Accordo UE Cina tutela DOP IGP

Gli accordi della UE con Cina e Giappone per la tutela di alcune DOP(Accordo UE-Cina tutela DOP IGP)


Nell’anno 2019 l’Unione Europea ha concluso due accordi internazionali – uno con la Cina (Accordo UE-Cina tutela DOP IGP) e l’altro con il Giappone (Accordo UE-Giappone tutela DOP IGP) – che aggiungono nuovi nodi ad una rete di appositi trattati internazionali, pazientemente tessuta al fine di salvaguardare nel mondo le nostre DOP e IGP.

Cerchiamo innanzitutto di capire perché tali accordi sono indispensabili.

I nomi geografici, costituenti DOP ovvero IGP, sono protetti – quando ciò avviene, ma non è cosa scontata nel mondo! – per effetto di norme giuridiche, le quali esplicano però effetto unicamente sul territorio dell’ordinamento che le prevede. Va da sé che, più è ampio il territorio dell’ordinamento giuridico in questione, maggiore è l’estensione geografica delle zone ove vige siffatta tutela.

In buone sostanza, i confini nazionali rappresentano un grave ostacolo alla tutela in questione.

In Europa, tale problema è stato risolto – con notevole efficacia! – proprio grazie alle norme comunitarie: facendo discendere da esse la protezione di DOP e IGP, i confini nazionali all’interno dell’Unione non ledono minimamente la loro tutela. In altre parole, in virtù del diritto comunitario, una denominazione italiana è protetta nello stesso modo tanto in Italia, quanto in Francia, quanto in Germania, e così via in tutti gli altri Paesi dell’Unione.

La protezione, peraltro, è molto estesa, siccome essa vieta (art.103 del Regolamento 1308/2013/UE) – fra l’altro – di ledere le DOP e le IGP con «qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto o servizio è indicata o se il nome protetto è una traduzione, una trascrizione o una traslitterazione o è accompagnato da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione”, “gusto”, “come” o espressioni simili».

Superando i confini dell’Unione Europea, ciò viene meno.

L’unica possibilità, per mantenere una certa tutela, è che anche gli Stati non facenti parte dell’Unione riconoscano sul loro territorio una qualche protezione a DOP e IGP comunitarie.

E’ vero che gli Accordi TRIPS, conclusi in sede dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, comportano l’obbligo per tutti gli Stati aderenti di proteggere le denominazioni di origine (ma non le indicazioni geografiche!), ma è parimenti vero che detti accordi sono assai poco efficaci.

Per rimediare, non restava che stringere appositi trattati con i singoli paesi.

Per farlo è tuttavia necessario disporre di molto potere negoziale: forza che l’Italia – da sola – avrebbe in misura alquanto limitata.

A partire dagli anni ‘90, dunque, l’Unione Europea ha gradatamente concluso molteplici accordi in materia con molti altri Stati – fra cui: U.S.A., Canada, Sud Africa, Cile, Australia, … – per vedere protette sul loro territorio le nostre DOP e IGP, così intessendo una vera e propria “rete” in loro difesa.

In buona sostanza: è grazie all’Unione Europea che le nostre DOP e IGP vengono tutelate in gran parte del mondo con una certa effettività.

Siffatta “rete” presentava però due preoccupanti buchi, adesso in qualche modo tappati: mancavano infatti la Cina ed il Giappone.

Il tema era particolarmente cruciale per i produttori europei, giacché per noi le denominazioni di origine rappresentano un patrimonio economico assolutamente significativo. Tuttavia, negli ultimi anni anche la Cina – volendo entrare sempre più nel mondo del commercio internazionale – ha iniziato a riconoscere alcune denominazioni di origine del proprio territorio (la prima riguarda le lingue d’oca).

E’ però errato pensare che tale complesso sistema di protezione sia omogeneo.

Ad esempio, l’Accordo tra UE ed USA verte esclusivamente sul commercio del vino: esso pertanto tutela in modo abbastanza esteso le DOP europee relative a tale settore, ma esclude quelle dei prodotti alimentari. Lo stesso dicasi per i trattati con l’Australia, la Repubblica Sudafricana ed il Cile.

Per contro, il recente Accordo con la Cina concerne anche le DOP alimentari. Tuttavia, le DOP europee che ne beneficiano – vedendo così riservata sia la loro espressione in caratteri latini che la loro traslitterazione in ideogrammi cinesi – sono al momento relativamente poche, e cioè solo un centinaio, di cui ben 26 italiane.

Ecco quali sono queste ultime: Aceto Balsamico di Modena, Asti, Barbaresco, Bardolino Superiore, Barolo, Brachetto d’Acqui, Brunello di Montalcino, Chianti, Conegliano-Valdobbiadene Prosecco, Dolcetto d’Alba, Franciacorta, Montepulciano d’Abruzzo, Soave, Toscano/Toscana, Vino Nobile di Montepulciano (per quanto concerne i vini); Grappa (in relazione ai liquori); Asiago, Bresaola della Valtellina, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Prosciutto di Parma, Prosciutto San Daniele, Taleggio (DOP alimentari).

Di certo, dette DOP sono tra le nostre più significative, il che è un gran successo. Però il loro numero è comunque modesto, per cui è da augurarsi che l’attuale accordo con la Cina rappresenti un primo passo per una tutela numericamente più diffusa. In effetti, nell’Unione Europea sono tutelate ben 573 DOP e 248 IGP italiane (di cui, rispettivamente, 167 e 130 agroalimentari nonché 406 e 118 per i vini)!

Anche il recente ampio accordo commerciale tra Unione Europea e Giappone, che tra le sue molteplici pattuizioni prevede pure la protezione delle rispettive DOP, non rappresenta una misura di loro generale salvaguardia, essendo limitato il numero delle denominazioni di origine che ne beneficiano.

Per quanto concerne le DOP italiane, il Giappone ha accettato di proteggere sul proprio territorio – oltre a tutte quelle oggetto dell’accordo tra UE e Cina – anche i seguenti ulteriori nomi geografici o di prodotti: Sicilia, Soave, Valpolicella, Vernaccia di San Gimignano, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Gasparossa di Castelvetro, Marsala, Montepulciano di Abruzzo, Campania, Bolgheri / Bolgheri Sassicaia, Bardolino / Bardolino Superiore (con riferimento ai vini); Fontina, Mela Alto Adige / Südtiroler Apfel, Mortadella Bologna, Pecorino Toscano, Prosciutto Toscano, Provolone Valpadana, Taleggio, Zampone Modena.

Inoltre, sia l’accordo con la Cina sia quello con il Giappone – al pari di molti altri accordi internazionali – esplicano i loro effetti solo in favore dei citati nomi geografici, lasciando invece scoperte le relative sotto-zone ed indicazioni geografiche aggiuntive, che nemmeno sono tutelate (proprio perché sono cosa diversa dalle denominazioni), ma semplicemente consentite dalla legislazione dell’Unione Europea sull’organizzazione comune dei mercati e che trovano il loro fondamento nel Testo Unico Vino del nostro paese (il che implica una protezione molto più limitata e flebile).

Pure le menzioni tradizionali connesse alle denominazioni coperte dai nuovi accordi con Cina e Giappone non trovano protezione, ma ciò vale anche per molti altri accordi internazionali sul commercio del vino conclusi dalla UE (fanno eccezione quelli con l’Australia ed il Cile), mentre all’interno della Unione esse sono salvaguardate. Anzi, il relativo livello di protezione è aumentato con l’adozione del regolamento della Commissione 33/2019, che ha sostanzialmente assimilato la portata della protezione per le menzioni a quella per le dominazioni (fatta salva la differenza che le prime sono tutelate solo nella versione linguistica con cui sono registrate, mentre per le seconde la tutela copre anche la loro espressione nelle altre lingue dell’Unione).

Insomma, questi due nuovi accordi internazionali – che vanno sicuramente apprezzati e ben accolti! – iniziano forse a connotare una sorta di differenziazione all’interno delle stesse DOP e IGP, sostanzialmente ricollegabile al peso economico delle rispettive produzioni.

Chi realizza quelle attualmente escluse dalla protezione, dovrà quindi prestare attenzione all’evoluzione della situazione, per capire se in futuro essa si consoliderà alle restrittive attuali condizioni ovvero si assisterà ad una graduale estensione del campo di operatività della tutela di DOP e IGP europee in Cina e Giappone. La questione appare particolarmente delicata per quei produttori che puntano a vedere proprio su tali importanti mercati.


 


Sempre a fine dell’anno 2019, l’Unione Europea ha compiuto ulteriori passi per perfezionare la propria adesione al cosiddetto “Accordo di Lisbona” (così come modificato da quello successivo di Ginevra), che – in sede WIPO (World Intellectual Property Organization) – ha come obiettivo la tutela sia delle denominazioni di origine, sia delle indicazioni geografiche.

Ciò consente di rafforzare la tutela di DOP e IGP dell’Unione Europea nei seguenti paesi, magari meno rilevanti sul piano dell’export dei nostri vini, ma che – in assenza di tale trattato – avrebbero potuto costituire un “porto sicuro” per eventuali operazioni di contraffazione: Albania, Algeria, Bosnia ed Herzegovina, Burkina Faso, Congo, Costa Rica, Cuba, Repubblica Dominicana, Korea del Nord, Repubblica Dominicana, Gabon, Georgia, Haiti, Iran, Israele, Mexico, Montenegro, Nicaragua, Macedonia del Nord, Peru, Moldavia, Togo e Tunisia.

Accordo UE Giappone tutela DOP IGP

Gli accordi della UE con Cina e Giappone per la tutela di alcune DOP(Accordo UE-Giappone tutela DOP IGP)


Nell’anno 2019 l’Unione Europea ha concluso due accordi internazionali – uno con la Cina (Accordo UE-Cina tutela DOP IGP) e l’altro con il Giappone (Accordo UE-Giappone tutela DOP IGP) – che aggiungono nuovi nodi ad una rete di appositi trattati internazionali, pazientemente tessuta al fine di salvaguardare nel mondo le nostre DOP e IGP.

Cerchiamo innanzitutto di capire perché tali accordi sono indispensabili.

I nomi geografici, costituenti DOP ovvero IGP, sono protetti – quando ciò avviene, ma non è cosa scontata nel mondo! – per effetto di norme giuridiche, le quali esplicano però effetto unicamente sul territorio dell’ordinamento che le prevede. Va da sé che, più è ampio il territorio dell’ordinamento giuridico in questione, maggiore è l’estensione geografica delle zone ove vige siffatta tutela.

In buone sostanza, i confini nazionali rappresentano un grave ostacolo alla tutela in questione.

In Europa, tale problema è stato risolto – con notevole efficacia! – proprio grazie alle norme comunitarie: facendo discendere da esse la protezione di DOP e IGP, i confini nazionali all’interno dell’Unione non ledono minimamente la loro tutela. In altre parole, in virtù del diritto comunitario, una denominazione italiana è protetta nello stesso modo tanto in Italia, quanto in Francia, quanto in Germania, e così via in tutti gli altri Paesi dell’Unione.

La protezione, peraltro, è molto estesa, siccome essa vieta (art.103 del Regolamento 1308/2013/UE) – fra l’altro – di ledere le DOP e le IGP con «qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto o servizio è indicata o se il nome protetto è una traduzione, una trascrizione o una traslitterazione o è accompagnato da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione”, “gusto”, “come” o espressioni simili».

Superando i confini dell’Unione Europea, ciò viene meno.

L’unica possibilità, per mantenere una certa tutela, è che anche gli Stati non facenti parte dell’Unione riconoscano sul loro territorio una qualche protezione a DOP e IGP comunitarie.

E’ vero che gli Accordi TRIPS, conclusi in sede dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, comportano l’obbligo per tutti gli Stati aderenti di proteggere le denominazioni di origine (ma non le indicazioni geografiche!), ma è parimenti vero che detti accordi sono assai poco efficaci.

Per rimediare, non restava che stringere appositi trattati con i singoli paesi.

Per farlo è tuttavia necessario disporre di molto potere negoziale: forza che l’Italia – da sola – avrebbe in misura alquanto limitata.

A partire dagli anni ‘90, dunque, l’Unione Europea ha gradatamente concluso molteplici accordi in materia con molti altri Stati – fra cui: U.S.A., Canada, Sud Africa, Cile, Australia, … – per vedere protette sul loro territorio le nostre DOP e IGP, così intessendo una vera e propria “rete” in loro difesa.

In buona sostanza: è grazie all’Unione Europea che le nostre DOP e IGP vengono tutelate in gran parte del mondo con una certa effettività.

Siffatta “rete” presentava però due preoccupanti buchi, adesso in qualche modo tappati: mancavano infatti la Cina ed il Giappone.

Il tema era particolarmente cruciale per i produttori europei, giacché per noi le denominazioni di origine rappresentano un patrimonio economico assolutamente significativo. Tuttavia, negli ultimi anni anche la Cina – volendo entrare sempre più nel mondo del commercio internazionale – ha iniziato a riconoscere alcune denominazioni di origine del proprio territorio (la prima riguarda le lingue d’oca).

E’ però errato pensare che tale complesso sistema di protezione sia omogeneo.

Ad esempio, l’Accordo tra UE ed USA verte esclusivamente sul commercio del vino: esso pertanto tutela in modo abbastanza esteso le DOP europee relative a tale settore, ma esclude quelle dei prodotti alimentari. Lo stesso dicasi per i trattati con l’Australia, la Repubblica Sudafricana ed il Cile.

Per contro, il recente Accordo con la Cina concerne anche le DOP alimentari. Tuttavia, le DOP europee che ne beneficiano – vedendo così riservata sia la loro espressione in caratteri latini che la loro traslitterazione in ideogrammi cinesi – sono al momento relativamente poche, e cioè solo un centinaio, di cui ben 26 italiane.

Ecco quali sono queste ultime: Aceto Balsamico di Modena, Asti, Barbaresco, Bardolino Superiore, Barolo, Brachetto d’Acqui, Brunello di Montalcino, Chianti, Conegliano-Valdobbiadene Prosecco, Dolcetto d’Alba, Franciacorta, Montepulciano d’Abruzzo, Soave, Toscano/Toscana, Vino Nobile di Montepulciano (per quanto concerne i vini); Grappa (in relazione ai liquori); Asiago, Bresaola della Valtellina, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Prosciutto di Parma, Prosciutto San Daniele, Taleggio (DOP alimentari).

Di certo, dette DOP sono tra le nostre più significative, il che è un gran successo. Però il loro numero è comunque modesto, per cui è da augurarsi che l’attuale accordo con la Cina rappresenti un primo passo per una tutela numericamente più diffusa. In effetti, nell’Unione Europea sono tutelate ben 573 DOP e 248 IGP italiane (di cui, rispettivamente, 167 e 130 agroalimentari nonché 406 e 118 per i vini)!

Anche il recente ampio accordo commerciale tra Unione Europea e Giappone, che tra le sue molteplici pattuizioni prevede pure la protezione delle rispettive DOP, non rappresenta una misura di loro generale salvaguardia, essendo limitato il numero delle denominazioni di origine che ne beneficiano.

Per quanto concerne le DOP italiane, il Giappone ha accettato di proteggere sul proprio territorio – oltre a tutte quelle oggetto dell’accordo tra UE e Cina – anche i seguenti ulteriori nomi geografici o di prodotti: Sicilia, Soave, Valpolicella, Vernaccia di San Gimignano, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Gasparossa di Castelvetro, Marsala, Montepulciano di Abruzzo, Campania, Bolgheri / Bolgheri Sassicaia, Bardolino / Bardolino Superiore (con riferimento ai vini); Fontina, Mela Alto Adige / Südtiroler Apfel, Mortadella Bologna, Pecorino Toscano, Prosciutto Toscano, Provolone Valpadana, Taleggio, Zampone Modena.

Inoltre, sia l’accordo con la Cina sia quello con il Giappone – al pari di molti altri accordi internazionali – esplicano i loro effetti solo in favore dei citati nomi geografici, lasciando invece scoperte le relative sotto-zone ed indicazioni geografiche aggiuntive, che nemmeno sono tutelate (proprio perché sono cosa diversa dalle denominazioni), ma semplicemente consentite dalla legislazione dell’Unione Europea sull’organizzazione comune dei mercati e che trovano il loro fondamento nel Testo Unico Vino del nostro paese (il che implica una protezione molto più limitata e flebile).

Pure le menzioni tradizionali connesse alle denominazioni coperte dai nuovi accordi con Cina e Giappone non trovano protezione, ma ciò vale anche per molti altri accordi internazionali sul commercio del vino conclusi dalla UE (fanno eccezione quelli con l’Australia ed il Cile), mentre all’interno della Unione esse sono salvaguardate. Anzi, il relativo livello di protezione è aumentato con l’adozione del regolamento della Commissione 33/2019, che ha sostanzialmente assimilato la portata della protezione per le menzioni a quella per le dominazioni (fatta salva la differenza che le prime sono tutelate solo nella versione linguistica con cui sono registrate, mentre per le seconde la tutela copre anche la loro espressione nelle altre lingue dell’Unione).

Insomma, questi due nuovi accordi internazionali – che vanno sicuramente apprezzati e ben accolti! – iniziano forse a connotare una sorta di differenziazione all’interno delle stesse DOP e IGP, sostanzialmente ricollegabile al peso economico delle rispettive produzioni.

Chi realizza quelle attualmente escluse dalla protezione, dovrà quindi prestare attenzione all’evoluzione della situazione, per capire se in futuro essa si consoliderà alle restrittive attuali condizioni ovvero si assisterà ad una graduale estensione del campo di operatività della tutela di DOP e IGP europee in Cina e Giappone. La questione appare particolarmente delicata per quei produttori che puntano a vedere proprio su tali importanti mercati.



Sempre a fine dell’anno 2019, l’Unione Europea ha compiuto ulteriori passi per perfezionare la propria adesione al cosiddetto “Accordo di Lisbona” (così come modificato da quello successivo di Ginevra), che – in sede WIPO (World Intellectual Property Organization) – ha come obiettivo la tutela sia delle denominazioni di origine, sia delle indicazioni geografiche.

Ciò consente di rafforzare la tutela di DOP e IGP dell’Unione Europea nei seguenti paesi, magari meno rilevanti sul piano dell’export dei nostri vini, ma che – in assenza di tale trattato – avrebbero potuto costituire un “porto sicuro” per eventuali operazioni di contraffazione: Albania, Algeria, Bosnia ed Herzegovina, Burkina Faso, Congo, Costa Rica, Cuba, Repubblica Dominicana, Korea del Nord, Repubblica Dominicana, Gabon, Georgia, Haiti, Iran, Israele, Mexico, Montenegro, Nicaragua, Macedonia del Nord, Peru, Moldavia, Togo e Tunisia.

Dichiarazione vendemmia produzione

Dichiarazione vendemmia produzione, il decreto MIPAAF 7701/2019 indica le nuove norme.


Mediante il decreto 7701/2019, il MIPAAFT ha dettato le nuove regole applicabili – a partire dalla campagna agricola 2018/2019 – per la dichiarazione vendemmia produzione.

Il decreto – attuativo della normativa comunitaria in materia nonché del Testo Unico Vino (art.58 di quest’ultimo) –  stabilisce che la dichiarazione di vendemmia o produzione va presentata telematicamente e che, a tal fine, il sistema sarà disponibile dal 1 agosto al 31 dicembre di ogni anno.

La dichiarazione di vendemmia va presentata ogni anno entro il 30 novembre, fatte salve alcune regole particolari per le produzioni tardive (ciò anche per l’ipotesi in cui la vendemmia per la campagna intessata abbia dato una produzione pari a zero).

La dichiarazione di produzione va presentata ogni anno entro il 15 dicembre, con riferimento ai prodotti detenuti al 30 novembre (che concerne anche chi opera in conto-lavorazione).

Al più tardi della campagna 2020/2021, chi detiene il registro telematico avrà facoltà compilare la dichiarazione di produzione sulla base dei dati contenuti nel registro stesso, che sarano riportati in automatico, ma andranno corretti se necessario.

I coltivatori di uve che conferiscono interamente la propria produzione ad una associazione oppure una cantina sociale sono tenuti ad indicarlo, mediante la compilazione di appositi quadri (F2 e R). Questi ultimi entreranno a far parte della dichiarazione che l’associazione o la cantina dovrà depositare.

La dichiarazione di vendemmia contiene anche l’eventuale rivendicazione delle uve per la trasformazione in vini IGP o DOP, con l’indicazione degli esuberi delle rese delle stesse uve IGP o DOP, che devono essere nei limiti consentiti dai relativi disciplinari.

E’ prevista la possibilità di presentare dichiarazioni preventive per particolari vini IGP o DOP che siano commericializzati prima della data di presentazione delle dichiarazioni di vendemmia e/o produzione.

Il decreto indica anche i soggetti esonerati dal presentare le dichiarazioni.

AGEA ha il compito di indicare le modalità tecnico-operative.

 

Codice enologico comunitario

La Commissione ha adottato il regolamento 934/2019, portante il nuovo codice enologico europeo.


La novità principale del nuovo codice enologico europeo (uno degli atti fondamentali di attuazione della OCM Unica nel settore vitivinicolo) è l’introduzione della distinzione tra “ingredienti” ed “eccipienti” dei vini.

Tale distinzione è stata introdotta in vista della futura entrata in vigore (al momento nulla è ancora stato deciso al riguardo) dell’obbligo di indicare sull’etichetta dei vini i relativi ingredienti.

Quest’ultimo discende dalla circostanza che anche ai vini – in quanto alimenti – si applica il regolamento UE 1169/2011 sulle informazioni ai consumatori riguardo ai prodotti alimentari.

Sino ad ora i vini (grazie all’art.41 di detto regolamento) sono stati esentati dall’obbligo di indicare in etichetta gli ingredienti, poiché mancavano regole specifiche in sede di Unione Europea, ma adesso quest’ultima intende colmare la lacuna.

Le sostanze usate durante le pratiche enologiche potrebbero allora dover essere in futuro indicate nell’etichetta.

 

Codice enologico comunitario etichette

La distinzione tra “ingredienti” ed “eccipienti” dei vini, adesso introdotta nel nuovo Codice enologico comunitario, cerca di contenere l’obbligo di indicare in etichetta alle sole sostanze – impiegate durante le pratiche enologiche – considerate come veri e propri tra “ingredienti”, mentre potrebbe portare ad escludere dall’indicazione obbligatoria in etichetta quelle qualificate come meri “eccipienti” dei vini.

 

In effetti, l’art. 20 del citato regolamento UE 1169/2011 dispone:


“Omissione dei costituenti di un prodotto alimentare dall’elenco degli ingredienti.

Fatto salvo l’articolo 21, nell’elenco degli ingredienti non è richiesta la menzione dei seguenti costituenti di un alimento:

a) ..

b) gli additivi e gli enzimi alimentari:

i) …

ii) che sono utilizzati come coadiuvanti tecnologici“;


Nonostante la distinzione adesso introdotta nel Codice enologico comunitario, quale sarà la futura disciplina dipende da cosa verrà deciso in sede europea circa la portata dell’obbligo di etichettatura dei vini.

Oltre al problema di “cosa” si dovrà scrivere in etichetta in merito agli ingredienti, sussiste anche la questione di “dove” tali indicazioni debbano comparire.

La questione è delicata, giacché tale elenco potrebbe sottrarre molto spazio dalla superficie delle etichette dei vini (che, sopratutto per le bottiglie sino a 0,75 l.) non è notoriamente ampio.

Le industrie del settore (riunite in sede di CEEV) hanno proposto di inserire sull’etichetta dei Q-Code, che rinviino ad appositi siti internet, ma tale proposta è ancora lungi dall’essere accolta.


Proposta del CEEV su etichettatura ingredienti vini


 

La nuova formulazione del Codice enologico comunitario – sopratutto nel suo allegato I – sovverte quindi la struttura del precedente analogo codice, portato dal regolamento 606/2008 (adesso abrogato), che invece manteneva una certa continuità con quello ancora precedenti (regolamento 423/2008 e regolamento 1622/2000).

Quest’ultimo rappresenta il riferimento normativo recepito dall’Accordo UE/USA del 2006 sul commercio del vino.

Di conseguenza, potrebbe generarsi qualche incertezza al riguardo, per quanto concerne le pratiche di cantina della UE riconosciute ed ammesse dagli USA.

 

esami analitici organolettici commissioni degustazione

Con decreto del 12 marzo 2019 il MIPAAFT ha emanato il nuovo regolamento su esami analitici organolettici commissioni degustazione


Il nuovo regolamento su esami analitici organolettici commissioni degustazione (che abroga quello precedente del 2011) costuituisce un importante tassello nel sistema dei controlli sui vini a denominazione ed indicazione geografica, oggetto di altro regolamento.

Il decreto su esami analitici organolettici commissioni degustazione disciplina altresì (suo art.19) le modalità di campionamento e di esecuzione di tali esami per i controlli effettuati sui vini a denominazione ed indicazione geografica dopo l’immissione in commercio.


DECRETO MINISTERIALE 12 marzo 2019

Disciplina degli esami analitici per i vini DOP e IGP, degli esami organolettici e dell’attività delle commissioni di degustazione per i vini DOP e del finanziamento dell’attività della commissione di degustazione di appello.

– Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 maggio 2019, n. 102.

 


IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E DEL TURISMO, DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Visto il regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione del 14 luglio 2009, e successive modifiche ed integrazioni, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli;

Visto il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante Organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio;

Visto il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricole comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 352/78, (CE) n. 165/92, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008 e, in particolare, l’art. 90 concernente controlli connessi alle denominazioni di origine, alle indicazioni geografiche e alle menzioni tradizionali protette;

Visto il regolamento delegato (UE) n. 273/2018 della Commissione dell’11 dicembre 2017 che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, lo schedario viticolo, i documenti di accompagnamento e la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni obbligatorie, le notifiche e la pubblicazione delle informazioni notificate, che integra il regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i pertinenti controlli e le pertinenti sanzioni, e che modifica i regolamenti (CE) n. 555/2008, (CE) n. 606/2009 e (CE) n. 607/2009 della Commissione e abroga il regolamento (CE) n. 436/2009 della Commissione e il regolamento delegato (UE) 2015/560 della Commissione;

Visto il regolamento di esecuzione (UE) n. 274/2018 della Commissione dell’11 dicembre 2017 recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni e le notifiche obbligatorie, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i controlli pertinenti, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) 2015/561 della Commissione;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze 11 novembre 2011 recante la disciplina degli esami analitici per i vini DOP e IGP, degli esami organolettici e dell’attività delle commissioni di degustazione per i vini DOP e del relativo finanziamento;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 13 agosto 2012 recante disposizioni nazionali applicative del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del regolamento applicativo (CE) n. 607/2009 della Commissione e del decreto legislativo n. 61/2010, per quanto concerne le DOP, le IGP, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti del settore vitivinicolo;

Visto il decreto del Capo del Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari n. 9276 del 12 giugno 2014, recante Approvazione del tariffario di analisi ICQRF;

Visto il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 20 marzo 2015, n. 293, recante disposizioni per la tenuta in forma dematerializzata dei registri nel settore vitivinicolo, ai sensi dell’art. 1-bis, comma 5, del decreto-legge 24 giungo 2014, n. 91, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;

Vista la legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino;

Visti in particolare i commi 5, 6 e 8 dell’art. 65 della citata legge 12 dicembre 2016, n. 238;

Sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale;

Ritenuto di dover adottare le disposizioni applicative di cui ai citati commi 5, 6 e 8 dell’art. 65 della citata legge 12 dicembre 2016, n. 238, concernenti la disciplina degli esami chimico-fisici per i vini DOCG, DOC e IGT, degli esami organolettici per i vini DOCG e DOC e dell’attività delle commissioni di degustazione;

Acquisito il parere del Ministero dell’economia e delle finanze con nota n. 19238 dell’8 ottobre 2018, ai fini del concerto;

Vista l’intesa intervenuta in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano nella riunione del 20 dicembre 2018;

Decreta:


Art. 1. Definizioni

1. Allorché non sarà diversamente previsto per specifiche disposizioni, ai sensi del presente decreto con i seguenti termini, definizioni, abbreviazioni e/o sigle si intende:
a) «legge»: la legge 12 dicembre 2016, n. 238;
b) «Ministero» e «Ministro»: il Ministero e il Ministro delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo;
c) «regioni»: le regioni e Province autonome di Trento e Bolzano;
d) «Autorità di controllo»: il Ministero, quale Autorità nazionale competente incaricata di effettuare i controlli dell’adempimento degli obblighi di cui all’art. 90, par. 2, del regolamento (UE) n. 1306/2013, in materia di denominazioni di origine, indicazioni geografiche e menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, e di controllare, ai sensi dell’art. 146 del regolamento (UE) n. 1308/2013, l’osservanza delle norme dell’Unione europea nel settore vitivinicolo;
e) «ICQRF»: il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari del Ministero, attraverso il quale si esercitano le funzioni dell’Autorità di controllo;
f) «organismo di controllo»: persona giuridica pubblica o privata a cui l’Autorità di controllo ha delegato le funzioni di controllo di cui agli articoli 64 e 65 della legge, relativamente alla verifica annuale del rispetto del disciplinare dei vini DOP e IGP, ai sensi degli articoli 24, 25 e 26 del regolamento (CE) n. 607/2009;
g) «DOP», «DO», «DOCG» e «DOC»: le sigle utilizzate per i prodotti vitivinicoli a denominazione di origine;
h) «IGP», «IG» e «IGT»: le sigle utilizzate per i prodotti vitivinicoli a indicazione geografica;
i) «SIAN»: il sistema informativo agricolo nazionale, di cui all’art. 15 della legge 4 giugno 1984, n. 194, e i sistemi informativi regionali ove presenti;
l) «detentore»: l’operatore della filiera vitivinicola che detiene la partita di vino oggetto degli esami analitici e/o organolettici;
m) «registro telematico»: il registro tenuto con modalità telematiche, ai sensi del decreto ministeriale 20 marzo 2015, n. 293, nel quale, per ogni stabilimento e deposito dell’impresa, sono indicate le operazioni relative ai prodotti vitivinicoli;
n) «vigilanza»: complesso delle attività, diverse dalle funzioni di controllo di cui alla lettera f), svolte dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge;
o) «Laboratorio»: i laboratori autorizzati di cui all’art. 6 ed i laboratori pubblici che operano in conformità alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025: 2005 «Criteri generali sulla competenza dei laboratori di prova e di taratura», effettuando i controlli sulla base di determinazioni analitiche accreditate dall’Ente unico di accreditamento nazionale ACCREDIA.


Art. 2. Art. 65 della legge – Esami analitici ed organolettici – Attività commissioni di degustazione – Ambito di applicazione

1. Il presente decreto stabilisce le disposizioni applicative dell’art. 65, commi 5, 6 e 8, della legge, per quanto concerne:
a) l’esecuzione degli esami analitici per i vini DOP e IGP;
b) l’esecuzione degli esami organolettici e i criteri per il riconoscimento delle commissioni di degustazione per i vini DOP;
c) le operazioni di prelievo dei campioni da destinare agli esami analitici e organolettici;
d) la comunicazione dei parametri chimico-fisici attestati da parte di un laboratorio autorizzato;
e) le modalità per la determinazione dell’analisi complementare dell’anidride carbonica per i vini frizzanti e spumanti;
f) l’attività ed il finanziamento della commissione di degustazione di appello dei vini DOP;
g) la definizione dei limiti di tolleranza consentiti tra i parametri chimico-fisici comunicati ai sensi della lettera d) e i parametri chimico-fisici riscontrati successivamente nella fase di vigilanza da parte dell’Autorità di controllo o di altri organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge;
h) l’esecuzione degli esami organolettici dei campioni, prelevati nella fase di vigilanza dall’Autorità di controllo o dagli organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge, di vini designati con la DOP o l’IGP, pronti per il consumo e detenuti per la vendita oppure già posti in commercio, e il relativo finanziamento.


Art. 3. Art. 65 della legge – Esami analitici ed organolettici – Attività commissioni di degustazione – Disposizioni generali

1. Ai fini della commercializzazione, dell’etichettatura e della presentazione con la DO, le relative partite di vino devono essere preventivamente sottoposte, a cura dell’organismo di controllo, ad esame analitico e ad esame organolettico, al fine di certificare la corrispondenza delle stesse partite alle caratteristiche previste dai relativi disciplinari di produzione, mediante la verifica annuale di cui all’art. 25 del reg. CE n. 607/2009, con le modalità ed i criteri stabiliti nello specifico piano dei controlli di cui all’art. 64 della legge e nel presente decreto.

2. Per le partite di vini IGT, conformemente alle disposizioni di cui all’art. 25 del regolamento CE n. 607/2009, la verifica annuale è limitata all’esame analitico ed è effettuata, a cura dell’organismo di controllo, nel rispetto delle procedure e dei criteri stabiliti nello specifico piano dei controlli di cui all’art. 64 della legge e nel presente decreto.

3. L’esame analitico deve riguardare almeno i valori degli elementi stabiliti dall’art. 26 del reg. CE n. 607/2009 e quelli indicati negli specifici disciplinari di produzione DOCG, DOC e IGT ed è effettuato nel rispetto delle seguenti modalità e principi:
a) mediante controlli sistematici per vini DOCG;
b) mediante controlli a campione, basati su analisi dei rischi, o controlli sistematici per vini DOC, conformemente alla scelta effettuata dal gruppo dei produttori della specifica DOC di cui all’art. 95, par. 1, del reg. UE n. 1308/2013, ivi incluso il Consorzio di tutela incaricato, o in sua assenza dalla competente regione, in sede di approvazione del relativo piano dei controlli valido per il successivo triennio;
c) mediante controlli a campione, basati su analisi dei rischi, per i vini IGT, conformemente alla scelta effettuata dal gruppo dei produttori della specifica IGT di cui all’art. 95, par. 1, del reg. UE n. 1308/2013, ivi incluso il Consorzio di tutela incaricato, o in sua assenza dalla competente regione, in sede di approvazione del relativo piano dei controlli valido per il successivo triennio.

4. L’esame organolettico delle partite di vini DO, previo esame analitico di cui al comma 3, è effettuato da apposite commissioni di degustazione, nel rispetto delle seguenti modalità e principi:
a) mediante controlli sistematici per vini DOCG e per i vini DOC con produzione certificata pari o superiore a 10.000 ettolitri nell’anno precedente alla data di presentazione della richiesta di approvazione del piano dei controlli;
b) mediante controlli a campione o controlli sistematici per i vini DOC con produzione certificata inferiore a 10.000 ettolitri nell’anno precedente alla data di presentazione della richiesta di approvazione del piano dei controlli, conformemente alla scelta effettuata dal gruppo dei produttori della specifica DOC di cui all’art. 95, par. 1, del reg. UE n. 1308/2013, ivi incluso il Consorzio di tutela incaricato, o in sua assenza dalla competente regione, in sede di approvazione del relativo piano dei controlli valido per il successivo triennio.

5. La determinazione del campione di cui al comma 3, lettera c), può essere riferita:
– ad una percentuale minima del numero totale dei detentori che sono inseriti nel sistema di controllo della specifica IGT;
– ad una percentuale minima della produzione vinicola rivendicata per la specifica IGT nell’anno cui si riferisce la verifica;
– a tutti i detentori che sono inseriti nel sistema di controllo della specifica IGT, per una percentuale minima della produzione vinicola rivendicata da ciascun detentore nell’anno cui si riferisce la verifica.

Ciascuna delle opzioni di cui ai trattini precedenti deve comunque assicurare che il campione sia rappresentativo di almeno il 10% della produzione della intera IGT rivendicata nell’anno cui si riferisce la verifica.

6. La determinazione del campione di cui al comma 3, lettera b), ed al comma 4, lettera b), deve essere riferita:
ad almeno il 30% del totale dei detentori che sono inseriti nel sistema di controllo della specifica DOC, o
a tutti i detentori che sono inseriti nel sistema di controllo della specifica DOC, per una percentuale minima della produzione vinicola rivendicata da ciascun detentore nell’anno cui si riferisce la verifica.

Ciascuna delle opzioni deve comunque assicurare che il campione sia rappresentativo di almeno il 30% della produzione della intera DOC rivendicata nell’anno cui si riferisce la verifica.

7. Allorché prevista in conformità ai commi 3, 4 e 6, la positiva certificazione analitica e organolettica è condizione per l’utilizzazione della denominazione e ha validità di centottanta giorni per i vini a DOCG, di due anni per i vini a DOC, di tre anni per i vini a DOC liquorosi, per le partite allo stato sfuso. Trascorsi i predetti periodi di validità, in assenza di imbottigliamento, per le relative partite sono applicabili le seguenti condizioni:
a) entro il termine di un anno a decorrere dalla data di certificazione, i vini DOCG devono essere sottoposti ad un nuova certificazione organolettica; trascorso detto termine è da ripetere sia la certificazione analitica che quella organolettica;
b) i vini a DOC devono essere sottoposti ad un nuova certificazione analitica e organolettica.

8. Conformemente all’art. 59, comma 2, e all’art. 65, comma 5, della legge, i detentori delle partite di vino immessi nel sistema di controllo dei vini DOP e IGP di cui all’art. 64 della legge, gli enti ed organismi preposti alla gestione, alla vigilanza ed ai controlli dei vini in questione, espletano le attività e le procedure stabilite nel presente decreto tramite i servizi del SIAN, sulla base degli elementi contenuti nel «registro telematico».


Art. 4. Definizione, collocazione e identificazione della partita di vino da destinare alla certificazione analitica e organolettica

1. Per partita di vino si intende una massa omogenea di prodotto, da destinare alla verifica annuale dei requisiti previsti dal disciplinare di produzione delle specifiche DO e IGT, proveniente da un unico processo di omogeneizzazione della massa stessa e contenuta:
in un unico o più recipienti;
in piccoli recipienti (botti con capacità massima di 10 ettolitri, damigiane o altri) e in bottiglie,
collocati nello stesso stabilimento. Gli stessi recipienti devono essere identificati in conformità alle disposizioni di cui al Capo IV del regolamento UE n. 274/2018 e di cui all’art. 17 del decreto ministeriale 13 agosto 2012, così come inseriti nel «registro telematico».


Art. 5. Presentazione richiesta prelievo campione – Prelievo campione dalla relativa partita

1. Per le DOCG e per le DOC per le quali sono previsti esami analitici e organolettici sistematici, il detentore della partita che intende ottenere la certificazione presenta preventivamente apposita richiesta per via telematica, in conformità all’allegato 1, all’organismo di controllo, indicando gli elementi identificativi della stessa partita di cui all’art. 4, comma 1, come presenti nel «registro telematico». La richiesta è presentata non prima che la partita abbia raggiunto le caratteristiche minime al consumo previste dal disciplinare di produzione per la relativa tipologia regolamentata.

Fatto salvo il rispetto del termine previsto per l’immissione al consumo dallo specifico disciplinare di produzione, la predetta richiesta di prelievo può essere effettuata antecedentemente all’imbottigliamento della stessa partita. Detta possibilità è esclusa per vini spumanti e frizzanti elaborati in bottiglia.

2. Ai fini degli esami analitici per i vini IGT e degli esami analitici e organolettici dei vini DOC per i quali sono previsti controlli a campione, il prelievo è disposto dall’organismo di controllo, conformemente alle condizioni e con le modalità operative stabilite nello specifico piano dei controlli.

Limitatamente ai vini atti a diventare DOC, qualora la partita non abbia raggiunto le caratteristiche organolettiche minime al consumo previste dal disciplinare, il detentore chiede all’organismo di controllo un nuovo prelievo ai soli fini dell’esame organolettico, antecedentemente alla commercializzazione ai fini dell’immissione al consumo, avvalendosi della procedura di cui al comma 1.

3. Nel caso dei vini «novelli» e di altre tipologie di vini DO che, nel rispetto della normativa vigente e per ragioni commerciali, sono immessi al consumo entro un breve lasso di tempo a partire dalla vendemmia la richiesta di prelievo è presentata antecedentemente alla denuncia di produzione delle uve, dichiarando mediante autocertificazione che sono stati rispettati gli adempimenti tecnico-amministrativi previsti dalla normativa vigente in materia. L’organismo di controllo, una volta verificata la regolare presa in carico sul registro telematico delle partite in questione provvede ad effettuare gli opportuni controlli.

4. Il prelievo dei campioni è programmato ed effettuato a cura dell’organismo di controllo.

5. Il campionamento di ciascuna partita è effettuato dal personale ispettivo incaricato dall’organismo di controllo, di seguito denominato «prelevatore», nel rispetto delle condizioni di cui ai successivi commi.

6. Il prelevamento del campione dalla partita, così come identificata all’art. 4, comma 1, per la quale è stata dichiarata dal detentore l’uniformità qualitativa, è effettuato a sondaggio sull’intera partita, assicurando che il campione stesso sia rappresentativo dell’intera partita.

7. Nel caso dei vini spumanti elaborati in bottiglia, qualora la porzione di prodotto da aggiungere successivamente alla sboccatura non sia tale da determinare una variazione del tipo di prodotto relazionato al tenore zuccherino residuo di cui all’allegato XIV, parte A, del regolamento CE n. 607/2009, il prelievo può essere effettuato precedentemente all’operazione di sboccatura della relativa partita, mediante il prelievo degli esemplari di campione all’uopo sboccati.

8. Qualora trattasi di campione di vino spumante o di vino frizzante prodotto in recipiente chiuso (autoclave), il prelievo può essere effettuato, anche nella fase di elaborazione, prima dell’imbottigliamento, direttamente dall’autoclave, adottando apparecchiature atte a far sì che l’operazione avvenga senza perdita di pressione.

9. Per l’espletamento delle operazioni di prelievo, il prelevatore ha diritto di accedere nei locali dove è conservata la partita di vino e preliminarmente al prelievo provvede ad identificare la partita, così come individuata all’art. 4, comma 1. A tal fine, mediante apposito riscontro con gli elementi inseriti nel «registro telematico», accerta la provenienza del prodotto, la tipologia, la sua rispondenza quantitativa, nonché l’ubicazione delle partite del vino oggetto di prelievo.

10. Qualora il prelevatore, nell’espletamento dei propri compiti, rilevi una situazione di difformità tra la consistenza e gli elementi identificativi della partita rispetto a quelli risultanti dagli elementi inseriti nel «registro telematico» sospende le operazioni di prelevamento e procede secondo quanto previsto dal piano dei controlli autorizzato.

11. Effettuati gli accertamenti di cui al comma 9, il prelevatore, in caso di vini DO provvede al prelevamento del campione in sei esemplari. Tali esemplari sono così utilizzati:
a) uno è affidato al detentore della partita;
b) uno è destinato all’esame chimico-fisico;
c) uno è destinato all’esame organolettico;
d) uno è conservato per l’eventuale esame da parte della commissione di appello;
e) due sono tenuti di riserva per almeno sei mesi da parte dell’organismo di controllo, per eventuali ulteriori esami chimico-fisici e organolettici.

12. Per il prelievo del campione ai fini dell’esame analitico dei vini IGT ed ai fini della ripetizione dell’esame organolettico dei vini DOCG e dell’espletamento del solo esame analitico o del solo esame organolettico dei vini DO, il campione è prelevato in quattro esemplari.

13. La capacità dei recipienti per i singoli esemplari del campione è compresa tra 0,375 e 1 litro; gli stessi recipienti sono chiusi ermeticamente. Per i recipienti già confezionati dal produttore-imbottigliatore si procede al prelevamento delle confezioni esistenti per numero di pezzi e volume corrispondenti.

14. Sulla chiusura di ogni recipiente è apposto un sigillo cartaceo recante la dizione: «vino DOC o DOCG o IGT – campione di controllo esente da documento di accompagnamento ai sensi della vigente normativa», completato da un’ala staccabile nella quale figurano il numero e la data del verbale di prelievo, il quantitativo della partita e le firme del prelevatore e dell’incaricato dell’azienda che assiste al prelievo. Può essere utilizzato altro dispositivo alternativo al sigillo cartaceo, a condizione che ciascun esemplare di campione sia sigillato e munito di contrassegno indelebile riportante i seguenti dati identificativi, in maniera tale da essere collegato inequivocabilmente al verbale di campionamento corrispondente: numero e data del verbale di prelievo, entità della relativa partita, eventuale codice aggiuntivo.

15. Al momento del prelievo è redatto, in duplice copia, un verbale conforme al modello di cui all’allegato 2, dal quale devono risultare i seguenti elementi:
a) numero del verbale;
b) data e ora del prelevamento;
c) nominativo del prelevatore;
d) denominazione dell’azienda e relativo indirizzo;
e) nominativo del titolare dell’azienda o di un suo fiduciario, specificatamente delegato, incaricato di presenziare al prelevamento;
f) modalità di prelevamento, specificando che le stesse hanno garantito l’uniformità qualitativa di cui al comma 6;
g) descrizione della partita di vino: quantitativo, provenienza del relativo prodotto, tipologia, recipienti;
h) dichiarazione attestante che tutti gli esemplari di campione asportati e quello lasciato in custodia sono stati sigillati con l’apposizione sulle apposite ali staccabili delle firme del prelevatore e del responsabile dell’azienda o che sono stati sigillati, contrassegnati ed identificati con un sistema alternativo in conformità al comma 14;
i) indicazione relativa al numero d’ordine del prelievo della stessa partita, indicando «primo prelievo» o «prelievo per la ripetizione dell’esame organolettico di partita DOCG» o «prelievo per partita già giudicata non idonea all’esame chimico-fisico» o «prelievo per partita già giudicata rivedibile all’esame organolettico».

16. I verbali sono sottoscritti dal prelevatore e dall’incaricato dell’azienda.

17. Delle due copie del verbale, una copia è consegnata all’azienda e la seconda copia rimane all’organismo di controllo, unitamente agli esemplari di campione.

18. I campioni sono presi in carico e conservati a cura dell’organismo di controllo.

19. Fatte salve le disposizioni più restrittive previste negli specifici disciplinari di produzione, le partite di vino, dalle quali sono stati prelevati i campioni, non possono essere rimosse dal luogo e dai recipienti ove si trovano al momento del prelievo, nel periodo compreso tra il prelievo stesso e la ultimazione dell’esame analitico e organolettico o analitico, fatta eccezione per eventuali cause, relative alle operazioni di cantina o commerciali che non consentono il rispetto dei tempi per il rilascio della certificazione stabiliti nel presente decreto. In tali casi i relativi travasi o spostamenti, in ogni caso nell’ambito della zona di vinificazione delimitata dallo specifico disciplinare di produzione, sono preventivamente comunicati all’organismo di controllo ed i relativi elementi identificativi sono inseriti nel «registro telematico».


Art. 6. Esami analitici per i vini DOP e IGP e relativo procedimento – Comunicazione dei parametri chimico-fisici attestati da parte del laboratorio autorizzato – Determinazione dell’analisi complementare dell’anidride carbonica nei vini frizzanti e spumanti

1. L’esame analitico dei campioni prelevati è effettuato presso il laboratorio scelto dall’organismo di controllo, tra quelli autorizzati dal Ministero ai sensi del regolamento UE n. 1308/2013, art. 146, previo accertamento della conformità ai criteri generali stabiliti dalla norma ISO/IEC 17025. Detta scelta, tra i vari laboratori autorizzati, tiene in particolare conto dei criteri di efficienza, efficacia ed economicità.

2. Il laboratorio autorizzato comunica all’organismo di controllo, per i relativi campioni, l’attestazione dei parametri chimico-fisici riscontrati, con riferimento agli elementi stabiliti dall’art. 26 del regolamento CE n. 607/2009 ed a quelli indicati negli specifici disciplinari di produzione DO e IGT. L’organismo di controllo provvede ad inserire detta attestazione nel «registro telematico».

3. Fatto salvo che all’atto dell’immissione al consumo i vini spumanti e frizzanti DOP e IGP devono possedere un tenore di anidride carbonica (espresso in sovrappressione in bar a 20 °C) nel rispetto dei limiti previsti dagli specifici disciplinari, conformemente alla normativa di riferimento dell’Unione europea, al fine di tener conto delle eventuali fisiologiche perdite di sovrappressione che si possono verificare in fase di confezionamento, per quanto concerne l’esito della determinazione analitica complementare di cui all’art. 26, lettera a) ii), del regolamento CE n. 607/2009, le relative partite di prodotto sono da ritenere idonee anche nel caso in cui il tenore di anidride carbonica, determinato sull’apposito campione, differisce entro un limite del 10% rispetto ai predetti limiti. Nel caso di prodotto elaborato in autoclave il tenore di CO2 può essere rilevato direttamente sul vaso vinario mediante manometro tarato, corretto a 20 °C; il dato rilevato tiene conto della predetta tolleranza.

4. L’esito negativo dell’analisi comporta che la partita sia dichiarata non idonea e preclude il successivo esame organolettico per i vini DO. In tal caso l’organismo di controllo, entro tre giorni dalla data di ricevimento dell’attestazione dell’analisi di cui al comma 2, oltre ad inserire detta attestazione nel registro telematico, ne informa l’azienda interessata, tramite posta elettronica certificata.

5. Entro sette giorni dalla ricezione della comunicazione dell’esito negativo di cui al precedente comma 4, l’azienda interessata può richiedere all’organismo di controllo per la relativa partita un eventuale nuovo prelievo, ai fini della ripetizione dell’esame chimico-fisico, soltanto a condizione che la partita possa essere ancora oggetto di pratiche e trattamenti enologici ammessi dalla normativa nazionale e dell’Unione europea vigente in materia di vini DOP e IGP.

6. Eventuali ricorsi contro l’esito negativo dell’esame analitico di cui al comma 4 ed eventualmente di cui al comma 5, devono essere presentati entro sette giorni dal ricevimento della rispettiva comunicazione. Trascorso tale termine in assenza di ricorso, l’organismo di controllo comunica la non idoneità del prodotto alla azienda interessata che provvede alla riclassificazione in conformità alla vigente normativa nazionale e dell’Unione europea.

7. In caso di presentazione del ricorso, l’ulteriore analisi è effettuata su un esemplare di campione di cui all’art. 5, comma 11, lettera e) presso un laboratorio autorizzato, diverso da quello che ha effettuato la prima analisi. In caso di esito positivo dell’analisi l’organismo di controllo provvede ad inserire la relativa attestazione nel «registro telematico». In caso di conferma dell’esito negativo, entro i termini e con le modalità di cui al comma 4, l’organismo di controllo ne dà comunicazione all’azienda interessata.


Art. 7. Esame organolettico per i vini DOP – Commissioni di degustazione: criteri di nomina, composizione

1. Sono ammessi all’esame organolettico i campioni idonei dal punto di vista analitico ai sensi dell’art. 6.

2. L’esame organolettico riguarda il colore, la limpidezza, l’odore e il sapore indicati dal disciplinare di produzione della relativa DOCG o DOC.

3. L’esame organolettico è effettuato da apposite commissioni di degustazione nominate dal competente organismo di controllo per le relative DO. Tali commissioni sono costituite da tecnici ed esperti degustatori scelti negli elenchi di cui all’art. 8, con i criteri di cui ai seguenti commi.

4. Ciascuna commissione di degustazione è composta dal presidente o dal relativo supplente e da quattro membri. Il presidente e almeno due membri devono essere tecnici degustatori.

5. Il presidente e il relativo supplente, il segretario e il relativo supplente sono nominati per un triennio.

6. Per ciascuna seduta di degustazione il segretario, sentito il presidente, costituisce la commissione scegliendo i componenti tra gli iscritti negli elenchi di cui all’art. 8, tenendo conto del criterio della comprovata esperienza professionale per la/le relativa/e denominazione/i ed assicurando comunque la rotazione dei componenti tra gli iscritti nei predetti elenchi.

7. Qualora i campioni da esaminare di una o più DO siano in numero esiguo, può essere nominata un’unica commissione di degustazione per due o più vini DO.

8. Qualora il livello delle produzioni dei vini DO esistenti sia esiguo e si verifichi una carenza degli iscritti agli elenchi dei tecnici e degli esperti degustatori di cui al successivo art. 8, tali da non consentire l’istituzione della relativa commissione di degustazione, in deroga al disposto di cui al comma 3, l’espletamento degli esami organolettici può essere affidato ad altra commissione di degustazione in ambito regionale o interregionale.


Art. 8. Criteri per la formazione degli elenchi dei tecnici degustatori e degli esperti

1. Presso le regioni interessate alla produzione di vini DO sono istituiti l’«Elenco dei tecnici degustatori» e l’«Elenco degli esperti degustatori». Gli iscritti a tali elenchi possono esercitare la propria attività per una o più DO ricadente sul territorio della relativa regione o, in caso di DO interregionali, delle relative regioni.

2. Le regioni possono delegare la funzione di cui al comma 1 alle competenti Camere di commercio.

3. Per l’iscrizione nell’elenco dei tecnici degustatori sono richiesti i seguenti requisiti:
a) possesso di uno dei titoli di studio appresso indicati:
diploma di perito agrario specializzato in viticoltura ed enologia od enotecnico;
diploma di enologo;
diploma di laurea in scienze agrarie con specializzazione nel settore enologico;
diploma di laurea in scienze delle preparazioni alimentari con specializzazione nel settore enologico;
titoli equipollenti conseguiti all’estero;
b) esercizio dell’attività di degustazione per almeno un biennio, in modo continuativo, antecedentemente alla data di presentazione della domanda per la/e denominazione/i interessata/e. Con l’espressione «… in modo continuativo, …» si intende lo svolgimento di almeno cinque prove di degustazione, in date distinte, nel corso di ciascuno dei due anni.

4. Nella domanda i richiedenti dichiarano i propri dati personali e allegano:
a) autodichiarazione relativa ai titoli di studio di cui alla lettera a) del comma 3 del presente articolo, con l’esatta indicazione della data e dell’istituto o della università presso cui gli stessi sono stati conseguiti;
b) attestazione comprovante l’esercizio dell’attività di degustatore nei modi di cui al comma 3, lettera b), rilasciata dal/i soggetto/i presso cui il tecnico degustatore ha svolto l’attività.

5. Per l’iscrizione nell’elenco degli esperti degustatori sono richiesti i seguenti requisiti:
a) partecipazione a corsi organizzati da associazioni nazionali ufficialmente riconosciute operanti nel settore enologico ed in particolare della degustazione dei vini e superamento di esami sostenuti a conclusione dei corsi stessi;
b) esercizio dell’attività di degustazione per almeno un biennio, in modo continuativo, antecedentemente alla data di presentazione della domanda per la/e denominazione/i interessata/e, presso aziende vitivinicole, enoteche e similari, consorzi di tutela e associazioni di cui alla lettera a). Con l’espressione «… in modo continuativo, …» si intende lo svolgimento di almeno cinque prove di degustazione, in date distinte, nel corso di ciascuno dei due anni.

6. Per l’iscrizione nell’elenco degli esperti degustatori, si osservano per analogia le disposizioni procedurali di cui al comma 4, fatto salvo che la documentazione da allegare alla domanda deve essere riferita ai requisiti di cui al comma 5.


Art. 9. Attività commissioni degustazione – Criteri e procedure

1. Il segretario della commissione assicura il rispetto delle procedure tecniche di degustazione, predisponendo, d’intesa col presidente, il piano di attività della commissione e cura lo svolgimento di ciascuna seduta di degustazione.

2. Il segretario della commissione di degustazione esplica le seguenti funzioni:
a) cura, nell’ambito del competente organismo di controllo, la presa in carico dei campioni mediante la loro registrazione cronologica su apposito registro di carico, nonché la conservazione dei campioni stessi;
b) convoca la commissione e, in apertura di seduta, verifica il numero legale;
c) predispone la preparazione dei campioni ai fini della degustazione, attivando tutte le misure necessarie a garantire l’anonimato degli stessi;
d) assiste alle riunioni della commissione di degustazione, ne redige i relativi verbali, comunica le risultanze all’organismo di controllo.

3. La degustazione ha luogo su campioni resi anonimi dal segretario della commissione.

4. Le commissioni sono validamente costituite con la presenza del presidente e di quattro componenti. In caso di impedimento del presidente, questi è sostituito dal relativo supplente. In caso di impedimento di uno o più componenti, gli stessi sono sostituiti da altri componenti scelti con i criteri di cui all’art. 7, comma 6. Il giudizio è espresso a maggioranza. Nel caso in cui sia impossibile sostituire un componente assente, la commissione può funzionare con quattro componenti compreso il presidente. In tale fattispecie, in caso di parità di voti, prevale il voto del presidente.

5. Nel corso di una riunione non possono essere assoggettati ad esame più di venti campioni. La stessa commissione può effettuare, nell’arco di una giornata, non più di due riunioni, previo congruo intervallo tra le stesse.

6. Per ogni campione degustato è compilata apposita scheda individuale di valutazione, secondo il modello di cui all’allegato 3 al presente decreto. Dalla scheda risulta:
a) la data della riunione della commissione;
b) il giudizio espresso, che può essere di «idoneità», di «rivedibilità», o di «non idoneità»;
c) in caso di giudizio di «rivedibilità» o di «non idoneità», l’indicazione, nelle apposite sezioni, di uno o più difetti e la relativa natura;
d) la firma del presidente e del commissario.

In caso di giudizio di «rivedibilità» o di «non idoneità» è compilata una scheda riepilogativa, conforme all’allegato 3-bis, contenente gli elementi rilevati dalle sezioni «difetti» e «natura» delle schede individuali, da firmare da parte del presidente e del segretario della commissione.

7. Nel caso di giudizio di «idoneità» l’organismo di controllo inserisce la certificazione positiva per la relativa partita nel registro telematico.

8. Nei casi di giudizio di «rivedibilità» e di «non idoneità», la comunicazione all’interessato è effettuata dall’organismo di controllo, a mezzo posta elettronica certificata, entro cinque giorni dall’emanazione del giudizio e contiene le motivazioni tecniche del giudizio.

9. Qualora il campione risulti «rivedibile», l’interessato può richiedere, previa effettuazione delle pratiche enologiche ammesse, una nuova campionatura per il definitivo giudizio entro il termine massimo di sessanta giorni dalla comunicazione. In tal caso deve essere ripetuta anche l’analisi chimico-fisica. Per il prelievo dei nuovi campioni, per l’espletamento dell’analisi chimico-fisica e dell’esame organolettico valgono gli stessi termini e condizioni previsti per la prima campionatura. In caso di nuovo giudizio di «rivedibilità», il medesimo è da considerare di «non idoneità».

10. Trascorso il termine stabilito dal comma 9, la partita per la quale non sia stata richiesta nuova campionatura è da considerare «non idonea» e l’organismo di controllo effettua entro cinque giorni la relativa comunicazione alla ditta interessata e inserisce detta attestazione di «non idoneità» nel registro telematico.

11. Qualora il campione sia giudicato «non idoneo», l’interessato può presentare ricorso alla commissione di appello di cui al successivo art. 13, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.

12. Nel caso di mancato ricorso o di conferma del giudizio di «non idoneità» da parte della commissione di appello, l’interessato provvede alla riclassificazione della relativa partita di vino in conformità alla vigente normativa nazionale e dell’Unione europea.


Art. 10. Termini del procedimento dell’esame analitico e dell’esame organolettico

1. Il procedimento relativo all’esame analitico del campione si conclude, con il rilascio dell’idoneità chimico-fisica, entro cinque giorni lavorativi a decorrere dalla data di presa in carico del campione stesso da parte del laboratorio autorizzato.

2. L’intero procedimento dell’esame analitico ed organolettico del campione si conclude, con la certificazione della relativa partita da parte dell’organismo di controllo, dalla data di ricevimento della richiesta di prelievo:
a) entro dodici giorni lavorativi per i vini novelli;
b) entro quindici giorni lavorativi per tutti gli altri vini.

3. Il procedimento relativo al solo esame organolettico dei vini DO, nei casi previsti dal presente decreto, si conclude con la certificazione della corrispondente partita da parte dell’organismo di controllo, dalla data di ricevimento della richiesta di prelievo:
a) entro sette giorni lavorativi per i vini novelli;
b) entro dieci giorni lavorativi per tutti gli altri vini.


Art. 11. Procedimento di appello – disposizioni generali

1. Il ricorso avverso il giudizio di «non idoneità» pronunciato dalle commissioni di degustazione è proposto dall’interessato alla Commissione di appello per i vini DO, istituita presso la segreteria del Comitato nazionale vini DOP e IGP – Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo – Dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare, ippiche e della pesca – Direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell’ippica – Ufficio PQAI IV, via XX Settembre, 20 – 00187 Roma – PEC saq4@pec. politicheagricole.it

2. Il ricorso, da redigere in conformità al modello di cui all’allegato 4, è depositato presso l’organismo di controllo che, entro sette giorni, lo trasmette, a spese dell’interessato, alla Commissione di appello unitamente ad un campione del vino giudicato «non idoneo», all’uopo accantonato e custodito presso il predetto organismo di controllo, trasmettendo altresì, per via telematica, copia del ricorso e la relativa documentazione di «non idoneità» e il certificato di analisi chimico-fisica, nonché il recapito di posta elettronica certificata dell’istante ai fini della comunicazione di cui all’art. 13, comma 3.


Art. 12. Composizione e durata della Commissione di appello

1. La Commissione è composta da un presidente, da un segretario, dai rispettivi supplenti, e da quattro membri nominati dal Ministero, secondo i criteri di cui al comma 2, e dura in carica tre anni.

2. Il presidente e il relativo supplente sono scelti dal Ministero tra esperti di chiara fama nel settore vitivinicolo; il segretario e due supplenti sono designati tra i funzionari del Ministero; i quattro membri sono scelti dal segretario, per ciascuna seduta di degustazione, a rotazione nell’ambito di un elenco di dodici tecnici degustatori in possesso dei requisiti di cui all’art. 8, comma 3, depositato presso la segreteria del Comitato di cui all’art. 40 della legge. Detti tecnici degustatori sono designati come segue dai rispettivi enti ed organismi:
tre componenti dalla Conferenza delle regioni e province autonome;
tre componenti dal Comitato di cui all’art. 40 della legge;
tre componenti dall’Associazione enologi enotecnici italiani;
tre membri dalla Federazione nazionale dei consorzi di tutela dei vini DOP e IGP.

3. Il presidente ed i membri designati di cui al comma 2 non possono contemporaneamente essere membri delle commissioni di degustazione di primo grado. Detto incarico è incompatibile con il ruolo svolto a qualsiasi titolo presso gli «organismi di controllo» delle DOP o IGP dei vini.


Art. 13. Compiti e funzionamento della Commissione di appello

1. La Commissione di appello esplica la propria attività con la presenza di cinque componenti compreso il presidente. Nel caso in cui sia impossibile sostituire un componente assente, la commissione può funzionare con quattro componenti compreso il presidente; in tal caso, ai fini dell’espressione del giudizio di cui al comma 2, in caso di parità prevale il giudizio del presidente.

2. Per ogni campione degustato, il presidente e i componenti della commissione di appello redigono una scheda individuale, conforme al modello riportato nell’allegato 5, sottoscritta dal presidente e dal commissario. Dalla scheda di degustazione individuale deve risultare il giudizio di «idoneità» o di «non idoneità»; in tale ultimo caso deve risultare l’indicazione, nelle apposite sezioni, di uno o più difetti e la relativa natura. Il giudizio definitivo della Commissione di appello è espresso a maggioranza. In caso di giudizio di «non idoneità» è compilata una scheda riepilogativa, conforme al modello riportato nell’allegato 5-bis, contenente gli elementi rilevati dalle sezioni «difetti» e «natura» delle schede individuali, da firmare da parte del presidente e del segretario della commissione.

3. L’esito del giudizio definitivo della Commissione di appello è comunicato, a cura del segretario, entro tre giorni a mezzo di posta elettronica certificata alla ditta interessata e all’organismo di controllo.

In caso di giudizio di «non idoneità», alla predetta comunicazione è allegata la scheda riepilogativa di cui al comma 2. In caso di giudizio di «idoneità» l’organismo di controllo inserisce la certificazione positiva per la relativa partita nel registro telematico.

4. Nel caso di conferma del giudizio di «non idoneità», l’interessato provvede alla riclassificazione della relativa partita di vino in conformità alla vigente normativa nazionale e dell’Unione europea.

Art. 14. Funzioni del presidente e del segretario della Commissione di appello

1. Salvo quanto stabilito agli articoli 15 e 16, il presidente ed il segretario della Commissione di appello esercitano le analoghe funzioni rispettivamente previste per il presidente e per il segretario delle commissioni di degustazione all’art. 9.


Art. 15. Registro e verbali della Commissione di appello

1. Il registro di presa in carico dei ricorsi e dei campioni è tenuto dal competente Ufficio del Ministero ove opera la Commissione tramite i servizi del SIAN.

2. Il verbale della seduta di degustazione, oltre a contenere la data della riunione e l’individuazione dei partecipanti, riporta il giudizio conclusivo espresso per ciascun campione degustato e, in caso di «non idoneità», il relativo motivo, nonché il numero attribuito a tale campione in fase di anonimizzazione. Il verbale è sottoscritto dal segretario e dal presidente.


Art. 16. Costi per gli esami analitici e per il funzionamento delle commissioni di degustazione e della Commissione di appello

1. I costi per il prelievo dei campioni, per l’espletamento dell’esame analitico e per il funzionamento delle commissioni di degustazione sono posti a carico dei soggetti che richiedono la certificazione delle relative partite. L’ammontare di tali costi e le modalità di pagamento al competente organismo di controllo sono stabilite per ciascuna DO o IGT nel prospetto tariffario predisposto dal medesimo organismo di controllo ed approvato dal Ministero contestualmente al piano dei controlli, in conformità alle previsioni di cui all’art. 64 della legge.

2. Ai sensi dell’art. 65, comma 7, della legge, i costi per il funzionamento della commissione di appello sono posti a carico dei soggetti che ne richiedono l’operato e fissati, per singola riunione della commissione, o per due riunioni nella stessa giornata, in 1.300.00 euro.

3. La commissione si riunisce con cadenza mensile, in presenza di almeno cinque richiedenti ed al massimo dieci richiedenti per seduta di degustazione. Nella stesso giorno possono tenersi due sedute di degustazione con un intervallo di almeno un’ora tra ciascuna seduta. Il calendario annuale delle riunioni è preventivamente pubblicato sul sito internet del Ministero www.politicheagricole.it

In base alle domande pervenute, il segretario della commissione convoca la riunione. Qualora non si raggiunga il numero di cinque domande, la riunione viene posticipata al mese successivo.

4. Le domande di appello devono pervenire al Ministero, corredate delle ricevute di versamento della tariffa pro-quota stabilita, per ciascun ricorrente, in euro 260,00. Detto versamento è da effettuare sul capitolo 3584, capo 17°, dell’entrata del bilancio dello Stato.

Le richieste eventualmente eccedenti al numero di venti sono esaminate nella successiva riunione.

5. La tariffa è aggiornata almeno ogni tre anni, con decreto del Ministro di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base del costo effettivo del servizio.

6. La partecipazione dei commissari alle riunioni della commissione di appello non dà luogo a compensi ed i rimborsi per i fuori sede sono relativi esclusivamente alle spese di viaggio, vitto e alloggio.


Art. 17. Ripetizione degli esami analitici e/o organolettici in caso di assemblaggio e dolcificazione di partite DO

1. Fatte salve le limitazioni connesse all’indicazione in etichetta della menzione «riserva», della menzione «gran selezione» e dell’annata di produzione delle uve di cui all’art. 31, rispettivamente commi 3, 6 e 12, della legge e fatte salve le misure più restrittive stabilite dagli specifici disciplinari di produzione, in caso di assemblaggio di partite già certificate della medesima tipologia di DO, appartenenti o meno alla stessa annata, per la partita coacervata deve essere prodotta, a cura del detentore entro tre giorni lavorativi dalla data di effettuazione dell’assemblaggio, per via telematica, all’organismo di controllo apposita autocertificazione, corredata dall’attestazione dell’enologo di cui alla legge n. 129/1991, o di altro tecnico abilitato, responsabile del processo di assemblaggio, sulla conformità della partita assemblata ai parametri chimico – fisici stabiliti dall’art. 26 del regolamento CE n. 607/2009 e di quelli previsti dallo specifico disciplinare di produzione.

2. Fatte salve le misure più restrittive stabilite dagli specifici disciplinari di produzione, per le partite di vini DO che successivamente alla certificazione sono state oggetto della pratica di dolcificazione, si applicano le seguenti disposizioni:
a) la partita ottenuta dalla dolcificazione deve rientrare nell’ambito di uno dei tipi di prodotto relazionati al tenore zuccherino residuo previsti dallo specifico disciplinare;
b) la partita deve essere sottoposta ad un nuovo esame analitico; a tal fine può essere seguita l’analoga procedura di autocertificazione prevista al comma 1;
c) nel caso in cui l’entità della dolcificazione della partita sia tale da determinare una variazione del tipo di prodotto relazionato al tenore zuccherino residuo, tenendo conto dei limiti stabiliti dalla vigente normativa dell’Unione europea e nazionale, la stessa partita, oltre ad essere sottoposta ad un nuovo esame analitico con le modalità di cui alla lettera b), deve essere sottoposta ad un nuovo esame organolettico.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 sono applicabili soltanto nei casi in cui non sia scaduta la validità della certificazione, così come stabilita all’art. 3, comma 7, delle singole partite DO destinate all’assemblaggio o alla dolcificazione; altrimenti sono applicabili le ordinarie disposizioni in materia di esami analitici ed organolettici previste dal presente decreto.


Art. 18. Campioni di vini DOP e IGP pronti per il consumo, detenuti per la vendita o posti in commercio, prelevati da parte dell’Autorità di controllo o di altri organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge – Riscontro con precedente certificazione analitica e definizione dei limiti di tolleranza dei parametri chimico-fisici, ai sensi dell’art. 65, comma 5, lettera f, della legge

1. Al fine di assicurare il riscontro fra i parametri chimico-fisici dei campioni di vini DOP e IGP pronti per il consumo, detenuti o posti in commercio, prelevati da parte dell’Autorità di controllo o di altri Organi di controllo nel settore agro-alimentare, nell’ambito della loro attività istituzionale, con i parametri della precedente certificazione analitica della relativa partita, rilasciata in conformità alle disposizioni di cui ai precedenti articoli sono stabiliti i seguenti criteri e tolleranze:
a) il riscontro è effettuato con la certificazione analitica inserita nel «registro telematico»;
b) in conformità alla disposizione di etichettatura di cui all’art. 54, par. 1, comma 3, del regolamento CE n. 607/2009, sono consentite le seguenti tolleranze del titolo alcolometrico volumico effettivo:
– nella misura di ± 0,5% vol per i vini diversi da quelli di cui al successivo trattino;
– nella misura di ± 0,8% vol per i vini immagazzinati in bottiglie per oltre tre anni;
– nella misura di ± 0,8 % vol per i vini spumanti, i vini spumanti di qualità, i vini frizzanti, i vini liquorosi e i vini di uve stramature;
c) per le finalità del presente decreto, le tolleranze di cui al primo e terzo trattino della lettera b) sono applicabili anche nei riguardi dei campioni prelevati, dalle predette Autorità di controllo, dalle partite di vino non confezionate.

2. Per i campioni di vini DOP o IGP prelevati nella fase di vigilanza da parte dei Consorzi di tutela ai sensi dell’art. 41 della legge, i parametri chimico-fisici accertati sono riscontrati con i parametri minimi o massimi stabiliti dagli specifici disciplinari, fatte salve le tolleranze di cui al comma 1, lettera b) e fermi restando gli adempimenti connessi alla collaborazione con l’Autorità di controllo.

3. Per le partite di vini DOP o IGP che, in conformità al relativo piano dei controlli, non sono state sottoposte ad esami analitici, i parametri chimico-fisici accertati sui campioni prelevati da parte dell’Autorità di controllo o di altri organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge, sono riscontrati con i parametri minimi o massimi stabiliti dagli specifici disciplinari, fatte salve le tolleranze di cui al comma 1, lettera b).


Art. 19. Campioni di vini DOP e IGP pronti per il consumo, detenuti per la vendita o posti in commercio, prelevati da parte dell’Autorità di controllo o di altri organi di controllo nel settore agro-alimentare o dai Consorzi di tutela di cui all’art. 41 della legge – Esecuzione degli esami organolettici e relativo finanziamento, ai sensi dell’art. 65, comma 8, della legge

1. Fatte salve le disposizioni vigenti che stabiliscono le modalità con le quali effettuare il prelevamento dei vini, anche in relazione a specifiche finalità, ciascun singolo campione di vini denominati con il nome di una DOP o di una IGP, comprende, almeno, in vista dell’esecuzione dell’esame organolettico, tre esemplari, ciascuno di volume compreso tra 0,375 e 1 litro, il primo dei quali è riservato all’esame di prima istanza, il secondo alla revisione dell’esame stesso, se richiesta dall’interessato, ed il terzo è riservato all’eventuale perizia disposta dall’Autorità giudiziaria.

2. Ai fini del comma 1, è consentito che, nel caso del prelevamento di vini confezionati, l’esemplare sia costituito da più recipienti in confezioni originali di volume nominale conforme a quanto previsto dal decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 12, fino al raggiungimento del volume minimo.

3. Gli esemplari di cui al comma 1 sono rispettivamente contrassegnati con la dicitura «esemplare per l’esecuzione dell’esame organolettico di prima istanza», «esemplare a disposizione per l’eventuale esecuzione dell’esame organolettico di revisione» ed «esemplare a disposizione per l’esecuzione dell’esame organolettico eventualmente disposto dall’Autorità giudiziaria» e ne è fatta menzione nel verbale di prelevamento.

4. Fatte salve le disposizioni del presente articolo, l’esame organolettico di prima istanza e, se richiesto, di revisione, dei campioni per i quali l’esito dell’esame chimico-fisico è conforme ai parametri del disciplinare, è effettuato dalle commissioni di degustazione conformemente alle disposizioni di cui agli articoli 7 e 8, nonché dell’art. 9 esclusi i commi da 7 a 12.

5. Le disposizioni di cui al comma 4 sono applicabili anche per i campioni di vini IGP, fatto salvo che per l’espletamento dell’esame organolettico di detti campioni sono da ritenersi autorizzate le commissioni di degustazione nominate per le DOP presenti sul medesimo territorio, in ambito regionale o interregionale.

6. Il responsabile del Laboratorio cui sono stati consegnati i campioni, prelevati dall’Autorità di controllo o di altri organi di controllo o dai consorzi di tutela, invia i campioni medesimi, se richiesto dalle stesse autorità o consorzi, alle competenti commissioni di degustazione, che li prendono in carico, curando le necessarie annotazioni sull’apposito registro previsto dall’art. 9, comma 2, lettera a).

7. E’ consentito, nel corso di una stessa seduta di degustazione, l’esame congiunto di campioni di vini DOP e di vini IGP, purché i campioni dei vini IGP siano tutti esaminati all’inizio oppure alla fine della riunione in modo consecutivo, senza che sia alternato l’esame di campioni di vini DOP.

8. Dalla scheda di valutazione dei vini IGP risulta il giudizio della commissione di degustazione, che può essere di «idoneità» oppure di «non idoneità». Ai fini del presente articolo, nel caso dei vini DOP, il giudizio di «rivedibilità» equivale al giudizio di «non idoneità».

9. L’esito dell’esame organolettico è comunicato dalla commissione di degustazione al responsabile del Laboratorio richiedente, per il seguito di competenza.

10. Fatte salve le disposizioni vigenti in materia di accertamenti tramite analisi di campioni, nel caso in cui l’esame organolettico di prima istanza e, se richiesto, di revisione, si concluda con un giudizio di «non idoneità», le spese di funzionamento della commissione di degustazione sono poste a carico del soggetto responsabile della partita sottoposta a prelevamento o dell’imbottigliatore, nel caso dei prodotti confezionati, nella misura determinata dal decreto n. 9276 del 12 giugno 2014, citato in premessa.

11. Il responsabile del Laboratorio, nel comunicare l’esito delle analisi al soggetto responsabile della partita sottoposta a prelevamento o all’imbottigliatore, indica che le spese di cui al comma 10 sono versate direttamente agli organismi di controllo di cui all’art. 64 della legge, previa emissione della relativa fattura.


Art. 20. Disposizioni particolari e transitorie

1. Fatta salva la possibilità di accreditarsi al SIAN per l’utilizzo del registro telematico, per i detentori esonerati dall’obbligo della tenuta del registro telematico, ai sensi dell’art. 58, comma 2 della legge, le informazioni utili per l’applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto sono acquisite dall’organismo di controllo attraverso la dichiarazione di giacenza, la dichiarazione di produzione, la documentazione di accompagnamento dei prodotti vitivinicoli e altra documentazione giustificativa.

2. Gli obblighi relativi alla presentazione, tramite l’inserimento nel registro telematico, delle richieste, dichiarazioni e attestazioni di cui al presente decreto, nei tempi ivi previsti, possono essere assolti dal detentore mediante la trasmissione all’organismo di controllo della predetta documentazione, nonché delle informazioni utili per la verifica del carico e dello scarico, del documento di accompagnamento, della comunicazione di avvenuto imbottigliamento delle relative partite. Restano comunque fermi gli obblighi di aggiornamento del registro telematico nei termini di cui al decreto 20 marzo 2015, n. 293.

3. Entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto il Ministero effettua la verifica sull’implementazione delle disposizioni dello stesso decreto e, se del caso, con decreto ministeriale, sentita la Conferenza Stato-Regioni, adotta le misure atte a migliorare la funzionalità e l’efficienza del sistema degli esami analitici e/o organolettici dei vini DOP e IGP posto in essere. Da detta verifica e relativo provvedimento ministeriale sono escluse le disposizioni relative al finanziamento della commissione di appello di cui all’art. 16.


Art. 21. Clausola di invarianza finanziaria

1. All’attuazione del presente decreto si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


Art. 22. Entrata in vigore. Abrogazione precedente norma

1. Il presente decreto entra in vigore a decorrere dal 1° aprile 2019.

2. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato il decreto 11 novembre 2011 richiamato in premessa.

Il presente decreto è trasmesso all’organo di controllo ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


ALLEGATI

eAmbrosia

eAmbrosia è la banca dati delle indicazioni geografiche protette nell’Unione Europea per i vini originari degli Stati membri e dei paesi terzi.


eAmbrosia sostituisce la precedente banca dati eBaccus, che tuttavia resta al momento in essere per quanto concerne la raccolta delle menzioni protette.

eAmbrosia consente quindi di ricercare le DOP (per Italia: DOC e DOCG) e IGP (per Italia IGT) che godono protezione sul territorio dell’Unione Europea, siano esse europee ovvero di Stati terzi.

La protezione nell’Unione Europea in favore di denominazioni appartenenti a Stati terzi consegue solitamente alla conclusione di accordi internazionali, che consentono di proteggere le denominazioni europee sul territorio dello Stato terzo contraente (ad esempio, gli Stati Uniti d’America, il Cile, il Sud-Africa, l’Australia, …)

 

La banca dati è realizzata in adempimento a quanto disposto dall’art.32 del regolamento di esecuzione 34/2019 della Commissione UE:

 

Informazioni da rendere pubbliche

Le informazioni che la Commissione è tenuta a rendere pubbliche a norma della parte II, titolo II, capo I, sezione 2, del regolamento (UE) n. 1308/2013, del regolamento delegato (UE) 2019/33 e del presente regolamento sono rese pubbliche tramite i sistemi di informazione messi a disposizione dalla Commissione a norma dell’articolo 30, paragrafo 1, lettera a), del presente regolamento.

 

Legislazione vitivinicola

Produzione e commercio vino sono oggetto di minuziosa regolamentazione già a livello comunitario (legislazione vitivinicola), sulla quale si fonda poi tutta la copiosa normativa nazionale.

Tutto ciò discende dall’Organizzazione Comune di Mercato (OCM) per il vino, che sussiste nel più ampio contesto della Politica Comune Agricola (una delle competenze originarie della Comunità Europea).


I miei scritti sul diritto vitivinicolo


DIRITTO UNIONE EUROPEA (legislazione vitivinicola)

Normativa principale (regolamento “base”):

Regolamento UE n.1308/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla “OCM Unica” (all’interno del testo, bisogna individuare le norme applicabili ai prodotti vitivinicoli).

.
Le loro disposizioni sono state integrate mediante il regolamento delegato della Commissione 273/2018 .
.

Varie modificazioni sono in ultimo intervenute per effetto della riforma della PAC avvenuta nel 2013, che ha interessato anche la OCM Vino, nonché per effetto del “Regolamento Omnibus – Parte Agricola”.

 


*  Norme di attuazione per la nuova OCM Vino:

Regolamento UE n.555/2008 della Commissione, concernente i programmi di sostegno, agli scambi con i paesi terzi, il potenziale produttivo ed i controlli nel settore vitivinicolo

Regolamento delegato UE 273/2018, concernente (anche) lo schedario viticolo, le dichiarazioni obbligatorie e le informazioni per il controllo del mercato, i documenti che scortano il trasporto dei prodotti e la tenuta dei registri nel settore vitivinicolo. Tale regolamento fra l’altro abroga il previgente regolamento UE n. 436/2009 della Commissione.

Regolamento 934/2019 della Commissione, recante il  Codice Enologico (che abroga il precedente regolamento UE n.606/2009)

Regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione, del 17 ottobre 2018, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le restrizioni dell’uso, le modifiche del disciplinare di produzione, la cancellazione della protezione nonché l’etichettatura e la presentazione. Tale regolamento abroga il regolamento UE n.607/2009 della Commissione.

Si tenga conto che detti regolamenti subiscono modificazioni con una certa frequenza, per cui ne va preso in considerazione il testo consolidato, vigente nel momento che interessa.


Per effetto dei poteri che le sono stati delegati mediante la riforma della PAC nel 2013, la Commissione ha quindi adottato i regolamenti delegati ed esecutivi per l’attuazione delle norme previste dal regolamento sulla OCM Unica.

 

Cronologicamente, ciò è avvenuto nel seguente modo:

 

Nel 2015 sono  stati pubblicati i due regolamenti concernenti il regime delle autorizzazioni agli impianti viticoli: il 560/2015 (regolamento delegato) ed il 561/2015 (regolamento esecutivo). Essi sono poi stati abrogati a fine 2017, venendo rispettivamente sostituiti dal regolamento delegato 273/2018  e dal regolamento di esecuzione 274/2018.

Nel 2016 ha invece fatto seguito l’emanazione di altri due regolamenti, aventi ad oggetto i programmi di sostegno al settore vitivinicolo:

  • il Regolamento di esecuzione (UE) 2016/1150 della Commissione, del 15 aprile 2016, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i programmi nazionali di sostegno al settore vitivinicolo;
  • il Regolamento delegato (UE) 2016/1149 della Commissione, del 15 aprile 2016, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i programmi nazionali di sostegno al settore vitivinicolo e che modifica il regolamento (CE) n. 555/2008 della Commissione.

 

A fine 2017 sono intervenute nuove modificazioni alla legislazione attuativa del regolamento base, portate dai già citati regolamento delegato 273/2018  e dal regolamento di esecuzione 274/2018.

 

Agli inizi del 2019 sono stati pubblicati i seguenti regolamenti:

  • Regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione, del 17 ottobre 2018, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le restrizioni dell’uso, le modifiche del disciplinare di produzione, la cancellazione della protezione nonché l’etichettatura e la presentazione;
  • Regolamento di esecuzione (UE) 2019/34 della Commissione, del 17 ottobre 2018, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le modifiche del disciplinare di produzione, il registro dei nomi protetti, la cancellazione della protezione nonché l’uso dei simboli, e del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda un idoneo sistema di controlli.

 

Norme apposite vigono per il vino biologico (regolamento della Commissione n.203/2012) ed  i vini aromatizzati (regolamento del Consiglio e del Parlamento Europeo n.251/2014).

 


Legislazione UE in vigore (testi consolidati)


The future of alcohol labelling in the EU


 

DIRITTO ITALIANO (Legislazione vitivinicola)
 
* Leggi ed atti equivalenti

Testo Unico Vino“, nel quale sono confluiti i seguenti provvedimenti, ora abrogati di conseguenza:

 


* Decreti del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf)

 

Per orientarsi, è bene distinguere tra:

 

 

  • quelli attuativi di altre disposizioni o su cui il Testo Unico Vino non ha influito (in appresso indicati i principali):

 

30 novembre 2011, Approvazione dei  disciplinari di produzione dei vini DOP e IGP consolidati e dei relativi fascicoli tecnici

13 agosto 2012, Disposizioni nazionali applicative del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio e del regolamento applicativo (CE) n. 607/2009 della Commissione, per quanto concerne le DOP, le IGP, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti del settore vitivinicolo.

7 novembre 2012 – Procedura a livello nazionale per la presentazione e l’esame delle domande di protezione delle DOP e IGP dei vini e di modifica dei disciplinari, ai sensi del Regolamento CE n. 1234/2007 e del decreto legislativo n. 61/2010. (Gazz. Uff. 24 novembre 2012, n.275).

26 ottobre 2015, Disposizioni nazionali di attuazione del regolamento (UE) della Commissione n.436/2009, inerenti la dichiarazione vendemmia e produzione vinicola.

19 febbraio 2015, n.1213, Conversione in autorizzazione dei diritti reimpianto vigneto.

15 dicembre 2015, n.12272,  Sistema di autorizzazione per gli impianti viticoli,  poi modificato dal D.M. 935 del 13 febbraio 2018 (che, fra l’altro, ha introdotto un quantro comma all’art.10, per evitare speculazioni nell’uso delle autorizzazioni stesse, in particolare i trasferimenti tra Regioni)

23 dicembre 2015, Aspetti procedurali per il rilascio dell’autorizzazione per l’etichettatura transitoria dei vini DOP e IGP.

18 aprile 2016, Attuazione della misura “promozione in mercati di Stati terzi”


Per quanto concerne i prelievi dei campioni da analizzare, la disciplina è quella portata dal DPR del 26 marzo 1989, n.327


Norme italiane su produzione e commercio vino



Beverage Alcohol Labeling Requirements in the World



"Cantina Italia" - Inventario su detenzione vini, mosti e denominazioni




diritto vitivinicolo

Brexit tutela denominazioni Regno Unito

L’indebolimento della tutela di DOP e IGP nel Regno Unito nel caso di “Hard Brexit” (Brexit tutela denominazioni Regno Unito)


L’ipotesi – ormai sempre più concreta – che il Regno Unito esca dall’Unione Europea senza alcun accordo per regolare i successivi rapporti tra i due ordinamenti giuridici (la cosiddetta “Hard Brexit”), conseguente al rifiuto del Parlamento del Regno Unito a ratificare l’accordo di “divorzio” negoziato dal suo Primo Ministro (Theresa May) con la Commissione Europea, comporterà verosimilmente un grande caos, che colpirà un po’ tutti i settori economici (Brexit tutela denominazioni Regno Unito).

Ciò avverrà principalmente nel Regno Unito, ma le relative conseguenze potranno esplicare effetti più estesi, anche a carico di chi abbia sede ed operi nell’Unione Europea (come i produttori di alimenti e vini DOP e IGP italiani), ma necessiti di vedere tutelate anche nel Regno Unito “post-Brexit” situazioni che attualmente sono protette per effetto di norme comunitarie, attualmente ancora applicabili anche nel Paese d’oltre Manica.

Questo è (anche) il caso della protezione nel territorio del Regno Unito in favore delle denominazioni di origine ed indicazione geografiche relative agli Stati che resteranno nell’Unione. Ovviamente, ciò interessa soprattutto gli Stati che, mediante DOP e IGP, proteggono le loro eccellenze alimentari ed enoiche: dunque l’Italia.

Cerchiamo allora di capire il perché.

I nomi geografici, costituenti DOP ovvero IGP, sono protetti – quando ciò avviene, ma non è cosa scontata nel mondo! – per effetto di norme giuridiche, le quali esplicano però effetto unicamente sul territorio dell’ordinamento che le prevede. Va da sé che, più è ampio il territorio dell’ordinamento giuridico in questione, maggiore è l’estensione geografica delle zone ove vige siffatta tutela.

In buone sostanza, i confini nazionali rappresentano un grave ostacolo alla tutela in questione.

In Europa, tale problema è stato risolto – con notevole efficacia! – proprio grazie alle norme comunitarie: facendo discendere da esse la protezione di DOP e IGP, i confini nazionali all’interno dell’Unione non ledono minimamente la loro tutela. In altre parole, in virtù del diritto comunitario, una denominazione italiana è protetta nello stesso modo tanto in Italia, quanto in Francia, quanto in Germania, e così via in tutti gli altri Paesi dell’Unione.

La protezione, peraltro, è molto estesa, siccome essa vieta (art.103 del Regolamento 1308/2013/UE) – fra l’altro – di ledere le DOP e le IGP con «qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto o servizio è indicata o se il nome protetto è una traduzione, una trascrizione o una traslitterazione o è accompagnato da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione”, “gusto”, “come” o espressioni simili».

Superando i confini dell’Unione Europea, ciò viene meno.

L’unica possibilità, per mantenere una certa tutela, è che anche gli Stati non facenti parte dell’Unione riconoscano sul loro territorio una qualche protezione a DOP e IGP comunitarie.

E’ vero che gli Accordi TRIPS, conclusi in sede dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, comportano l’obbligo per tutti gli Stati aderenti di proteggere le denominazioni di origine (ma non le indicazioni geografiche!), ma è parimenti vero che detti accordi sono poco efficaci. Al punto che negli ultimi venti anni l’Unione Europea ha concluso una rete di appositi accordi internazionali con molti altri Stati – fra cui: U.S.A, Canada, Sud Africa, Cile, Australia, Giappone, … manca però la Cina) – per vedere protette sul loro territorio le nostre DOP e IGP.

Per stringere simili accordi, peraltro, è necessario disporre di molto potere negoziale: forza che l’Italia – da sola – ha in misura molto limitata.

In buona sostanza: è grazie all’Unione Europea che le nostre DOP e IGP vengono protette in buona parte del mondo con una certa effettività.

Ecco allora il nocciolo della questione: venendo meno l’applicazione del diritto comunitario nel Regno Unito, per effetto della sua uscita dall’Unione, per tutelare del sole DOP europee su tale territorio – in caso di “Hard Brexit” – saranno invocabili unicamente gli Accordi TRIPS, dall’efficacia però molto limitata.

Il problema nemmeno è superabile per effetto dell’Accordo di Lisbona concluso in sede WIPO (World Intellectual Property Organization), poiché ad esso attualmente non aderisce il Regno Unito. Oltre al fatto che tale accordo estende sì la tutela a denominazioni ed indicazioni, ma – con riferimento a queste ultime – contiene una definizione più rigorosa rispetto a quella accolta dalla legislazione comunitaria.

Insomma: oltre a non essere certo se nel Regno Unito verranno allora protetti tutti i nomi geografici attualmente costituenti denominazioni di origine europee (escluse quindi le IGP), pure dubbia sarà l’estensione dell’eventuale protezione loro accordata: quest’ultima, infatti, potrebbe risultare molto più limitata rispetto a quella riconosciuta loro dal diritto comunitario e – forse – molto più costoso ottenerla in sede giudiziaria (Brexit tutela denominazioni Regno Unito).

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Brexit tutela denominazioni Regno Unito

Brexit tutela denominazioni Regno Unito