriva l’opportunità che i condomini non interferiscono nella amministrazione delle parti comuni dell’edificio. Dalla normale divisibilità nella comunione, invece, segue che il comunista insoddisfatto dell’altrui inattività, se non vuole chiedere lo scioglimento (art. 1111 cod. civ.), può decidere di provvedere personalmente.”
Cass. civ. Sez. VI, Ord., 19-03-2012, n. 4330
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GOLDONI Umberto – Presidente
Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere
Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere
Dott. MANNA Felice – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 21239/2010
avverso la sentenza n. 97/2010 del TRIBUNALE di CALTAGIRONE, SEZIONE DISTACCATA di GRAMMICHELE del 20/07/2010, depositata il 26/07/2010;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Ritenuto che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., il relatore nominato per l’esame del ricorso ha depositato la seguente relazione:
“Osserva in fatto:
P.R. conveniva in giudizio, davanti al giudice di pace di Vizzini, A.S., D.F. e F.M. S., con quattro distinti atti di citazione per chiederne la condanna al pagamento delle somme rispettivamente dovute, pro quota e quali condomini (esclusa la quota di 1/3 dovuta dallo stesso attore quale proprietario del lastrico solare), per l’esecuzione di opere sul lastrico solare fatte eseguire in via di urgenza dallo stesso attore, quale condomino, che aveva pure provveduto al relativo pagamento all’appaltatore per Euro 33.000.
I convenuti si costituivano e contestavano la domanda sia sotto il profilo della mancanza del requisito dell’urgenza di provvedere all’esecuzione dei lavori, sia sotto il profilo della loro cattiva esecuzione.
Il Giudice di Pace, riuniti i procedimenti, accoglieva le domande attoree, ognuna eccedente il valore dei 1.100,00 Euro.
A.S., D.F. e F.M.S. proponevano appello al quale resisteva il P..
Il Tribunale di Caltagirone, sezione distaccata di Grammichele, decidendo quale giudice di appello, con sentenza depositata in data 26/7/2010, in riforma dell’appellata sentenza, rigettava la domanda proposta dal P. nei confronti di A.S., D. F. e F.M.S..
Il giudice di appello riteneva che al P. non fosse dovuto il richiesto rimborso in quanto le opere erano state eseguite dal predetto condomino in assenza di autorizzazione dell’organo condominiale competente in quanto la spesa mancava del requisito dell’urgenza richiesto dall’art. 1134 c.c..
Il P. propone ricorso per Cassazione fondato su tre motivi.
Resistono con controricorso A.S., D. F. e F.M.S..
Osserva in diritto:
1. Con il primo motivo (esposto al punto A del ricorso) il ricorrente deduce la violazione dell’art. 1130 c.c., perchè nel motivare sull’assenza di urgenza dei lavori per i quali l’odierno ricorrente chiede il rimborso, il giudice di appello ha rilevato che il P. del 2002 al 2005 non aveva fatto nulla per risolvere il problema delle infiltrazioni malgrado l’approvazione dei lavori da parte dell’assemblea condominiale che aveva deliberato la spesa da affrontare e individuato la ditta appaltatrice.
Il ricorrente osserva che nulla egli avrebbe potuto fare in quanto il deliberato dell’assemblea, ai sensi dell’art. 113 c.c. (rectius 1130), deve essere eseguito non dal singolo condomino, ma dall’amministratore.
2. Il motivo è inammissibile per irrilevanza e, quindi, per carenza di interesse in quanto l’addebito di inerzia ha costituito solo un argomento addotto a sostegno del giudizio finale di mancanza dell’urgenza di esecuzione dei lavori, mentre altri e decisivi argomenti sono stati addotti dal giudice di appello a prescindere dai personali convincimenti del P. circa l’urgenza dei lavori (che, peraltro, hanno formato oggetto dei successivi motivi di ricorso di cui infra). Infatti, il giudice di appello, nel motivare l’esclusione dell’urgenza, ha fatto riferimento al materiale fotografico che mostrava come i segni di umidità erano ridottissimi e che tali segni nel 2005, rispetto alla situazione rilevata 5 anni prima, non avevano evidenziato sostanziali aggravamenti (pag. 7 della sentenza), così che l’attendere la fine dell’estate per l’esecuzione dei lavori (invece eseguiti in pieno Agosto e quando, come osserva il giudice di appello a pag. 6, le precipitazioni atmosferiche sono quasi inesistenti) non avrebbe alterato la condizione dell’edificio.
3. Il secondo e il terzo motivo (rispettivamente esposti ai punti B e C del ricorso) devono essere esaminati congiuntamente perchè con essi si censura l’erronea applicazione al caso di specie dell’art. 1134 c.c., nella parte in cui attribuisce il diritto al rimborso al condomino che ha sostenuto spese urgenti per le cose comuni; il ricorrente, in sintesi, censura la decisione di appello perchè, quanto alla valutazione di urgenza dei lavori, sarebbe giunta a conclusioni contrarie rispetto a quelle del consulente tecnico di ufficio nominato dal giudice del primo grado e non avrebbe ritenuto urgenti lavori invece ritenuti tali dal CTU. 4. La censura di violazione di legge è inammissibile perchè il giudice di appello ha correttamente applicato l’art. 1134 c.c. escludendo il diritto al rimborso della spesa in assenza del carattere di urgenza dei lavori, come appunto prevede l’art. 1134 c.c..
E’ invece manifestamente infondata la connessa censura di vizio di motivazione in merito all’esclusione del carattere di urgenza.
Occorre premettere che, dalla motivazione della sentenza impugnata emerge che l’assemblea condominiale mai ha opposto un diniego all’esecuzione dei lavori che, invece, erano stati deliberati dall’assemblea con delibera del 3/6/2003 e, successivamente, sempre su richiesta del P. aveva deliberato la trasformazione del lastrico in tetto; nell’Ottobre 2004 l’assemblea prendeva atto che il P., avendo ottenuto la concessione, avrebbe iniziato i lavori entro brevissimo tempo (pag. 5 della sentenza impugnata); all’assemblea del 28/6/2005 il P. dichiara di avere cambiato idea e che non verranno più eseguiti i lavori di realizzazione del tetto; mai, dunque, l’assemblea si era opposta all’esecuzione dei lavori, certamente utili se non addirittura necessari.
Tuttavia non è in contestazione la necessità dei suddetti lavori, ma la loro urgenza che, per giustificarne l’esecuzione a prescindere e dalle autorizzazioni dell’amministratore o dell’assemblea condominiale, doveva essere tale da non consentire neppure quella minima dilazione necessaria per consentire al condominio di deliberarli o per ottenere l’autorizzazione dell’amministratore.
Infatti, nella fattispecie, non opera la disposizione dettata in tema di comunione in generale dell’art. 1110 cod. civ., secondo cui il rimborso delle spese per la conservazione è subordinato solamente alla trascuratezza degli altri comproprietari perchè, mentre nella comunione i beni comuni costituiscono l’utilità finale del diritto dei partecipanti, i quali, se non vogliono chiedere lo scioglimento, possono decidere di provvedere personalmente alla loro conservazione, nel condominio i beni predetti rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni individuali, sicchè la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione.
Premesso dunque che il connotato dell’urgenza deve essere valutato alla luce di tali rigorosissimi criteri, la giurisprudenza di questa Corte afferma che:
– ai fini dell’applicabilità dell’art. 1134 c.c., va considerata urgente la spesa, che deve essere eseguita senza ritardo (Cass. 26 marzo 2001, n. 4364);
– è urgente la spesa, la cui erogazione non può essere differita senza danno o pericolo, secondo il criterio del buon padre di famiglia (Cass. 12 settembre 1980, n. 5256);
– per aver diritto al rimborso della spesa affrontata per conservare la cosa comune, il condomino deve dimostrarne l’urgenza, ai sensi dell’art. 1134 cod. civ., ossia la necessità di eseguirla senza ritardo, e quindi senza poter avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (Cass. 4 agosto 1997, n. 7181 richiamata da Cass. 23/6/2001 n. 4364).
L’accertamento dell’urgenza, come tutti gli accertamenti dei fatti di causa, compete al giudice di merito, le cui valutazioni al riguardo non sono censurabili con il ricorso per cassazione, se adeguatamente motivati.
Nel caso di specie il giudice di appello ha esaminato la documentazione fotografica allegata alla relazione del CTU e ha rilevato che le macchie di umidità, in relazione alle quali si sarebbero resi necessari i lavori, nel 2005 erano ancora molto contenute e comunque tali da non giustificare l’intervento di urgenza. Nè può dirsi che immotivatamente il giudice di appello abbia disatteso il giudizio del CTU perchè egli ha esaminato la documentazione fotografica allegata dal CTU e ha rilevato, come era suo diritto e dovere fare, che le macchie di umidità non erano nè diffuse nè numerose così che nessuna urgenza era ravvisabile.
E’ appena il caso di aggiungere che i brani di CTU riportati in ricorso e che dovrebbero dimostrare, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, l’urgenza dell’intervento e l’errore del giudice, sono costituiti da affermazioni apodittiche, generiche e talvolta neppure riferite alla proprietà comune, ma alla proprietà individuale del P..
5. In conclusione il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c. per essere rigettato”.
Considerato che il ricorso è stato fissato per l’esame in camera di consiglio, che sono state effettuate le comunicazioni alle parti costituite e la comunicazione al P.G..
Vista la memoria adesiva dei controricorrenti;
Considerato che il collegio ha condiviso e fatto proprie le argomentazioni e la proposta del relatore.
Che le spese di questo giudizio di Cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza di P.R..
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare ai controricorrenti le spese di questo giudizio di cassazione che liquidate in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 13 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2012