Idoneità locali nella locazione

Idoneità locali nella locazione: nei contratti ad uso commercile (diverso cioè da abitazione), il locatore è tenuto ad adeguare i locali in vista dello specifico uso cui il conduttore intende adibirli?


 

 

Insussistenza dell’obbligo di adeguamento ex lege.

 

L’art.1575 c.c. pone a carico del locatore l’obbligo di consegnare al conduttore l’immobile locato in buono stato di manutenzione e di mantenerla in essere durante il rapporto.

Salvo patto contrario, tra di essi rientra quello di consegnare un immobile fornito del certificato di abitabilità. Di conseguenza, solo qualora quest’ultimo non risulti ottenibile ed il certificato sia stato definitivamente negato, il locatore versa in stato di grave inadempimento (Cassazione, 11 aprile 2006, n.8409), non rilevando invece il mero ritardo nella sua concessione (Cassazione, 27 giugno 1975, n.2531).  Merita ricordare che – ai sensi dell’art.115 del Testo Unico sull’Edilizia – condizione per il rilascio del certificato di agibilità è anche l’acquisizione della dichiarazione di conformità o il certificato di collaudo degli impianti installati nell’immobile.

Per altro verso, pur in presenza del certificato di agibilità, il locatore non può comunque esimersi dal consegnare un immobile i cui impianti esistenti (primi fra tutti quello elettrico e quello del gas) rispettino i requisiti fissati dalle vigenti leggi in materia di sicurezza. In difetto, oltre alla responsabilità in sede civile, insorge anche quella penale (così Cassazione, sezione IV penale, 8 febbraio 1990, n.1698).

Tuttavia, per la Cassazione tra detti obblighi a carico del locatore esula pacificamente quello di apportare all’immobile ed ai relativi impianti le modifiche o le aggiunte occorrenti per renderlo idoneo alla destinazione pattuita e nemmeno quella di assicurare al conduttore la possibilità di apportargliele egli stesso, salvo patto contrario tra le parti (Cassazione, 14 febbraio 1975, n.590).

E’ bene puntualizzare che ciò vale sia nel caso in cui la necessità di apportare dette modifiche o aggiunte sussista già nel momento in cui viene stipulato il contratto di locazione, sia nel caso in cui essa insorga successivamente (Cassazione, 10 luglio 1974, n.2043).

Per quanto concerne, infatti, lo stato in cui versa il bene al momento della stipulazione, se il conduttore ne è a conoscenza e lo accetta, egli si assume il rischio economico dell’inidoneità dei locali all’uso per cui egli intende utilizzarli (Cassazione, 25 febbraio 2981, n.1142).

Né si riesce a superare tale chiaro orientamento, appellandosi alla circostanza che nel contratto le parti possono aver pattuito un preciso uso per l’immobile locato. Difatti, i giudici di legittimità separano nettamente la questione dell’uso dell’immobile rispetto alla sua idoneità ad essere impiegato per l’uso pattuito. Fra le tante, va ricordata la decisione n.4676, assunta l’8 maggio 1988:

 

“Ora, gli obblighi derivanti dagli artt.1575 e 1576 c.c. non comprendono l’esecuzione di opere di modificazione o trasformazione della cosa locata, anche se imposte da disposizioni di legge o dell’autorità sopravvenute alla consegna per rendere la cosa stessa specificamente idonea all’esercizio dell’attività per la quale è stata locata (cfr. Cass., 13 luglio 1977, n.3154; Cass., 10 luglio 1974, n.2043; Cass., 23 gennaio 1970, n.155; Cass., 3 marzo 1970, n.504; Cass., 5 febbraio 1977, n.519).

La diversa opinione comporterebbe trasmodatamento dell’obbligo manutentivo in quello di immutazione, con sopportazione di oneri di spese non previsti”.

 

Così pure Cassazione, 1 luglio 2005, n.14094, ove si evidenzia anche che – in mancanza di una descrizione dello stato dell’immobile contenuta nel contratto di locazione – si presume che il conduttore lo abbia ricevuto in buono stato locativo:

 

“Al di là degli obblighi normativamente previsti (che nella fattispecie non sono posti in questione), deve allora escludersi che sia sancito (o che sia comunque evincibile dall’ordinamento) l’obbligo a carico del locatore – affermato nella sentenza impugnata – di consegnare la cosa con le caratteristiche necessarie per servire all’uso per il quale è stato concluso il contratto; così come è arbitrario affermare (come pure la sentenza afferma) che al locatore, per liberarsi da siffatta obbligazione, sia fatto onere di dimostrare che tra sè ed il conduttore sia intervenuto un patto che lo esoneri dall’obbligo di consegnare la cosa con le menzionate caratteristiche (nella specie, come s’è detto, dotata di serrande o di vetri antisfondamento); infine, assolutamente priva di fondamento normativo è l’affermazione (anch’essa contenuta nel provvedimento impugnato) secondo cui il silenzio tenuto sul punto dalle parti andrebbe integrato dalla natura del rapporto, dalla consuetudine e dalla disciplina codicistica (“che appunto fa obbligo al locatore di fornire in godimento bene idoneo all’uso”).

In conclusione, deve essere affermato il principio secondo cui, in tema di locazione, l’inidoneità della cosa locata all’uso pattuito assuma rilievo, ai fini dell’individuazione della violazione delle obbligazioni del locatore, solo nel caso in cui questo abbia omesso di mantenerla, durante il rapporto, in stato da servire, appunto, a quell’uso (art.1575, n. 2, c.c.), oppure nel caso in cui, al momento della consegna (e, quindi, dopo la conclusione del contratto), la cosa risulti affetta da vizi in precedenza occulti, tali da renderla assolutamente inidonea o apprezzabilmente meno inidonea per quell’uso stesso (art.1578 c. c.). Non può essere, invece, desunta dall’ordinamento (e, dunque, affermata a prescindere dalle pattuizioni concretamente raggiunte dalle parti) l’obbligazione del locatore di consegnare la cosa fornita di determinate dotazioni necessarie per servire all’uso pattuito, come potrebbero essere, nel caso di locale commerciale, vetri antisfondamento, serrande o ogni altra attrezzatura che in un determinato contesto ed in relazione ad uno specifico genere merceologico possano servire per lo svolgimento dell’attività che il conduttore si propone di esercitare”.

 

Ciò vale anche se le modificazioni da apportare all’immobile sono necessarie al conduttore per ottenere dall’autorità amministrativa il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio della propria attività (Cassazione, 21 luglio 2004, n.13582).

In definitiva. Al momento di stipulare un contratto di locazione di un immobile destinato a un determinato uso, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività ripromessasi nonché a quanto necessario per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative. Le parti sono comunque libere di pattuire – individuando nel contempo su chi grava il relativo onere economico – tanto l’effettiva possibilità di apportare all’immobile le necessarie modificazioni per poter svolgere l’attività prevista, quanto il fatto che quest’ultimo presenti (o sia in potenziale condizione di acquisire) le pertinenti condizioni giuridiche funzionali al rilascio delle autorizzazioni amministrative stesse (così Cassazione, 13 luglio 1977, n.3154; 30 aprile 2005, n.9019).

Applicando i principi suddetti al problema della rimozione delle barriere architettoniche, imposta dall’art.27 della legge n.119 del 1971 e dal D.P.R. n.384 del 1978, la Cassazione ha riconosciuto che – nonostante la natura cogente di tale normativa – un contratto di locazione, concernente un immobile ad essa non conformato, non solo è valido, ma nemmeno è sottoposto alla condizione legale del previo adeguamento. Di conseguenza, il conduttore ha il diritto di pretenderne l’adeguamento, solo se nel contratto sia stato appositamente pattuito l’obbligo del locatore di provvedervi (sentenza 15 dicembre 2003, n.19190).

In assenza di specifiche pattuizioni, in certe condizioni esiste però una via d’uscita per il conduttore.

Difatti, la mancanza della concessione amministrativa necessaria per la legale destinazione all’uso pattuito dell’immobile locato (nella specie, si trattava della mancanza di concessione commerciale per essere il bene adibito a destinazione artigiana) può rientrare tra i vizi che, diminuendo in modo apprezzabile l’idoneità del bene all’uso predetto, possono legittimare il conduttore alla richiesta di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta (art.1463 c.c.) ovvero di riduzione del canone (ai sensi dell’art.1578 c.c.). Sufficiente ad integrare il vizio de quo deve ritenersi anche il semplice stato di obbiettiva incertezza sulla condizione urbanistica dell’immobile locato, siccome tale situazione può rappresentare una qualità negativa incidente sull’effettiva fruibilità del bene conformemente all’uso pattuito (Cassazione, 26 novembre 2002, n.16677; 12 settembre 2000, n.12030; 21 dicembre 2004, n.23695).

Tale via d’uscita è tuttavia preclusa, quando all’atto della stipulazione del contratto di locazione il conduttore non ha denunziato i difetti della cosa da lui conosciuti o facilmente riconoscibili. In tali circostanze, infatti, si ritiene che egli ha implicitamente rinunziato a farli valere, accettando la cosa nello stato in cui risultava al momento della consegna: pertanto, al conduttore non è dato chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone, né il risarcimento del danno o l’esatto adempimento, né avvalersi dell’eccezione di inadempimento di cui all’art.1460 c.c. (Cassazione, 7 marzo 2001, n.3341)

 

 

Vizi della cosa locata.

 

Bisogna dunque spostare l’attenzione sul questo problema, disciplinato dall’art.1578 c.c., che tuttavia concerne l’idoneità dei locali sotto più ampio profilo, siccome riguarda anche il caso in cui essa viene meno per fatti successivi alla conclusione del rapporto.

Per orientarsi, vanno innanzitutto richiamati gli insegnamenti resi dalla Cassazione nella sentenza18 aprile 2001, n.5682 (che trova un datato precedente nella pronuncia del 24 marzo 1980, n.1951):

 

 

2.1.2. Costituiscono vizi della cosa locata, agli effetti dell’art.1578 c.c., quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa alterandone l’integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se sono eliminabili e si manifestano successivamente alla conclusione del contratto di locazione (sentenza n.2605/95). A titolo di esempio, può ricordarsi che è stata ravvisata la sussistenza di un vizio, nei sensi suindicati, nelle seguenti ipotesi: costruzione eseguita su terreno argilloso senza adeguata protezione con conseguente infiltrazione di umidità (sentenza n.7260/94); invasione di umidità per effetto di trasudo delle pareti (sentenza n.8729/91); condutture di scarico costruite con materiali e modalità di giunzione difformi dalle prescrizioni del regolamento edilizio (sentenza n. 2605/95).

La presenza di vizi intrinseci e strutturali di tal genere non configura un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ex art.1575 c.c., ma altera l’equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sull’idoneità all’uso della cosa locata, al quale può porsi rimedio soltanto con la risoluzione del contratto ovvero con la riduzione del corrispettivo (sentenza n.8729/91), restando esclusa l’esperibilità dell’azione di esatto adempimento (sentenza n.7260/94).

Ben diversa è l’ipotesi in cui elementi della cosa locata subiscano guasti o deterioramenti per effetto della naturale usura dovuta al tempo o ad accadimenti accidentali. In tal caso è invero operante l’obbligo del locatore di provvedere alle riparazioni ai sensi dell’art.1576 c.c., la cui inosservanza determina inadempimento.

 

Come già prima si è accennato, sussistono comunque limiti all’insorgere della responsabilità del locatore per vizi dell’immobile locato (Cassazione, 15 novembre 1974, n.3655; 20 novembre 1975, n.3901; 4 dicembre 1976, n.4537; 16 marzo 1981, n.1458).

In primo luogo, se il vizio era riconoscibile per il conduttore al momento della stipulazione del contratto (ai sensi dell’art.1578, comma 1, c.c.). Tuttavia, anche in tali circostanze al conduttore è dato risolvere il contratto, qualora l’immobile – nello stato in cui gli è stato consegnato dalla controparte – presenti vizi che mettono in serio pericolo la vita del conduttore o dei suoi famigliari e dipendenti (art.1580 c.c.).

In secondo luogo, se – pur non essendo il vizio riconoscibile dal conduttore – nemmeno il locatore poteva rendersi conto dell’accertato difetto con la comune diligenza (così l’art.1578, comma 2, c.c.).

Ferme tali condizioni, è possibile limitare ulteriormente in via contrattuale la responsabilità del locatore per vizi della cosa locata, con l’unico limite – posto dall’art.1579 c.c. – che detta pattuizione non ha effetto, se il locatore ne ha taciuto in mala fede l’esistenza. Questa norma consente allora di inserire nel contratto apposite pattuizioni, volte ad escludere la responsabilità del locatore per quei fatti spesso non coperti da polizze assicurative, quali l’umidità, i rigurgiti di fogna, le infiltrazioni dal tetto e le invasioni di acqua.

Oltre a tali ipotesi, dovrebbe anche esulare la responsabilità del locatore per i danni conseguenti a mancata manutenzione, qualora – per effetto di apposite clausole contrattuali – le relative riparazioni locative di cui all’art.1576 siano state poste a carico del conduttore. Detta norma – oggetto di trattazione al successivo caso 5.12 – pone sì a carico del locatore l’obbligo di mantenere in buono stato locativo l’immobile locato, eseguendo durante il rapporto tutte le riparazioni necessarie eccettuate quelle di “piccola” manutenzione, ma  derogabile dalle parti.

A suffragare quanto appena sostenuto, soccorre la sentenza del 18 aprile 2006, n.8942:

 

“… questa Corte, che anche più di recente (v. sentenza 18.4.2001, n.5682) ha ribadito che non possono essere ricompresi tra i vizi della cosa locata ex art.1578 c.c. quei guasti o deterioramenti della stessa, dovuti alla naturale usura, effetto del tempo, ovvero ad accadimenti accidentali (quale la rottura del tubo dell’impianto di riscaldamento), ma altresì nella specie considerata risulta esattamente inquadrata dal giudice del merito.

Si osserva al riguardo che la Corte d’appello, rifacendosi alla sentenza di questa Corte del 6.3.1995, n.2605, ha affermato che costituiscono vizi della cosa locata, agli effetti dell’art.1578 c.c., quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa, alterandone l’integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se sono eliminabili e si manifestano successivamente alla conclusione del contratto di locazione.

Alla stregua di detto principio il giudice di appello ha escluso, che, nella specie, costituissero vizi della cosa locata ai sensi dell’art.1578 c.c., con i relativi rimedi, quelli riguardanti il cattivo funzionamento degli scarichi, la difettosa tenuta dei pluviali e delle tubazioni idriche”.

 

Difatti, avendo la Cassazione escluso che integrano un vizio del bene locato i suoi guasti o deterioramenti discendenti dalla naturale usura ovvero da caso fortuito (in altre parole, non rappresentano vizi sopravvenuti di cui all’art.1581 c.c.), l’unica via a disposizione del conduttore per far insorgere la responsabilità in capo al locatore resta quella di addebitargli di non avere provveduto agli interventi di manutenzione di sua competenza, violando così il disposto dagli art.1575, comma 2,  e 1576 c.c.

In conclusione, è bene regolare con attenzione nel contratto la questione dell’idoneità dei locali all’uso pattuito, approfittando del fatto che la Cassazione ne ha riconosciuto la legittimità (sentenza del 15 marzo 1989, n.1303).

 

 

 

In conclusione:

 

 

Se non specificamente pattuito, il locatore non è tenuto ad adeguare i locali in base alle esigenze ricollegabili all’attività esercitata dal conduttore, anche se quest’ultima è stata indicata nel contratto, limitando ad essa l’uso consentito per l’immobile oggetto del rapporto.

 

 

Clausola contrattuale:

 

– idoneità dei locali

 

“Il conduttore dichiara che i locali locati sono da lui ritenuti idonei all’attività intrapresa e, impegnandosi a richiedere presso i competenti organi (quali ASL, VV.FF., Comune, etc…) la licenza ad esercire e tutti gli altri permessi del caso ove necessario, solleva il locatore da ogni responsabilità al riguardo. Resta inteso tra le parti che l’eventuale inidoneità presente o futura dei locali all’esercizio dell’attività cui il conduttore intende adibirli, anche a causa dell’eventuale mancanza di requisiti all’uopo richiesti dalla pubblica autorità, non può ingenerare per il locatore l’obbligo di operare modificazioni o trasformazioni dei locali che non siano state poste a suo carico con il presente contratto”.

 

 

– responsabilità per danni

 

“Il conduttore esonera il locatore da ogni responsabilità per i danni diretti ed indiretti che possano derivargli a causa di umidità, invasione o infiltrazione di acque, rigurgiti di fogna, fughe di gas, cortocircuiti ed interruzione dei servizi di cui gode l’immobile locato”.

 

 

si vedano anche le clausole proposte per la disciplina delle spese di manutenzione nonché per la custodia dei locali