Custodia locali nella locazione

 

 

Pendente il rapporto di locazione commerciale, chi ha la custodia dell’immobile locato (custodia locali nella locazione)?


 

Nel momento in cui, in virtù del contratto di locazione validamente concluso tra le parti, il locare consegna i locali al conduttore, quest’ultimo ne acquista la detenzione, che rimane lecita per tutta la durata del rapporto, mentre il locatore ne conserva il possesso mediato. Ciò non vale più quando, venuto meno il rapporto, il conduttore non rilascia i locali: in tal caso, il locatore ne perde il possesso, che verrà recuperato solo all’esito del rilascio spontaneo (anche se tardivo) ovvero all’esecuzione della convalida di sfratto per finita locazione o della sentenza importante analoga condanna.

Queste considerazioni, però, non sono sufficienti a rispondere al quesito ora in esame, che trova la sua ragion d’essere dinanzi a tre differenti questioni.

 

 

Danni provocati da impianti.

 

La prima. Chi risponde in caso di danni, conseguenti al cattivo funzionamento di impianti presenti nell’immobile locato?

La risposta giunge in modo piuttosto articolato dalla sentenza 3 agosto 2005 della Suprema Corte (conformi i principi enunciati nelle decisioni 15 marzo 2004, n.5245, e 19 gennaio 2001, n.782):

 

Va a tal fine premesso che in tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, la fattispecie di cui all’art.2051 cod. civ. individua un’ipotesi di responsabilità oggettiva e non una presunzione di colpa, essendo sufficiente per l’applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo. Pertanto non rileva in sé la violazione dell’obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell’evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno (Cass. 15.3.2004, n.5236).

Ed in tema di danni da cose in custodia, ai fini della configurabilità della responsabilità ex art.2051 cod. civ., è sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa con il conseguente potere – dovere di intervento su di essa, e che compete al proprietario o anche al possessore o detentore. Pertanto, la locazione di immobile, la quale determina in linea di principio il trasferimento al conduttore della disponibilità della cosa locata e delle sue pertinenze, comporta l’obbligo di custodia del bene locato in capo al conduttore stesso, dal quale discende altresì la responsabilità a suo carico – e, ove la custodia finisca per fare capo a più soggetti a pari titolo, o a titoli diversi, che importino l’attuale coesistenza di poteri di gestione e di ingerenza sul bene, la responsabilità in via solidale a carico di tutti – ex art.2051 cod. civ. per i danni arrecati a terzi dalle parti ed accessori del bene locato, rimanendo, invece, in capo al proprietario la responsabilità dei danni arrecati a terzi dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, delle quali conserva la disponibilità giuridica, e, quindi, la custodia (Cass. 6.4.2004, n.6753; Cass. 9.2.2004, n.2422).

L’obbligo di custodia e la correlativa responsabilità verso i terzi danneggiati, ai sensi dell’art. 2051 c.c., pertanto, non vengono meno per il proprietario dell’immobile concesso in locazione, permanendo in capo al medesimo un effettivo potere di controllo dell’immobile locato, finalizzato a vigilare sullo stato di conservazione e di efficienza delle strutture edilizie e degli impianti. in particolare, il proprietario dell’immobile locato conserva la disponibilità giuridica delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati e, quindi, è responsabile ai sensi degli artt.2051 e 2053 c.c. dei danni arrecati ai terzi, salvo eventuale rivalsa, nel rapporto interno, contro il conduttore. In applicazione dei detti principi, pertanto, correttamente il giudice del merito ha riconosciuto la responsabilità del proprietario dell’immobile locato che, conservando la custodia delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati, era tenuto a consentire l’accesso negli immobili stessi, in considerazione della necessità ed urgenza di eseguire i lavori di consolidamento dell’intero stabile”.

 

Dunque, in sostanza la Cassazione distingue a seconda che il danno si origini da impianti cui il conduttore ha materialmente possibilità di accesso (perché siti all’interno dei locali locati) oppure no (in quanto collocati all’interno delle murature, sia dell’immobile locato che nelle parti comuni del fabbricato ove esso è eventualmente situato). Nella prima ipotesi, la responsabilità per danni cagionati a terzi grava sul condutture; nel seconda, sul locatore (viene così parzialmente modificato quanto inizialmente enunciato nelle sentenze 8 settembre 1977, n.3933 e 12 marzo 1982, n.1868).

Merita però puntualizzare che ciò vale in tema di responsabilità extracontrattuale, per danni cagionati a terzi.

Per contro, nei rapporti tra locatore e conduttore, la situazione assume diversa connotazione, siccome – come spiegato al caso 5.11 – tende a configurarsi come responsabilità conseguente a vizi dell’immobile ovvero a mancata manutenzione. Di conseguenza, la ripartizione di siffatta responsabilità può essere oggetto di apposite pattuizioni fra parti.

In tale contesto, anche se in realtà non si va a derogare ai principi appena enunciati, può essere utile per le parti chiarire la situazione con riferimento ad alcune specifiche ipotesi, quali – ad esempio – la manutenzione delle caldaiette a gas per il riscaldamento individuale.

 

 

Deterioramento dell’immobile.

 

La seconda. Chi risponde in caso di deterioramento dell’immobile?

Principio generale è che al soggetto, tenuto a restituire un bene (com’è il conduttore, con riferimento al bene locato, da rendere al momento in cui cessa il rapporto di locazione), spetta l’obbligo della relativa custodia: art.1177 c.c.

In applicazione di detto principio generale, ai sensi degli art.1588 e 1590 c.c., il conduttore risponde per la perdita ovvero per il deterioramento dell’immobile, tranne che nelle seguenti circostanze.

Innanzitutto, se egli prova che ciò è avvenuto per causa a lui non imputabile (art.1588, comma 1, c.c.), individuandola in modo specifico. Con riferimento ai danni cagionati dalla piena di un fiume ad un azienda di ristorazione data in affitto, nella sentenza del 12 giugno 2006, n.11005, la Cassazione ha puntualizzato che la prova, in merito alla mancanza di colpa in capo al conduttore per la perdita o il deterioramento della cosa locata, deve essere piena e completa (così anche Cassazione, 2 agosto 2000, n.10126). Pertanto, per assolvere a detto onere, non basta dimostrare semplicemente che i danni derivano da un disastro naturale, dovendosi provare – più ampiamente – che essi erano in alcun modo evitabili o diminuibili, per effetto della diligente condotta del conduttore tenuto alla custodia. A ciò si aggiunga, che la destinazione dell’immobile locato ad un uso particolare può valere ad accentuare l’obbligazione di osservare – nella sua custodia – la diligenza del buon padre di famiglia posta a carico del conduttore dall’art.1587 c.c., ma non vale ad esonerare quest’ultimo dalla responsabilità discendente dall’art.1588 o attenuarla (Cassazione, 28 luglio 2005, n.15818).

Inoltre, se il deterioramento risulta dall’uso del bene in conformità al contratto (art.1590, comma 1, c.c.) ovvero a vetustà (comma 3 della stessa norma), a meno che egli non abbia violato il dovere di eseguirvi le opere di manutenzione contrattualmente pattuite con il locatore, così derogando ai criteri di loro ripartizione indicati dall’art.1576 c.c. (su cui al precedente caso 5.12). La Cassazione ha anche puntualizzato (sentenza 27 settembre 1990, n.9757) che il normale deterioramento del bene – situazione peraltro nei fatti più consona nell’ipotesi dell’affitto di un bene produttivo (ex art.1615 c.c.) piuttosto che in quella della mera locazione di un immobile – non può essere invocato dal conduttore, al fine della riduzione del risarcimento dei danni, la cosa locata sia stata in pratica distrutta o gravemente alterata nei suoi elementi principali ed essenziali per fatto e colpa imputabili al conduttore ovvero a persone delle quali egli deve rispondere.

A sintetizzare i principi appena esposti la Suprema Corte ha provveduto nella sentenza del 18 giugno 1991, n.6896:

 

“La responsabilità del conduttore di cui all’art. 1590 c.c. per i fatti che si siano verificati nel corso della locazione (deterioramento della cosa locata) ripete la propria disciplina dall’art. 1588 che pone a carico del conduttore il rigore della colpa presunta. Tale responsabilità può sussistere soltanto al di fuori dell’ambito entro il quale il deterioramento è giustificato da un uso della cosa in conformità del contratto, a norma dell’art. 1590, che delimita del contratto, a norma dell’art. 1590, che delimita la sfera della liceità giuridica spettante al conduttore quanto al godimento della cosa, identificandola nell’uso normale secondo la sua destinazione”.

 

Infine, la suddetta responsabilità grava sul conduttore anche quando il deterioramento sia imputabile ad un terzo, che egli ha immesso nel godimento del bene locato (art.1588, comma 2, c.c., su cui Cassazione, 5 aprile 1995, n.3999). Ciò ovviamente non va ad escludere la responsabilità del terzo, che troverà la sua fonte nell’art.2043 c.c. ovvero nell’art.2051 c.c. Affinché quest’ultima norma operi, però, il locatore danneggiato dovrà dimostrare che il terzo si trova in una situazione di autonoma detenzione qualificata, tale da rendere anche lui titolare di un potere di vigilanza sull’immobile stesso (Cassazione, 15 dicembre 2003, n.19185).

 

 

Incendio dell’immobile.

 

La terza. Chi risponde in caso di incendio dell’immobile locato?

In realtà, si tratta di un’ipotesi di applicazione dei principi appena enunciati con riferimento alla responsabilità per il deterioramento dell’immobile locato, essendo specificamente enunciata nello stesso primo comma dell’art.1588 c.c.

Si tratta comunque di un caso oggetto di un discreto numero di decisioni della Suprema Corte, in cui viene innanzitutto ribadito che l’obbligo del conduttore di osservare la diligenza del buon padre di famiglia, nell’uso e nel godimento della cosa locata, comprende essenzialmente l’adozione delle misure idonee ad evitare la perdita ed il deterioramento del bene, ivi compreso il caso di incendio. Ne risponde il conduttore, tranne se egli prova che la perdita o il deterioramento sono accaduti per causa a lui non imputabile. Tale presunzione di colpa può essere vinta solo mediante la dimostrazione che la causa dell’incendio, identificata in modo positivo e concreto, non è a lui imputabile. Di conseguenza, detta dimostrazione non è adeguatamente raggiunta, quando la causa della perdita o del deterioramento resta sconosciuta o anche dubbia. Inoltre, la prova in questione nemmeno può ritenersi integrata, qualora lo stesso conduttore non sia stato ritenuto responsabile in sede penale, giacché ciò non comporta di per sé la identificazione della causa in modo positivo e concreto (Cassazione, 21 dicembre 1982, n.7059; 14 giugno 1994, n.5775; 2 aprile 2001, n.4799).

Con riferimento al quantum del danno risarcibile, esso comprende non solo quello emergente (e cioè il costo per il ripristino del bene locato), ma anche il lucro cessante. Per quantificare quest’ultimo (Cassazione, 9 giugno 2003, n.9199), si è posto il problema di individuarne gli eventuali limiti e, in particolare:  se esso debba essere equivalente alle somme che sarebbero state corrisposte dal conduttore ove il rapporto avesse potuto avere il suo corso ordinario e se, dunque, debba aversi riguardo alla scadenza contrattuale; ovvero, se tale limite possa essere superato ove la restituzione (ancora possibile) sia stata successiva alla scadenza; ovvero, ancora,  se il risarcimento possa essere inferiore alla somma dei canoni dovuti per il periodo residuo di durata della locazione, ove la restituzione sia avvenuta in epoca antecedente alla scadenza.

La Suprema Corte ha allora precisato che, per capirlo, si deve far riferimento alle peculiarità dei singoli casi concreti, dando rilevanza alle seguenti circostanze. In primo luogo, il locatore deve essere indennizzato di tutte le conseguenze pregiudizievoli subite – incluso il mancato guadagno, insito nella mancata restituzione dell’immobile, il cui obbligo scatta (almeno teoricamente) in conseguenza alla risoluzione del rapporto per la sua perdita o deterioramento – esclusi solo i danni che il locatore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, a mente dell’art. 1227 c.c., comma 2. In secondo luogo, la restituzione non necessariamente coincide col limite temporale cui dove aversi riguardo ai fini della liquidazione del danno da lucro cessante, dovendo il giudice tener conto anche del tempo necessario al ripristino della cosa, in modo che sia di nuovo idonea a fornire al locatore la utilità che poteva offrire prima che fosse danneggiata per fatto imputabile al conduttore.

Tuttavia, se l’immobile è validamente assicurato contro il rischio di incendio, il quantum del risarcimento è ridotto – ai sensi dell’art.1589 c.c. – alla differenza tra il minore indennizzo corrisposto dall’assicuratore ed il danno effettivo (Cassazione, 21 ottobre 2005, n.20357).

 

 

In conclusione:

 

Fatta eccezione per gli impianti cui non ha materialmente accesso (ad esempio, perché incorporati nelle murature), è il conduttore ad avere la custodia dell’immobile. Ciò importa l’insorgere a suo carico della responsabilità sia per i danni generati dagli impianti di cui il conduttore ha invece la custodia, sia per quelli derivanti dal deterioramento o dalla perdita dell’immobile. In questa seconda ipotesi, per sottrarsi a tale responsabilità, il conduttore è tenuto a provare che il deterioramento o la perdita dell’immobile dipende esclusivamente da una precisa causa – da individuarsi esattamente – a lui non imputabile in alcun modo.

 

 

 

Clausola contrattuale:

 

“Il conduttore è costituito custode dell’immobile e ne risponde in caso di perdite o deterioramento derivanti da incendio qualora non provi che ciò non sia dovuto a cause a lui non imputabili. Il conduttore esonera il locatore da ogni responsabilità per i danni diretti ed indiretti che potessero derivargli da fatto doloso o colposo dei dipendenti od ausiliari del locatore, compreso il portiere (se esiste il servizio), o di terzi in generale. Il conduttore esonera altresì il locatore da ogni responsabilità per i danni diretti ed indiretti che potessero derivargli a causa di umidità, invasione o infiltrazione di acque, rigurgiti di fogna, fughe di gas, cortocircuiti ed interruzione dei servizi di cui gode l’immobile locato. Il conduttore è responsabile, con facoltà di nominare a proprie spese un terzo responsabile, del funzionamento di tutti gli eventuali impianti (quali caldaiette, stufe, etcc.), presenti nell’immobile locato o ad esso pertinenziali, che siano di proprietà del locatore o riconducibili a quest’ultimo. Il conduttore si impegna inoltre a sostenere interamente, senza possibilità di rivalsa o ripetizione in alcun modo sul locatore, tutte le spese che si rendessero necessarie in conseguenza di atti, dolosi o colposi, commessi da terzi che arrechino pregiudizio all’immobile locato nonché all’edificio ove si trova quest’ultimo”.