Mantenimento relazione genitori figli minori

Gli Stati devono agevolare il mantenimento relazione genitori figli minori, ponendo in essere tempestivamente le misure necessarie.


Nella sentenza del 15/9/2016 (Ricorso n. 43299/12, caso Giorgioni c. Italia), la Corte di Strasburgo ha ribadito i seguenti principi circa il dovere per gli Stati – ai sensi dell’art.8 della CEDU – di agevolare il mantenimento della relazioni tra genitori e figli, anche in situazioni difficili.

Gli Stati devono dunque attivarsi tempestivamente per consentire al genitore di riunirsi con i propri figli.

Posto che ciò non può avvenire tramite la coercizione, gli Stati devono adottare le misure che ragionevolmente ci si può attendere da loro, al fine di adempiere a tale obbligo.

 

Come la Corte ha più volte ricordato, se l’articolo 8 della Convenzione ha essenzialmente lo scopo di premunire l’individuo contro le ingerenze arbitrarie dei pubblici poteri, esso non si limita a imporre allo Stato di astenersi da simili ingerenze: a questo impegno piuttosto negativo possono aggiungersi obblighi positivi inerenti a un rispetto effettivo della vita privata o famigliare. Tali obblighi possono implicare l’adozione di misure volte al rispetto della vita familiare, incluse le relazioni reciproche fra individui, tra cui la predisposizione di strumenti giuridici adeguati e sufficienti ad assicurare i legittimi diritti degli interessati, nonché il rispetto delle decisioni giudiziarie ovvero di misure specifiche appropriate (si veda, mutatis mutandis, Zawadka c. Polonia, n.48542/99, § 53, 23 giugno 2005). Tali strumenti giuridici devono permettere allo Stato di adottare misure idonee a riunire genitore e figlio, anche in presenza di conflitti fra i genitori (si vedano, mutatis mutandis, Ignaccolo-Zenide c. Romania, n. 31679/96, § 108, CEDU 2000 I, Sylvester c. Austria, nn. 36812/97 e 40104/98, § 68, 24 aprile 2003, Zavřel c. Repubblica ceca, n. 14044/05, § 47, 18 gennaio 2007, e Mihailova c. Bulgaria, n. 35978/02, § 80, 12 gennaio 2006). Peraltro gli obblighi positivi non implicano solo che si vigili affinché il minore possa raggiungere il genitore o mantenere un contatto con lui, bensì comprendono anche tutte le misure propedeutiche che consentono di giungere a tale risultato (si vedano, mutatis mutandis, Kosmopoulou c. Grecia, n. 60457/00, § 45, 5 febbraio 2004, Amanalachioai c. Romania, n. 4023/04, § 95, 26 maggio 2009, Ignaccolo-Zenide, sopra citata, §§ 105 e 112, e Sylvester, sopra citata, § 70).

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Inoltre, la Corte rammenta che, per essere adeguate, le misure volte a riunire genitore e figlio devono essere attuate rapidamente, in quanto il trascorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili per le relazioni tra il minore e il genitore che non vive con lui (si vedano, mutatis mutandis, Ignaccolo-Zenide, sopra citata, § 102, Maire c. Portogallo, n. 48206/99, § 74, CEDU 2003 VII, Pini e altri c. Romania, nn. 78028/01 e 78030/01, § 175, CEDU 2004 V (estratti), Bianchi c. Svizzera, n. 7548/04, § 85, 22 giugno 2006, e Mincheva c. Bulgaria, n. 21558/03, § 84, 2 settembre 2010).

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La Corte rammenta anche che il fatto che gli sforzi delle autorità siano stati vani non porta automaticamente a concludere che lo Stato si sia sottratto agli obblighi positivi derivanti per lui dall’articolo 8 della Convenzione (si veda, mutatis mutandis, Mihailova, sopra citata, § 82). In effetti, l’obbligo per le autorità nazionali di adottare misure per riunire il figlio e il genitore con cui quest’ultimo non convive non è assoluto, e la comprensione e la collaborazione di tutte le persone interessate costituiscono sempre un fattore importante. Se le autorità nazionali devono sforzarsi di agevolare una simile collaborazione, un obbligo per le stesse di ricorrere alla coercizione in materia non può che essere limitato: esse devono tenere conto degli interessi e dei diritti e libertà di queste stesse persone, in particolare degli interessi superiori del minore e dei diritti conferiti allo stesso dall’articolo 8 della Convenzione (Voleský c. Repubblica ceca, n. 63267/00, § 118, 29 giugno 2004). Come la giurisprudenza della Corte riconosce costantemente, quando si tratta di ricorrere alla coercizione in questo ambito delicato è necessaria la massima prudenza (Mitrova e Savik c. l’ex-Repubblica jugoslava di Macedonia, n. 42534/09, § 77, 11 febbraio 2016; Reigado Ramos c. Portogallo, n. 73229/01, § 53, 22 novembre 2005). e l’articolo 8 della Convenzione non può autorizzare un genitore a far adottare misure pregiudizievoli per la salute e lo sviluppo del minore (Elsholz c. Germania [GC], n. 25735/94, §§ 49 50, CEDU 2000 VIII). Il compito della Corte in questo caso consiste pertanto nel verificare se, per facilitare le visite, le autorità nazionali abbiano adottato tutte le misure necessarie che ragionevolmente era possibile attendersi da loro per mantenere i legami tra il ricorrente e suo figlio (Manuello e Nevi c. Italia, n. 107/10, § 52, 20 gennaio 2015) e nell’esaminare il modo in cui le autorità sono intervenute per agevolare l’esercizio del diritto di visita del ricorrente come definito dalle decisioni giudiziarie (Hokkanen c. Finlandia, 23 settembre 1994, § 58, serie A n. 299 A, e Kuppinger c. Germania, n. 62198/11, § 105, 15 gennaio 2015).