Decreto consorzi tutela vini DOC DOCG IGT

ll decreto ministeriale 18/7/2018 regola la costituzione e la gestione dei consorzi tuela vini a denominazione ed indicazione geografica, dando così attuazione al Testo Unico Vino.


DECRETO MINISTERIALE 18 luglio 2018.

Disposizioni generali in materia di costituzione e riconoscimento dei consorzi di tutela per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche dei vini (decreto consorzi tutela vini).

  • pubblicato nella Gazz. Uff. 5 ottobre 2018, n. 232.
  • emanato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

 

IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE

ALIMENTARI, FORESTALI E DEL TURISMO

Visto il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio;

Visto il regolamento (CE) n. 607/2009 della commissione del 14 luglio 2009 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli;

Vista la legge 12 dicembre 2016, n. 238, recante disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino (di seguito denominata «Legge»);

Visto l’art. 41 della Legge, concernente disposizioni generali sui consorzi di tutela per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche protette;

Visto in particolare l’art. 41, comma 4, lettere a) e b) il quale prevede la possibilità per il consorzio di tutela di contribuire a migliorare il coordinamento dell’immissione sul mercato della denominazione tutelata, la definizione di piani di miglioramento della qualità del prodotto nonché di organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione ed alla commercializzazione della denominazione tutelata;

Visto inoltre l’art. 41, comma 5 il quale dispone che il consorzio di tutela svolge l’attività di vigilanza, prevalentemente nella fase del commercio, sotto il coordinamento dell’ICQRF ed in raccordo con le regioni, avvalendosi, per lo svolgimento di tale attività, di agenti vigilatori ai quali è attribuita la qualifica di pubblica sicurezza;

Visto altresì il comma 7 del citato art. 41 che prevede l’individuazione delle procedure e delle modalità in base alle quali il consorzio di tutela riconosciuto garantisce una corretta e trasparente informazione sulle funzioni svolte ai sensi dell’art. 41, comma 4, a tutti i soggetti inseriti nel sistema di controllo della denominazione tutelata;

Visto inoltre il comma 8 del citato art. 41 il quale prevede la determinazione dei criteri e delle modalità per richiedere, da parte del consorzio di tutela riconosciuto ad esercitare le funzioni di cui all’art. 41, comma 4, ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione tutelata al momento della loro immissione al sistema di controllo, il contributo di avviamento di cui al decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201;

Visto l’art. 41, comma 12, il quale prevede l’emanazione di un decreto nel quale siano stabilite le condizioni per consentire ai consorzi di svolgere le attività di promozione, valorizzazione tutela, vigilanza, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla denominazione dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini per i quali risultano incaricati;

Visto altresì l’art. 41, comma 12, ultimo periodo della Legge, il quale dispone che siano individuate le cause di incompatibilità degli organi amministrativi dei consorzi di tutela, comprese altresì le cause di incompatibilità relative agli incarichi dirigenziali svolti presso i consorzi di tutela;

Visto l’art. 39 della Legge che prevede la possibilità per i consorzi di tutela, in particolari annate climatiche, di formulare alle regioni proposte relative all’attuazione della gestione delle produzioni;

Visto l’art. 44 della Legge ed in particolare il comma 9, il quale prevede che il consorzio di tutela rappresentativo ai sensi dell’art. 41, comma 4 rilascia l’autorizzazione all’utilizzo del riferimento ad una DOP o IGP tutelata, nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di prodotti composti, elaborati o trasformati;

Visto l’art. 82 della Legge che stabilisce che siano comminate sanzioni nei confronti del consorzio di tutela autorizzato che non ottemperi alle prescrizioni ed agli obblighi che derivano dal decreto di riconoscimento;

Visti l’art. 90 della Legge ed in particolare il comma 3 il quale prevede l’applicazione, fino all’emanazione dei decreti applicativi della legge, delle disposizioni dei decreti attuativi emanati ai sensi della preesistente normativa nazionale e dell’Unione europea che non siano in contrasto con le materie disciplinate dalla legge e dalla normativa europea;

Visto l’art. 91 della Legge che disciplina, in particolare, al comma 1, lettera c) l’abrogazione del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61;

Considerato che l’art. 41 della Legge non disciplina il riconoscimento dei consorzi di tutela delle sottozone dei vini DOP e ritenuto, tuttavia, opportuno prevedere un periodo transitorio di un anno per consentire la cessazione degli incarichi conferiti ai consorzi predetti, ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo citato;

Considerato che la vigilanza sui consorzi di tutela dei vini è esercitata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ai sensi del decreto dipartimentale n. 7422 del 12 maggio 2010 recante disposizioni generali in materia di verifica delle attività attribuite ai consorzi di tutela;

Ritenuto opportuno disciplinare compiutamente le modalità di riconoscimento e conferimento dell’incarico a svolgere le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla denominazione dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini;

Ritenuto inoltre necessario disciplinare l’attività di vigilanza svolta dal consorzio di tutela ai sensi dell’art. 41, comma 1, lettera e) e comma 4, lettera e) della Legge da espletare prevalentemente nella fase di mercato nonché disciplinare le modalità di rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 44;

Ritenuto altresì opportuno disciplinare le modalità per i soggetti inseriti nel sistema di controllo della denominazione per accedere alle informazioni relative ai costi sostenuti dal consorzio incaricato a svolgere le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge, secondo criteri di trasparenza e chiarezza nonché di stabilire le disposizioni in base alle quali richiedere il contributo di avviamento ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione al momento della loro immissione al sistema di controllo della denominazione stessa;

Ritenuto necessario, inoltre, disciplinare le modalità per approvare le proposte dei consorzi di tutela, avanzate alle regioni ai sensi dell’art. 39 della Legge;

Visto il parere favorevole della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano reso nella seduta del 19 aprile 2018;

Decreta:

Art. 1. Definizioni

Ai fini del presente decreto si intendono:

a) Legge: la legge 12 dicembre 2016, n. 238 recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino;
b) Decreto legislativo: il decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61 recante la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione dell’art. 15 della legge 7 luglio 2009, n. 88;
c) Decreto dipartimentale: il decreto dipartimentale 12 maggio 2010, n. 7422 recante le disposizioni generali in materia di verifica delle attività attribuite ai consorzi di tutela;
d) DIQPAI: il Dipartimento delle politiche competitive della qualità agroalimentare e dell’ippica del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell’ippica – ufficio PQAI IV;
e) ICQRF: il Dipartimento dell’ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari;
f) PREF: la Direzione generale della prevenzione e del contrasto alle frodi agro-alimentari dell’ICQRF;
g) VICO: la Direzione generale per il riconoscimento degli organismi di controllo e di certificazione e tutela del consumatore dell’ICQRF;
h) Piano: lo strumento adottato dai consorzi in applicazione dell’art. 41, comma 4, lettera b), della legge, al fine di regolare l’offerta allo scopo di migliorare e stabilizzare il funzionamento del mercato comune dei vini, comprese le uve, i mosti e vini da cui sono ottenuti.

Art. 2. Disposizioni generali

1. I consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini sono costituiti ai sensi dell’art. 2602 e ss. del codice civile fra i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori della denominazione sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della Legge.

2. Il consorzio di tutela, riconosciuto ed incaricato con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, svolge le funzioni di cui all’art. 41, comma 1 della Legge, ovvero, qualora dimostri la rappresentatività nella compagine sociale del consorzio di almeno il 40 per cento dei viticoltori e di almeno il 66 per cento della produzione di competenza dei vigneti dichiarati a DOP o IGP, calcolata sulla base del quantitativo rivendicato e/o certificato, negli ultimi due anni, inteso come media, salva deroga ad un anno nel caso di passaggio di DOC a DOCG e da IGT a DOC, può svolgere anche le funzioni di cui all’art. 41, comma 4.

3. Le percentuali di rappresentanza relative alla produzione di competenza dei vigneti iscritti nello schedario viticolo indicate al precedente comma sono determinate considerando la produzione oggetto di lavorazione di una qualsiasi fase della filiera (viticoltura, vinificazione ed imbottigliamento), fatto salvo il divieto di considerare più di una volta il prodotto originato dalle uve ottenute dai medesimi vigneti iscritti.

4. Il 66% della produzione di cui al precedente comma 2 deve essere composto per almeno il 33% da prodotto certificato ed imbottigliato.

Art. 3. Statuto

1. Il consorzio di tutela che intende ottenere il riconoscimento ministeriale trasmette al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali lo statuto che deve contenere, ai fini dell’approvazione, fatte salve le previsioni del codice civile:

a) il nome della denominazione per la quale il consorzio opera;
b) le modalità per l’ammissione al consorzio, garantendo espressamente l’accesso, senza discriminazione, in maniera singola o associata, esclusivamente ai viticoltori, ai vinificatori ed agli imbottigliatori sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della Legge, della DO o della IG tutelata;
c) gli obblighi degli associati, le modalità per la loro esclusione e/o l’esercizio della facoltà di recesso, che deve essere sempre consentita;
d) l’individuazione e le funzioni degli organi sociali (Assemblea, Consiglio di amministrazione, Presidente, Organo di controllo);
e) norme per la nomina dell’organo di controllo che, se costituito in forma collegiale deve prevedere che almeno un membro effettivo ed uno supplente siano scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili; se costituito in forma monocratica, deve prevedere che il sindaco unico sia scelto tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro;
f) modalità di nomina dei componenti degli organi sociali secondo i criteri di rappresentanza fissati dall’art. 41 della Legge e dal presente decreto nonché le norme di funzionamento degli organi medesimi;
g) norme relative alle modalità di voto e rappresentanza delle diverse categorie della filiera all’interno del consorzio;
h) norme che garantiscano l’autonomia decisionale in tutte le istanze consortili, nel caso in cui il consorzio operi per più DO ed IG;
i) norme per il componimento amichevole nella forma dell’arbitrato – anche irrituale – delle eventuali controversie che dovessero insorgere tra i soci ovvero tra i soci e il consorzio e tutte le controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci, ovvero nei loro confronti, o che abbiano per oggetto la validità di delibere assembleari.

 

Art. 4. Rappresentanza all’interno del consorzio di tutela per lo svolgimento delle funzioni i cui all’art. 41, comma 1 della Legge

1. Per ottenere il riconoscimento ministeriale e poter quindi perseguire le finalità di cui all’art. 41, comma 1, lettere da a) ad e), il consorzio di tutela deve essere rappresentativo di almeno il 35 per cento dei viticoltori e di almeno il 51 per cento, per cento della produzione di competenza dei vigneti dichiarati a DOP o IGP, calcolata sulla base del quantitativo rivendicato e/o certificato, negli ultimi due anni, inteso come media, salva deroga ad un anno nel caso di passaggio di DOC a DOCG e da IGT a DOC.

2. Il 51% della produzione di cui al precedente comma 1 deve essere composto per almeno il 25% da prodotto certificato ed imbottigliato.

3. Nel caso in cui il riconoscimento sia richiesto da un consorzio di tutela per più denominazioni, così come previsto dall’art. 41, comma 2 della Legge, la percentuale di rappresentanza, così come individuata al precedente comma 1, deve sussistere per ciascuna denominazione protetta per la quale il consorzio di tutela è incaricato.

Art. 5. Rappresentanza all’interno del consorzio di tutela per lo svolgimento delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge

1. Il consorzio di tutela riconosciuto ai sensi del precedente art. 4 ed incaricato con decreto ministeriale a svolgere le funzioni di cui all’art. 41, comma 1 della Legge, che intende esercitare nell’interesse della DO o IG per il quale risulta incaricato e nei confronti di tutti i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della legge della DO o della IG, anche non aderenti, le funzioni di cui all’art. 41, comma 4, è tenuto a dimostrare la rappresentatività nella compagine sociale di almeno il 40 per cento dei viticoltori e di almeno il 66 per cento, inteso come media, della produzione rivendicata e/o certificata, di competenza dei vigneti dichiarati a DO o IG negli ultimi due anni, salva deroga ad un anno nel caso di passaggio di DOC a DOCG e da IGT a DOC.

2. Nel caso in cui le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della legge siano esercitate da un consorzio di tutela per più denominazioni, così come previsto dall’art. 41, comma 2 della citata Legge, la percentuale di rappresentanza, così come individuata al precedente comma 1, deve sussistere per ciascuna denominazione protetta per la quale il consorzio è incaricato.

Art. 6. Gestione delle attività dei consorzi di tutela

1. Le attività di cui all’art. 41, comma 4 della Legge, sono svolte dal consorzio di tutela incaricato nel rispetto dei principi e delle modalità di seguito indicati.

2. Ai sensi di quanto previsto dall’art. 39, comma 1 e comma 2, della Legge, al fine di salvaguardare e tutelare la qualità del prodotto a DO o IG e contribuire ad un migliore coordinamento dell’immissione sul mercato della DO o IG tutelata, il consorzio di tutela formula alle regioni proposte relative all’attuazione della gestione delle produzioni, fatto salvo quanto già eventualmente disciplinato dalle regioni in conformità alla Legge.

3. Le proposte avanzate dal consorzio di tutela, ai sensi del precedente comma 2, devono essere adottate in sede di assemblea ordinaria, dopo aver dato ampia diffusione della citata proposta agli utilizzatori inseriti nel sistema di controllo della denominazione.

4. La regione, su proposta del consorzio di tutela adottata ai sensi del precedente comma 3 ed acquisito il parere delle organizzazioni rappresentative della filiera regionale, fissa con provvedimento regionale gli strumenti di gestione delle produzioni di cui all’art. 39 della Legge. Il provvedimento regionale deve essere adottato entro trenta giorni dal ricevimento della proposta, in coerenza con gli obiettivi proposti con l’intervento del consorzio di tutela e comunque, ad eccezione della riduzione della resa massima di vino classificabile come DO, prima dell’inizio della campagna vendemmiale.

5. Il consorzio di tutela al fine di organizzare e coordinare le attività delle categorie della filiera interessate alla produzione ed alla commercializzazione della denominazione tutelata può adottare e presentare un «Piano» nel rispetto dei principi di cui all’art. 167 del regolamento (UE) n. 1308/2013 e di quanto disposto dai successivi commi 6 e 7 del presente articolo. Il Piano non può in alcun caso riguardare la fissazione dei prezzi.

6. La proposta di Piano di cui al precedente comma, elaborata previa consultazione dei rappresentanti di categoria della denominazione interessata, e dopo ampia diffusione agli utilizzatori inseriti nel sistema di controllo della denominazione, può essere presentata dal consorzio di tutela soltanto ove approvata in sede di assemblea da almeno l’85 per cento dei soci iscritti al consorzio di tutela e da almeno il 51 per cento dei soggetti viticoltori che rappresentano almeno il 66 per cento della produzione sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della legge della DO o della IG, intesi come media negli ultimi due anni. Le modalità di voto sono quelle di cui all’art. 8. La proposta di Piano è presentata dal consorzio al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali – DIQPAI e contestualmente inviata per conoscenza alle regioni nel cui territorio ricade la DO o IG oggetto del Piano.

7. Il DIQPAI decide sulla proposta di Piano entro tre mesi dalla presentazione della proposta. In mancanza di una decisione espressa la proposta di Piano si intende rigettata. Il Piano di produzione approvato dal DIQPAI è vincolante per tutti i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della legge della DO o della IG tutelata dal consorzio di tutela, anche non aderenti. Il provvedimento è pubblicato sul sito Internet del Ministero e notificato alla commissione europea, ai sensi del regolamento (UE) n. 1308/2013. Il Piano ha una durata di tre anni dalla data di pubblicazione, salva la sua revisione nel triennio con il medesimo procedimento di approvazione ove intervengano modifiche nei presupposti o nelle prospettive di mercato. Alla scadenza del Piano il consorzio di tutela può presentare una nuova proposta di Piano.

8. La denominazione è tutelata ai sensi dell’art. 103 del Regolamento (UE) n. 1308/2013 e dell’art. 90, par. 1, del Regolamento (UE) n. 1306/2013 ed il consorzio di tutela incaricato, ai sensi dell’art. 41 della Legge, può esercitare e promuovere ogni azione avanti a qualsiasi organo e qualsiasi giurisdizione, sia nazionale che internazionale, per la tutela e la salvaguardia della denominazione.

Art. 7. Attività di vigilanza dei consorzi di tutela

1. L’attività di vigilanza, di cui all’art. 41, comma 1, lettera e) e comma 4, lettera e) della Legge, è svolta dal consorzio di tutela in collaborazione e sotto il coordinamento dell’ICQRF, prevalentemente nella fase del commercio, attraverso la definizione di un programma di vigilanza, che ha durata triennale, salvo modifiche.

2. L’attività di vigilanza di cui al precedente comma 1 consiste nelle seguenti azioni:

a. nella verifica che le produzioni tutelate rispondano ai requisiti previsti dai disciplinari di produzione. Tali attività di verifica sono espletate solo successivamente all’avvenuta certificazione;
b. nella vigilanza operata sui prodotti similari, prodotti e/o commercializzati sul territorio dell’Unione europea che, con false indicazioni sull’origine, la specie, la natura e le qualità specifiche dei prodotti medesimi, possano ingenerare confusione nei consumatori e recare danno alle produzioni DO e IG.
c. per il consorzio di tutela riconosciuto ai sensi dell’art. 41, comma 4, nella vigilanza sull’utilizzo del riferimento ad una DO o IG nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di un prodotto composto, elaborato o trasformato, da parte dei soggetti che ha autorizzato ai sensi dell’art. 44 della Legge.

 

3. Il consorzio di tutela in nessun modo può effettuare verifiche sull’attività svolta dagli organismi di controllo né può svolgere attività di autocontrollo sulle produzioni.

4. Il coordinamento delle attività di cui al precedente comma 2 è affidato all’ufficio territoriale dell’ICQRF territorialmente competente per ogni singola DO o IG.

5. Nell’ipotesi in cui l’area di produzione della DO o IG ricada su un territorio di competenza di più uffici territoriali dell’ICQRF, l’ufficio competente al coordinamento dell’attività di vigilanza di cui al precedente comma 1 è quello competente per il territorio ove il consorzio di tutela ha la sede legale.

6. Il programma di vigilanza da effettuarsi sulle singole DO o IG di cui al precedente comma 1, elaborato dall’ufficio territoriale dell’ICQRF territorialmente competente e dal consorzio di tutela, deve contenere i seguenti elementi:

a. modalità e numero delle visite ispettive da effettuare;
b. numero dei campioni da prelevare;
c. vigilanza da espletare sulle produzioni similari;
d. individuazione laboratori accreditati ove effettuare le analisi dei campioni prelevati, preventivamente anonimizzati;
e. modalità di rendicontazione.

 

7. Il programma di vigilanza è predisposto secondo le linee guida impartite dall’ICQRF sulla base delle indicazioni di cui al comma 6 ed è trasmesso a cura dell’ufficio territoriale alla PREF che, previa approvazione da parte della stessa PREF, provvederà ad inviarlo per opportuna conoscenza alla regione o provincia autonoma interessata per territorio e al DIQPAI.

8. Il consorzio di tutela elabora un rendiconto dell’attività svolta nell’anno precedente, secondo le linee guida di cui al comma 6 e lo trasmette entro il mese di marzo dell’anno successivo, al competente ufficio territoriale dell’ICQRF, che lo invia alla PREF e per conoscenza alla regione o provincia autonoma interessata per territorio. Il rendiconto viene trasmesso dal consorzio di tutela al DIQPAI nell’ambito della relazione di cui al decreto dipartimentale e successive integrazioni e modifiche.

9. Il consorzio di tutela informa tempestivamente il competente ufficio territoriale dell’ICQRF in merito alle operazioni non pianificate a norma del precedente comma, nonché sulle segnalazioni ricevute in ordine ad eventuali violazioni concernenti la tutela e la salvaguardia delle produzioni dei vini DO e IG.

10. Qualora dalla vigilanza sulla commercializzazione dovesse emergere l’esigenza di effettuare verifiche nelle fasi di produzione, vinificazione e confezionamento, il consorzio di tutela è tenuto ad informare il competente ufficio territoriale dell’ICQRF. Nell’organizzazione della conseguente attività di vigilanza della denominazione, il direttore dell’ufficio territoriale competente – sempre nel rispetto di quanto previsto dal precedente comma 3 – può avvalersi anche degli agenti vigilatori del consorzio di tutela.

11. Le attività di cui all’art. 41, comma 1 lettera e) e comma 4 lettera e) della legge sono svolte dagli agenti vigilatori del consorzio di tutela dei vini DO ed IG ai quali è attribuita nei modi e nelle forme di legge la qualifica di agente di pubblica sicurezza.

12. Il rilascio della tessera di riconoscimento della qualifica di agente vigilatore è di competenza del DIQPAI.

13. I campioni prelevati dagli agenti vigilatori di cui al precedente comma 12 vengono analizzati dai laboratori individuati ai sensi del comma 6, lettera d) del presente articolo. Il proprietario della partita oggetto di prelevamento può chiedere il pagamento del campione al prezzo di acquisto.

14. Il costo delle analisi dei campioni, prelevati dal consorzio di tutela nell’ambito della loro collaborazione all’attività di vigilanza, grava sui bilanci del medesimo consorzio.

15. Gli agenti vigilatori del consorzio di tutela, aventi qualifica di agente di pubblica sicurezza, qualora nel corso dell’attività di vigilanza accertino:

a. illeciti di natura penale, redigono l’informativa della notizia di reato e l’inoltrano all’autorità giudiziaria competente, trasmettendone copia, previa autorizzazione della medesima autorità, al direttore dell’ufficio territoriale dell’ICQRF competente per territorio;
b. gli illeciti amministrativi di cui all’art. 74 della Legge, provvedono ai sensi dell’art. 41 comma 6 della legge a contestarli e notificarli al trasgressore nei tempi e nei modi previsti dalla legge 24 novembre 1981 n. 689. Inoltre, i medesimi agenti vigilatori provvedono a presentare il rapporto, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 689 del 1981, con la prova delle avvenute contestazioni e notificazioni, all’ufficio dell’ICQRF competente per territorio.

16. L’attuazione delle disposizioni dell’articolo grava sulle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri sulla finanza pubblica.

Art. 8. Modalità di voto

1. Lo statuto del consorzio di tutela deve assicurare a ciascun consorziato avente diritto ed appartenente alle categorie viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori l’espressione del voto.

2. A ciascun consorziato avente diritto (appartenente alle categorie dei viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori) deve essere assicurata l’espressione di un voto con valore ponderale rapportato alla quantità di prodotto ottenuto nella campagna vendemmiale immediatamente precedente la data dell’assemblea (rispettivamente uva denunciata, vino denunciato, vino imbottigliato). La ponderazione può essere determinata anche mediante l’applicazione di fasce o scaglioni produttivi.

3. Qualora il consorziato svolga contemporaneamente due o tre attività produttive, il voto è cumulativo delle attività svolte.

4. Nel caso in cui il consorzio di tutela sia riconosciuto per più denominazioni, il valore del voto è determinato dalla somma dei singoli valori di voto allo stesso consorziato spettanti per ciascuna DO o IG.

5. L’adesione in forma associativa dei soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori della denominazione a tutela della quale opera il consorzio, ai fini della manifestazione del voto e a condizione della espressa delega dei singoli, consente l’utilizzo cumulativo delle singole quote di voto.

Art. 9. Ripartizione dei costi relativi alle funzioni di cui all’art. 41, comma 1 della Legge

1. I costi derivanti dall’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 1 sono ripartiti esclusivamente tra i soci del consorzio di tutela.

2. La quota da porre a carico di ciascuna categoria della filiera (viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori) è stabilita dal consorzio di tutela e commisurata alla quantità di prodotto DO o IG (uva, vino denunciato, vino imbottigliato) sottoposto al sistema di controllo nella campagna vendemmiale immediatamente precedente l’anno nel quale vengono attribuiti i costi.

3. La commisurazione della quota di cui al precedente comma 2 può essere determinata anche mediante l’applicazione di fasce o scaglioni produttivi.

Art. 10. Ripartizione dei costi relativi alle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge

1. I costi derivanti dall’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge sono determinati dal consorzio di tutela e sono posti a carico di tutti i soci del consorzio di tutela e di tutti i soggetti viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori della denominazione sottoposti al sistema di controllo di cui all’art. 64 della Legge, anche se non aderenti al consorzio di tutela.

2. I contributi di cui al precedente comma 1 sono costituiti da tariffe applicabili a ciascun socio e agli altri soggetti imponibili viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori sulla base della quantità di prodotto DO o IG (uva, vino denunciato, vino imbottigliato) sottoposto al sistema di controllo nella campagna vendemmiale immediatamente precedente l’anno nel quale vengono attribuiti i costi.

3. La commisurazione dei contributi di cui al precedente comma 2 può essere determinata anche mediante l’applicazione di fasce o scaglioni produttivi.

4. I contributi di cui al presente articolo devono essere riportati in bilancio in conti separati.

Art. 11. Contributo di avviamento di cui all’art. 41, comma 8 della Legge

1. Il consorzio di tutela che svolge le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge, può richiedere ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione al momento dell’immissione nel sistema di controllo, di cui all’art. 64 della Legge, il contributo di avviamento di cui al decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201.

2. La quota del contributo di avviamento indicata al precedente comma 1, è determinata con delibera del Consiglio di amministrazione ed è stabilita in misura fissa, e non superiore al contributo determinato ai sensi dell’art. 10, comma 2.

3. L’entità della quota determinata può essere diversificata per le diverse denominazioni tutelate dal consorzio di tutela e per le categorie della filiera (viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori).

4. Qualora un nuovo soggetto utilizzatore sia immesso nel sistema di controllo per più di una fra le denominazioni tutelate dal consorzio di tutela, è tenuto, al pagamento del contributo di avviamento, laddove richiesto dal consorzio di tutela, come individuato al precedente comma 2, per tutte le denominazioni tutelate dal consorzio di tutela, per le quali richiede l’immissione.

5. Qualora un nuovo soggetto utilizzatore sia immesso nel sistema di controllo per più di una fra le categorie della filiera della denominazione tutelata, è tenuto al pagamento del contributo di avviamento, laddove richiesto dal consorzio di tutela come individuato al precedente comma 2, per tutte le categorie della filiera per cui richiede di essere immesso.

6. Il soggetto utilizzatore che ha provveduto al pagamento del contributo di avviamento di cui al presente articolo, è esonerato dal pagamento al consorzio di tutela del contributo previsto all’art. 10, per il primo anno in cui è richiesto.

7. Il contributo di avviamento richiesto dal consorzio di tutela è destinato all’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge.

8. Il contributo di cui al presente articolo deve essere riportato in bilancio in conti separati.

Art. 12. Fondo consortile

1. Ciascun consorziato ha l’obbligo di contribuire alla formazione del Fondo consortile che è costituito da quote il cui valore sarà determinato dall’assemblea del consorzio di tutela. Il fondo patrimoniale netto di bilancio è determinato, alla fine di ogni esercizio, dalla somma algebrica:

a. del fondo inizialmente conferito in sede di costituzione del consorzio di tutela;
b. delle quote versate dai consorziati ammessi a far parte del consorzio di tutela;
c. dagli eventuali nuovi versamenti in conto capitale deliberati dall’assemblea dei consorziati;
d. dei risultati economici dei bilanci annuali (avanzi e disavanzi di gestione);
e. dell’eventuale contributo di avviamento versato dai nuovi soggetti utilizzatori della DO o IG, al momento della immissione nel sistema di controllo, di cui al precedente art. 11;
f. delle componenti straordinarie positive o negative non riferibili alla gestione ordinaria quali contributi volontari versati da consorziati o da terzi (enti pubblici e privati) ed eventuali lasciti o donazioni.

 

Art. 13. Obbligo di informazione di cui all’art. 41, comma 7 della Legge

1. Il consorzio di tutela riconosciuto che esercita le funzioni previste all’art. 41, comma 4 della Legge, e che richiede i contributi per lo svolgimento di tali funzioni ai soggetti non aderenti al consorzio di tutela immessi nel sistema di controllo della relativa denominazione tutelata, rende disponibile, anche in forma telematica, ai soci ed ai non aderenti al consorzio di tutela la seguente documentazione e/o informazioni inerenti le attività di cui all’art. 41, comma 4, lettere da a) ad e) della Legge:

a. bilanci preventivi e consuntivi;
b. comunicazioni inerenti l’importo e le modalità di pagamento dei contributi annuali;
c. delibere delle assemblee di approvazione dei bilanci;
d. delibere delle assemblee e/o del Consiglio di amministrazione, relative all’esercizio delle funzioni di cui all’art. 41, comma 4 lettere da a) a e) della Legge;
e. relazione annuale sulle attività svolte, trasmessa al DIQPAI, ai sensi del decreto dipartimentale;
f. programma annuale o pluriennale delle attività di promozione di cui all’art. 41, comma 4, lettera d) della legge nonché la rendicontazione delle attività di promozione svolte;
g. programma di vigilanza concordato con l’ICQRF, ai sensi dell’art. 7 del presente decreto.

 

2. Il consorzio di tutela riconosciuto che esercita le funzioni previste all’art. 41, comma 4 della Legge, rende disponibile ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione, al momento dell’immissione nel sistema di controllo, ai quali richiedano il contributo di avviamento, la delibera del Consiglio di amministrazione che ha determinato l’ammontare del contributo, di cui all’art. 11 del presente decreto.

3. Le modalità relative a tali comunicazioni sono stabilite da un regolamento consortile predisposto dal consorzio di tutela ed approvato dal DIQPAI.

Art. 14. Cause di incompatibilità di cui all’art. 41, comma 12 della Legge

1. La nomina come componente dell’organo amministrativo e gli incarichi dirigenziali, comunque denominati, in un consorzio di tutela riconosciuto ai sensi dell’art. 41 della Legge, sono incompatibili con l’assunzione ed il mantenimento di incarichi svolti, a qualsiasi titolo, presso le autorità pubbliche e gli organismi di controllo privati, di cui all’art. 64 della Legge e presso gli organismi di accreditamento degli organismi di controllo.

2. La nomina come componente di un organo sociale del consorzio di tutela, riconosciuto ai sensi dell’art. 41 della Legge è incompatibile con l’assunzione ed il mantenimento dell’incarico di agente vigilatore per la DO od IG per il quale il consorzio di tutela risulta incaricato.

Art. 15. Vigilanza sull’operatività dei consorzi di tutela riconosciuti ai sensi dell’art. 41 della Legge

1. La vigilanza sul rispetto, da parte del consorzio di tutela, delle prescrizioni ministeriali è effettuata dal DIQPAI sulla base del decreto dipartimentale.

2. L’intimazione ad adempiere al consorzio di tutela prevista dall’art. 82, comma 1, della Legge, anche a seguito di segnalazione degli organi di controllo ufficiali, è effettuata dal DIQPAI e trasmessa per conoscenza, anche all’ufficio territoriale dell’ICQRF, individuato ai sensi dell’art. 7, commi 4 e 5. Il consorzio di tutela deve dare riscontro dell’avvenuto adempimento al DIQPAI e per conoscenza all’ufficio territoriale dell’ICQRF, come sopra individuato. Quest’ultimo, in caso di mancato adempimento da parte del consorzio di tutela entro i termini previsti dal medesimo art. 82, comma 1, procede all’accertamento ed alla contestazione della relativa violazione.

Art. 16. Autorizzazione per l’utilizzo del riferimento della DOP O IGP sui prodotti composti, elaborati o trasformati

1. Il consorzio di tutela riconosciuto ai sensi dell’art. 41, comma 4 della legge rilascia, a titolo gratuito, l’autorizzazione di cui all’art. 44 della legge ai soggetti che utilizzano il riferimento a una DO o IG nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di prodotti composti, elaborati o trasformati. Lo stesso consorzio provvede all’attivazione, alla tenuta e al mantenimento dell’elenco delle autorizzazioni rilasciate ai soggetti utilizzatori.

2. Per il rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1, il consorzio di tutela opera senza discriminazione e secondo i principi della comunicazione della commissione UE 2010/C341/03 concernente gli «Orientamenti sull’etichettatura dei prodotti alimentari che utilizzano come ingredienti prodotti a denominazione di origine protetta (DOP) o a indicazione geografica protetta (IGP)» o, in alternativa, secondo i «Criteri per l’utilizzo del riferimento ad una denominazione d’origine protetta o ad una indicazione geografica protetta nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di un prodotto composto, elaborato o trasformato» predisposti dal DIQPAI e pubblicati sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

3. Il consorzio può adottare un prospetto tariffario da applicarsi a carico dei soggetti autorizzati ai sensi del comma 1, per il rimborso dei costi sostenuti per l’effettuazione dell’attività di vigilanza sul rispetto delle condizioni alla base del rilascio della medesima autorizzazione. Il consorzio di tutela trasmette al DIQPAI il predetto prospetto tariffario al fine della sua verifica e approvazione.

4. Il consorzio di tutela trasmette, trimestralmente, l’elenco delle autorizzazioni rilasciate ai sensi del precedente comma 1 al DIQPAI che provvederà ad inoltrarlo alla PREF. DIQPAI provvede altresì a trasmettere trimestralmente alla PREF l’elenco aggiornato delle autorizzazioni rilasciate dal medesimo, ai sensi dell’art. 44 della Legge.

Art. 17. Disposizioni transitorie e finali

1. I consorzi di tutela, riconosciuti ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono tenuti ad adeguarsi alle disposizioni di cui al presente decreto ed a trasmettere al Ministero – entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto stesso – tutta la documentazione atta a comprovare il rispetto delle prescrizioni ministeriali.

2. I consorzi di tutela, riconosciuti ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo alla data di entrata in vigore del presente decreto, adeguano, nel caso in cui si renda necessario i propri statuti alle disposizioni di cui al presente decreto, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto stesso.

3. Il Ministero verificata la documentazione e l’adeguamento dello statuto di cui ai precedenti comma e, qualora conformi alle prescrizioni ministeriali, conferma – con decreto – il riconoscimento ai consorzi di tutela e l’incarico a svolgere le funzioni di cui all’art. 41, comma 1 ovvero – qualora vi siano i presupposti richiesti – le funzioni di cui all’art. 41, comma 4 della Legge.

4. L’incarico attribuito ai consorzi di tutela delle sottozone dei vini a DO ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo, scade un anno dopo l’entrata in vigore del presente decreto.

5. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 16 dicembre 2010, recante «Disposizioni generali in materia di costituzione e riconoscimento dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini».

6. Entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto il Ministero effettua la verifica sull’implementazione delle disposizioni dello stesso decreto e, se del caso, con decreto ministeriale, sentita la conferenza Stato-Regioni, adotta le misure atte a migliorare l’efficienza della gestione delle attività dei consorzi di tutela.

Il presente decreto è trasmesso all’organo di controllo per la registrazione ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Ratifica CETA

 

pratiche enologiche tecniche cantina

Le pratiche enologiche tecniche cantina rappresentano le modalità con cui viene prodotto il vino.


Spesso esse comportano l’utilizzo di additivi, talora suscettibili di lasciare residui nella bevanda finale (uno per tutti, l’anidride solforosa utilizzata come conservante). Inoltre, se la qualità di un vino discende soprattutto o, addirittura, unicamente dall’insieme dei trattamenti somministrati durante la sua lavorazione, al punto da fargli perdere o rendere molto labile il collegamento con le caratteristiche dell’uva pigiata, insorge il rischio per il consumatore di essere tratto in inganno sulle reali qualità del prodotto acquistato.

La legislazione su tale materia (pratiche enologiche tecniche cantina) persegue allora una triplice finalità: tutelare sia la salute sia l’interesse economico del consumatore e quello dei produttori concorrenti (uno onesto potrebbe essere danneggiato da chi usa pratiche scorrette, poiché quest’ultimo potrebbe così risucire ad abbatere i costi di produzione, facendo uscire dal mercato chi opera correttamente).

A livello internazionale, le pratiche di cantina vengono concordate in sede OIV (Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino), la quale ha elaborato due codici (tra loro complementari):

  • il Codice delle pratiche enologiche, il quale comprende la definizione dei prodotti vitivinicoli nonché l’elendo e le specifiche delle pratiche e dei trattamenti enologici (ammessi o non ammessi)
  • il Codice enologico internazionale, che riunisce le descrizioni dei principali prodotti chimici, organici o gas utilizzati nell’elaborazione e la conservazione dei vini. Le condizioni del loro impiego, la modalità e i limiti del loro utilizzo sono stabiliti dal Codice Internazionale delle Pratiche Enologiche.

Tali atti non hanno però effetto vincolante, giacché si deve invece guardare alle norme emanate dallo Stato in cui un vino viene prodotto.

Nell’Unione Europea, è la normativa comunitaria a stabilire quali sono le pratiche enologiche permesse.

Ciò avveiene mediante il cosiddetto “Codice enologico comunitario“, costituito dal regolamento 934/2019 della Commissione (che ha sostituito abrogandolo il regolamento 606/2009/UE della Commissione), il quale dà attuazione ai principi sulle tecniche di cantina stabilite nella regolamento sulla OCM Unica (regolamento 1308/2013/UE di Consiglio e Parlamento Europeo), il quale nell’Allegato VII già contiene regole alquanto stringenti sulle operazioni di arricchimento, acidificazione e deacidificazione dei vini.

Bisogna tuttavia avvisare che la normativa comunitaria si isprira fortemente alle regole stabilite in sede OIV: di conseguenza, queste ultime diventano un criterio interpretativo ed integrativo delle prime.

Il regolamento sulla OCM Unica fa poi salvo il diritto degli Stati membri di limitare l’uso delle pratiche enologiche ammesse a livello comunitario, qualora ciò serva per tutelare la qualità dei vini DOP e IGP.

Il Testo Unico Vino ben poco dice al riguardo, giacché così sancisce all’art.4:

 

Per la produzione e la commercializzazione dei prodotti
vitivinicoli sono direttamente applicabili le specifiche disposizioni
stabilite dalla normativa dell’Unione europea e le disposizioni
nazionali della presente legge e dei relativi decreti attuativi del
Ministro emanati ai sensi della medesima legge.

 

Sono infatti i disciplinari delle singole denominazioni a stabilire quali sono le pratiche enologiche tecniche cantina ammesse per produrre il relativo vino.

 

Nel contesto degli scambi internazionali, il commercio del vino può essere ostacolato, qualora lo Stato di importazione preveda pratiche enologiche tecniche cantina diverse da quelle del paese ove il vino viene prodotto.

L’ostacolo discende dalla circostanza che solitamente ogni paese ammette sul proprio territorio la commercializzazione solo del vino che sia prodotto in conformità alle proprie regole nazionali in materia.

Per ovviare a ciò, l’Unione Europea ha concluso una rete di accordi con i principali paesi del mondo, sia produttori che consumatori di vino, così ottenendo che le regole di produzione fissate dall’Unione sia riconosciute anche negli Stati che sono parte di detti accordi.

Ciò è avvenuto con gli Stati Uniti d’America, il Cile, il Sud-Africa, l’Australia e molti altri paesi.

Ovviamente, tali accordi si fondano sul principio della reciprocità, il che necessariamente favorisce anche le importazioni di vini extra-comunitari nel territorio dell’Unione.


 

Produzione biologica

La riforma della regole europee sulla produzione biologica


Nel mese di aprile 2018 si è concluso il complesso procedimento legislativo – che ha coinvolto il Consiglio Europeo (dove siede e vota il rappresentante del Governo italiano), il Parlamento (i cui membri italiani sono 75 su un totale di 751, sebbene siano organizzati in base allo schieramento politico e non alla nazionalità) e la Commissione  – per la modificazione del regolamento generale dell’Unione Europea sull’agricoltura biologica e l’etichettatura dei prodotti così ottenuti, attualmente costituito dal Regolamento “base” 834/2007 del Consiglio UE.

Quest’ultimo è poi completato dalle sue norme attuative, portate dal Regolamento 889/2008 della Commissione, al cui interno si trovano anche le disposizioni sulla produzione del vino biologico (art. 29 ter e ss.).

La nuova normativa “di base” – costituita dal regolamento 848/2018/UE del Consiglio e del Parlamento,  molto più dettagliata della precedente  – entrerà in vigore nell’anno 2021. Sebbene il “vecchio” (ma ancora vigente) regolamento venga formalmente abrogato, la disciplina che porta non è completamente stravolta da quello “nuovo”, ma solo modificata in alcune parti.

Di conseguenza, nel frattempo la Commissione dovrà provvedere ad emanare le relative norme di attuazione, così modificando a sua volta quelle attualmente in essere, ove necessario.

Esaminare in modo specifico l’intero nuovo regolamento non è qui materialmente possibile. Limitiamoci quindi ad evidenziarne alcuni aspetti significativi.

L’idea fondante l’intera materia è che “il rispetto di norme rigorose in materia di salute, di ambiente e di benessere degli animali nell’ambito della produzione biologica è intrinsecamente legato all’elevata qualità di tali prodotti”.  Inoltre, le regole sulla produzione biologica – focalizzate sulla sostenibilità  – vengono considerate come uno strumento attuativo degli stessi obiettivi sia della PAC (Politica Agricola Comunitaria) che della stessa politica ambientale europea.

Entrando nel dettaglio, il nuovo regolamento individua con precisione quali sono i prodotti che, osservando le pertinenti disposizioni di produzione da esso fissate, possono essere poi considerati (e quindi etichettati) come “biologici”: quelli provenienti dall’agricoltura, incluse l’acquacoltura e l’apicoltura; i prodotti agricoli trasformati destinati ad essere utilizzati come alimenti o mangimi ed altri aventi simili caratteristiche d’impiego, come il lievito; il sale marino e altri sali utilizzati per gli alimenti e i mangimi. Sono invece esclusi i prodotti che provengono dalla caccia o pesca di animali selvatici.

Per quanto concerne la scelta delle varietà vegetali, l’attenzione del legislatore si concentra “sui risultati agronomici, sulla diversità genetica, sulla resistenza alle malattie, sulla longevità e sull’adattamento a diverse condizioni pedoclimatiche locali” nonché sul rispetto delle “barriere naturali per quanto riguarda gli incroci”. Ciò implica che i sistemi di produzione biologica vegetale utilizzino materiale riproduttivo vegetale che sia in grado di adattarsi alla resistenza alle malattie, alle diverse condizioni pedoclimatiche locali e alle specifiche pratiche colturali dell’agricoltura biologica.

Vengono poi ribaditi e rafforzati alcuni precedenti divieti: “L’uso di radiazioni ionizzanti, clonazione animale e animali poliploidi artificialmente indotti od organismi geneticamente modificati (“OGM”), nonché prodotti derivati od ottenuti da OGM, è incompatibile con il concetto di produzione biologica e con la percezione che i consumatori hanno dei prodotti biologici

Riaffermato il principio secondo cui “i vegetali devono essere nutriti soprattutto attraverso l’ecosistema del suolo”, il che implica che essi siano “prodotti sul, e nel, suolo vivo, in associazione con il sottosuolo e il substrato roccioso” Di conseguenza, in via di principio non vengono considerate biologiche “né la produzione idroponica, né la coltivazione di vegetali in contenitori, sacche o aiuole in cui le radici non sono in contatto con il suolo vivo”. Vi sono però alcune eccezioni: innanzitutto, in favore della produzione di semi germogliati o cespi di cicoria e la produzione in vaso di piante ornamentali e di erbe aromatiche che sono vendute in vaso al consumatore; inoltre, per quegli operatori (attivi solo in Finlandia, Svezia e Danimarca) che hanno sviluppato un’attività economica coltivando vegetali in “aiuole demarcate”, i quali vengono autorizzati a farlo per altri 10 anni. Il che ora esclude la legittimità di tale pratica, al di fuori di detta eccezione.

Il rispetto del suolo porta altresì a richiedere che in ogni fase di produzione, preparazione e distribuzione, gli operatori adottino, “se del caso, misure preventive volte a garantire la conservazione della biodiversità e la qualità del suolo” nonché agiscano – in modo però consono –  al fine di prevenire e lottare contro gli organismi nocivi e le malattie, evitando effetti negativi su ambiente e salute di animali e vegetali.

In buona sostanza, il legislatore comunitario richiede di “progettare e gestire in modo appropriato processi biologici basati su sistemi ecologici e impiegando risorse naturali interne al sistema di gestione”. Quando ciò non sia possibile, egli acconsente sì il ricorso a “fattori di produzione esterni”, ma ad alcune condizioni: per quanto concerne il materiale riproduttivo vegetale, il legislatore impone di darsi “priorità alle varietà selezionate per la loro capacità di rispondere alle esigenze e agli obiettivi specifici dell’agricoltura biologica”. In tale ottica, viene demandato alla Commissione il potere di adottare atti regolamentari portanti alcune deroghe, concernenti fra l’altro l’uso del materiale riproduttivo vegetale in conversione o non biologico.

Ritenendosi comunque utile l’uso di “materiale riproduttivo vegetale che non appartenga a una varietà, ma piuttosto a un insieme vegetale nell’ambito di un unico taxon botanico con un elevato livello di diversità genetica e fenotipica tra le singole unità riproduttive”, esso viene permesso nella produzione biologica, consentendone agli operatori la commercializzazione senza dover rispettare i requisiti di registrazione e certificazione previsti da vigenti direttive comunitarie.

Per quanto concerne la gestione e alla fertilizzazione del suolo, sono specificate le pratiche colturali autorizzate e le condizioni per l’uso di concimi e ammendanti. Circa i prodotti fitosanitari, viene sì sancito che il  loro impiego dovrebbe essere fortemente limitato, ma non viene vietato, ammettendolo qualora il ricorso ad altre tecniche (quali la rotazione delle colture) “non garantisca una protezione adeguata”.

Pone delicati problemi il verificarsi della presenza di prodotti o sostanze non autorizzati per l’uso nella produzione biologica in prodotti commercializzati come prodotti biologici o in conversione. Il regolamento stabilisce innanzitutto alcuni principi su come debbano essere condotte le indagini per tale accertamento. Poi – essendo mancato l’accordo politico su come disciplinare i casi di loro presenza – il regolamento consente agli Stati membri, che abbiano già sviluppato (come l’Italia) una normativa che vieti di commercializzare come biologici gli alimenti contenenti detti “contaminanti”, di continuare a mantenere il divieto, ma solo nei confronti degli alimenti prodotti sul loro territorio. Per contro, il regolamento impedisce a tali Stati di bloccare l’immissione sul mercato nazionale di prodotti ottenuti in altri Stati membri, che invece contengono siffatti “contaminanti”.

Su questo punto si concentrano principalmente le critiche sollevate in Italia contro il regolamento. Ciò nonostante, il nostro Governo nulla ha detto in occasione dell’ultima votazione tenutasi il 15 maggio 2018 in sede di Consiglio dei Ministri (al contrario di Francia, Svezia, Lituania e Repubblica Caca, che hanno quanto meno formalizzato le loro obiezioni, vertenti però su altre questioni).

Un principio simile vale anche per le ipotesi in cui, per determinate categorie di alimenti, non sussistano norme comunitarie dettagliate sulla produzione biologica (contenute nell’Allegato II al regolamento, nella cui parte IV si trovano anche quelle per il vino biologico, ovvero delegate alla Commissione).

Per quanto concerne l’allevamento di animali, la loro produzione “senza terra” viene vietata, ad eccezione dell’apicoltura. Particolare attenzione è prestata al loro benessere: devono avere accesso continuo a spazi all’aria aperta per fare del moto; vanno evitati o ridotti al minimo sofferenze, dolore o angoscia, in tutte le fasi della loro vita. In via di massima, non è lecito tenere gli animali legati e praticare loro mutilazioni. Viene però permesso, “a determinate condizioni, di introdurre animali allevati in modo non biologico in un’unità di produzione biologica” nonché l’uso di mangimi in conversione provenienti dall’azienda dell’allevatore. Quanto alla salute animale, vietato l’utilizzo preventivo di medicinali allopatici ottenuti per sintesi chimica, compresi gli antibiotici. In caso di malattia o di ferita che necessiti di un trattamento immediato, il ricorso a tali prodotti dovrebbe limitarsi al minimo necessario.

In merito all’etichettatura, merita evidenziare che gli alimenti trasformati dovrebbero essere etichettati come biologici solo quando tutti o quasi tutti gli ingredienti di origine agricola siano biologici.

Introdotte semplificazioni nei controlli sia per  i piccoli dettaglianti che vendono prodotti biologici non preimballati (esentati da obblighi di notifica e certificazione) e per i piccoli agricoltori (che possono accedere alla certificazione di gruppo).

Nuovo regolamento 848/2018/UE su produzione biologica 

 

Accise vino vendite on-line

La Commissione UE ha condotto una consultazione pubblica per la riforma della direttiva sulle accise, fondamentale per consentire lo sviluppo dell’e-commerce del vino verso l’estero (Accise vino vendite on-line)


Per le vendite on-line di vino verso clienti residenti all’estero, lo scoglio è infatti rappresentato dal regime fiscale delle accise, il quale implica il disbrigo di formalità burocratiche piuttosto articolate, tali da comportare costi che rendono antieconomiche le vendite di modesto valore (Accise vino vendite on-line).

La materia è attualmente regolata dalla direttiva del Consiglio 2008/118/CE, la cui riforma appare fondamentale per semplificare le formalità burocratiche, in modo da consentire ai produttori di assolvere in modo più facile il pagamento delle accise.

Il regime delle Accise nell'Unione Europea

 

Il punto fondamentale per la riforma appare il consentire ai produttori di:

  • inviare direttamente il proprio vino venduto on-line all’indirizzo indicato dai loro clienti-consumatori residenti in altro Stato della UE, evitando di dover passare da un deposito doganale sito in tale Stato;
  • pagare direttamente dalla loro sede in via telematica le accise dovute allo Stato membro verso il quale spediscono il prodotto, così mettendolo in commercio (operazione che ha scattare il dovere di pagare l’accisa).

Semplificare l’e-commerce del vino appare vitale per l’economia italiana!

 


In vista di un’eventuale riforma della direttiva sulle accise, la Commissione UE ha dunque promosso una pubblica consultazione, ormai chiusa.

In tale contesto, purtroppo, sono stati molto modesti i contributi pervenuti alla Commissione per quanto concerne il settore del vino.

Per quanto concerne l’e-commerce vino, infatti, è intervenuta la Federación Española del Vino, osservando che andrebbe realizzato un meccanismo di “Mini – One Stop Shop (MOSS) for excise duties“:

“regarding the state of play on Distance selling in the EU, FEV would like to underline the importance of establishing a Mini – One Stop Shop (MOSS) for excise duty payment, as it is being done for VAT; as it will enable the development of our sector and will especially benefit SMEs”

Per contro, il CEEV (Comitè europèen  des entreprises vins) ha ignorato la questione, forse importante sopratutto per i piccoli produttori ed i consorzi.

La consultazione sembra quindi essersi tradotta in un’occasione sprecata per il disinteresse degli operatori.

 

Consultazione sulla riforma della direttiva sulle accise


 

Autorizzazione vigneti circolare 2016

Mediante la circolare 5852 del 25 ottobre 2016, il MIPAAF ha fissato alcuni principi sul trasferimento delle autorizzazioni per l’impianto di nuovi vigneti. Sussistono però dubbi se tali criteri siano compatibili con i prevalenti principi fissati nella OCM Vino (autorizzazione vigneti circolare 2016).


Con tale circolare   il Ministero ha essenzialmente legato l’autorizzazione ad impiantare nuovi vigneti al soggetto cui essa viene concessa.

Infatti, la circolare stabilisce che:

in caso di vendita, “la vendita di una particella o azienda non autorizza il trasferimento delle autorizzazioni all’acquirente, anche se esse sono state rilasciate per particelle specifiche. Il trasferimento delle autorizzazioni in questo contesto è vietato al fine di evitare ogni forma di speculazione. Colui che vende conserva nel proprio portafoglio le autorizzazioni;

in caso di affitto, “non è ammesso il trasferimento delle autorizzazioni in questo contesto (affitto, mezzadria, comodato) al fine di evitare ogni forma di speculazione. Il locatore non può trasferire le autorizzazioni al locatario anche se esse sono state trasferite per particelle specifiche e conserva dunque in portafoglio le proprie autorizzazioni“.

Tale posizione del Ministero suscita però perplessità, in quanto – pur comprendendo le ragioni che l’hammo indotta, e cioè l’evitare speculazioni – sembra confliggere con il diritto comunitario, secondo il quale l’autorizzazione è piuttosto legata al terreno per il quale essa viene concessa.

Lo stesso concetto di conservazione nel portafoglio appare antitetico rispetto ai principi contenuti nella OCM Unica, secondo i quali il titolare di un’autorizzazione è tenuto – pena l’applicazione di sanzioni – ad impiantare il relativo vigneto entro tre anni dal momento in cui essa è stata concessa.

Versosimilmente il Ministero ha cercato di risolvere, però forse malamente, il problema derivante dalla circostanza che l’Italia non ha ancora adottato alcun criterio di ammissibilità nonché di preferenza nel concedere le autorizzazioni all’impianto di nuovi vigneti, come le norme sulla OCM Unica consentono invece di fare.

 

Il vero rimedio è poi giunto con il successivo D.M. 935 del 13/2/2018, che – fra l’altro – ha introdotto la seguente disposizione (e cioè un quarto comma all’art.10 del D.M. 12272/2015):

«4. Al fine di contrastare fenomeni elusivi del principio della gratuità e non trasferibilità della titolarità delle autorizzazioni (di cui all’articolo 2, comma 3) conseguenti ad atti di trasferimento temporaneo della conduzione, anche nell’ambito del rispetto del miglioramento della competitività del settore nell’ambito delle singole Regioni, l’estirpazione dei vigneti effettuata prima dello scadere dei 6 anni dalla data di registrazione dell’atto di conduzione non dà origine ad autorizzazioni di reimpianto in una Regione differente da quella in cui è avvenuto l’estirpo. La presente disposizione non si applica agli atti di trasferimento temporaneo registrati prima dell’entrata in vigore del presente decreto e per i quali è stata già effettuata l’estirpazione del vigneto, ovvero sia stata data la comunicazione d’intenzione di estirpo».

 

Norma sulla quale non era stato trovato accordo nel contesto della Conferenza tra Stato e Regioni.

Ad ogni modo, ciò è stato fatto sulla scorta del parere conforme dato dalla Commissione UE -Ares(2017)5680223 del 21 novembre 2017 –  la quale aveva confermato che:

“l’affitto di superfici vitate al solo scopo di procedere alla loro immediata estirpazione e al reimpianto in una località differente e molto distante non può essere considerato una normale attività agricola, soprattutto se la superficie oggetto di estirpazione non è stata gestita dall’affittuario per un certo lasso di tempo e se il contratto d’affitto è rescisso dopo l’estirpazione“;

 

A questo punto, dovrebbe verosimilmente venire meno quanto portato dalla circolare citata.

 


autorizzazione vigneti circolare 2016

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi